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ANTONIO DIMARTINO 
Il Quotidiano della Basilicata
23 Agosto 2012
Chiude il festival “Frequenze Mediterranee”
MIGLIONICO – Si è conclusa ieri la tre giorni di contest “Frequenze mediterrane” a Miglionico organizzato dall’associazione “ Frequenze Mediterranee” e l’amministrazione comunale. In conclusione è arrivato nella città natale del maestro Francesco Stabile, uno dei giovani più apprezzati nel panorama italiano, Antonio Dimartino, il vero portabandiera della nuova generazione di cantautori che tanto sta facendo bene emozionando con semplicità il pubblico. In anteprima l’artista palermitano si concede per alcune parole a “Il Quotidiano della Basilicata”. Antonio, si sa il secondo è sempre il disco più difficile. Tu sei partito da “Cara maestra abbiamo perso”e sei arrivato fin ora a “Sarebbe bello non lasciarsi mai, abbandonare ogni tanto è utile”. Quale direzione sta prendendo la tua musica? La direzione che segue è sempre quella che non mi fa inseguire la testa ma il cuore. Una cosa che seguo molto d’istinto e quindi vado verso quello che mi piace fare. Dal primo disco mi sento cresciuto più che altro di vita che musicalmente e quindi la vita condiziona inevitabilmente la musica. E’ il live che è una cosa fondamentale per me, dove si realizza realmente la comunicazione con chi ascolta una canzone, è fondamentale per me che il live sia non all’altezza delle canzoni ma di più. Come vivi il rapporto con il pubblico? In realtà lo sto cominciando a vivere l’ultimo anno, se non da quando è uscito questo secondo album. Adesso sta crescendo il pubblico. La vivo in maniera tranquilla, confidenziale, non credo molto nella distanza di chi sta sul palco e chi sotto. Credo che perché avvenga quella comunicazione, quella unione, bisogna che la barriera tra il palco e il pubblico venga abbattuta. In questo scambio comunicativo con il pubblico già si nota una differenza con i cantautori classici del passato. Sei sicuramente il portabandiera dei nuovissimi cantautori. Quale è secondo te l’elemento di differenziazione o di rottura con la tradizione del cantautorato italiano? Secondo me è forse più musicale. Se prendiamo un De Andrè, non si può aggiungere molto di più a quello che ha detto nelle sue canzoni. Forse nell’approccio alla musica c’è questa rottura, all’approccio al live. E’ una differenza sempre labile, perché il passato è sempre vivo specie quando si parla di grandi cantautori italiani. Quando mi dicono che la mia musica è nuova non ci credo neanche. Ho molta fiducia in quello che hanno detto gli altri. Non ci sono più però per i cantautori le feste dell’Unità. Il ruolo è cambiato? Il ruolo è cambiato perché è cambiato anche il ruolo della musica in Italia. La musica prima era la parte fondamentale nella vita sociale italiana, la famiglia si riuniva, metteva Raiuno e vedeva la canzone per cui influenzava la vita comunitaria. Adesso la canzone, la musica non va sulla televisione ed assume una funzione sociale diversa. Per questo la figura del cantautore è molto diversa rispetto agli anni 60, adesso il cantautore te lo devi andare a cercare se lo vuoi conoscere. Torniamo al tuo album. Ami molto usare la provocazione, come nel pezzo nuovissimo “Non ho più voglia di imparare”. In questo brano fai una riflessione molto cruda e pessimista. Perché bisogna non imparare? Mi piaceva riflettere sul fatto che noi le informazioni le abbiamo sempre per scontate, è scontato che noi impariamo la storia per esempio. Non si riflette sull’importanza delle informazioni. Su Facebook arrivano trecento informazioni in pochi secondi. E quindi l’idea di non imparare diventa provocazione nel momento in cui si è perso il rispetto per l’imparare vero e proprio. Tutti vanno all’Università ma in molti vanno perché socialmente ti identifica come migliore. Secondo me anche il ruolo dell’università ha perso importanza, è solo un’identificazione della scala sociale. C’è una moltitudine uniforme che fa perdere il valore all’informazione stessa. Sempre in questo disco nel pezzo “Venga il tuo regno” metti la pistola in mano a Gesù Cristo. A chi vuoi sparare con la tua arte? In realtà nessuno. Non ho voglia di andare contro qualcuno. E’ un’immagine che mi rimanda al giudizio universale, un giudizio finale con Cristo con la pistola. Lui che è la bontà, il perdono, la grazia. Assume un’immagine forte quasi di sicario, di giustiziere. Io prima di perdonare la nostra realtà mi piacerebbe capirla. Noi italiani siamo stati abituati, perché un paese molto cattolico, alla remissione, dovremmo riuscire di più a capire la società più che a criticarla e perdonarla. Sulla copertina di questo album ci sei tu con delle valigie in mezzo alle nuvole. Verso quale metà porta questo viaggio che tu hai disegnato con le tue immagini? E’ tutta un’evoluzione, scrivo canzoni da molto piccolo e da sempre cambiano aspetto in base alla mia vita. E’ la metafora di una viaggio tutto, tutta la mia carriera fin ora, sai da dove parti ma mai dove vai, non sai dove sarai. Non so dove porterà questo viaggio, è bello questo perché se lo sapessi dovrei fare altro nella mia vita. Cosa è la Bellezza? La Bellezza è il rispetto per le cose del mondo. Antonio Dimartino

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