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DOMENICO LASCARO
4 Maggio 2013

COME  VOLEVASI  DIMOSTRARE
di Domenico Lascaro

Caro Giacomo sia pure con un po’ di ritardo rispondo ai quesiti che mi hai posto questa settimana. E’ vero che gli ultimi avvenimenti di questi giorni hanno modificato  l’attualità delle risposte da dare, ma tutto sommato i temi da trattare sono ancora all’ordine del giorno.

         Inizio dall’ultimo quesito. Ha fatto bene De Filippo a dimettersi? Di fronte alle accuse gravi che vengono rivolte ai maggiori indagati (Viti, Mastrosimine, Pagliuca) il Presidente non poteva far finta di niente. In qualità di primo responsabile dell’Istituzione regionale, di fronte al numero elevato dei soggetti coinvolti, non aveva altra scelta: con grande senso di responsabilità si è assunto l’onere di salvaguardare  il buon nome della Basilicata , dimettendosi dalla carica più alta per permettere alla giustizia di fare il suo corso.

         E’ pur vero però che l’opinione pubblica e la stampa, esasperati per i  tanti scandali  verificatisi nel recente passato, hanno talmente amplificato la portata degli avvenimenti che nessuno avrebbe potuto  più resistere alle molteplici pressioni. E’bene che gli inquirenti accertino le responsabilità di ognuno. Chi ha sbagliato paghi. Ma attenti a non fare giustizia  sommaria. Va dato però merito a De Filippo che , a differenza dei colleghi del Lazio, della Lombardia e del Piemonte, ha avuto la responsabilità e la dignità di rassegnare le dimissioni per permettere alla Magistratura di fare le dovute indagini.

         Riguardo al giudizio non molto positivo di Rosi Bindi sul Presidente Letta, non mi sembra ci siano motivi personali; già alcune settimane addietro ella era contraria alla formazione di un governo politico formato da PD e PDL. Era favorevole ad un governo del Presidente, guidato da una personalità esterna ai partiti, con la partecipazione di alcuni ministri indicati dagli stessi tra le seconde o terze file. Con l’incarico a Letta non si sono realizzate le sue aspettative: infatti è stata nominata una personalità di primo piano e  formato un  governo all’insegna dell’”inciucio”. Alla Bindi però va dato il merito di aver votato la fiducia, pur nutrendo seri dubbi sull’opportunità politica di un simile accordo.

         Da parte mia ho più volte espresso giudizi negativi sulle posizioni altalenanti assunte da Bersani nella gestione del dopo elezioni. Già dal primo momento ho auspicato la formazione di un governo” tecnico-politico”, guidato da una personalità terza e sostenuto da tutti i partiti che avessero a cuore le sorti del Paese. Ma così non è stato. La  soluzione  suggerita da Napolitano e la conseguente formazione del governo presieduto da Enrico Letta con l’apporto diretto del PDL e Scelta Civica merita, almeno per il momento, la sospensione di ogni giudizio. Le capacità e la responsabilità di Letta fanno ben sperare che si possano affrontare e risolvere, almeno in parte, i problemi più urgenti. Il discorso che ha tenuto alle due camere, anche se non ha indicato concretamente le soluzioni da adottare, è stato abbastanza convincente e carico della forza e del coraggio di chi vuole davvero mettersi al servizio del bene comune.

         Ma a pochi giorni dal varo del Governo e dalle nomine dei sottosegretari, le sorti dell’esecutivo sono minacciate da numerose prese di posizione da entrambi gli schieramenti. Brunetta, nuovo “Zaratustra”, così parlò: “ o si toglie l’IMU o si muore”. Franceschini ha tuonato: “ l’IMU resterà in eterno”. Berlusconi: “o presidente della Commissione delle Riforme o incaricato a presiedere le Commissioni Giustizia e delle Comunicazioni”. E’ facile capire il perché. Insorgono Fassina e Renzi: “ Berlusconi non può fare il padre costituente”. E giù di questo passo. Insomma Letta ha le prime gatte da pelare. Ma il “vecchio democristiano” non sembra impressionarsi da simili punture di spillo e va deciso per la sua strada. Intanto, con un colpo ben assestato, disarciona la Biancofiore (attenti al cognome!).

         La speranza è che questo Governo, pur non essendo il meglio che ci potesse aspettare, possa risolvere almeno i problemi economici più urgenti, varare una nuova legge elettorale e dare un nuovo assetto alle Istituzioni del Paese; dopo un paio d’anni tornare al voto. Mi chiedi se è stata una vittoria di Napolitano. Ebbene se quel 60% composto da partiti su tutto discordanti, per un determinato periodo convivono per mettersi al servizio del Paese - soluzione ipotizzata fin dal primo momento dal presidente Napolitano - senz’altro è stata una vittoria dello stesso. Da esperto politico di lungo corso, dopo i maldestri tentativi del buon Bersani,  aveva capito che non v’erano altre alternative ad un accordo PD-PDL. Il pericolo di un colpo di sfiducia può venire solo dalle anime deluse del partito Democratico. Ma questo è un altro problema. Domenico  Lascaro d.lascaro@libero.it

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