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DOMENICO LASCARO
30 Ottobre 2014

Leopolda di lotta o di goveno? Questo è il dilemma
di Domenico Lascaro

MIGLIONICO. Chiarisco subito, caro Giacomo: Shakespeare non centra un bel niente con questo problema. Ancora una volta mi solleciti a schierarmi su un argomento così controverso. Spiego prima che cos’è la Leopolda. Essa è una vecchia stazione abbandonata di Firenze, nella quale Renzi e i suoi seguaci da alcuni anni si riuniscono per discutere di politica. Da lì cinque anni fa è partito il progetto renziano che l’ha portato alla conquista del PD prima, e del Governo dopo.
Il problema però si è complicato enormemente perché il raduno di quest’anno è coinciso con la manifestazione della CGIL e con la carica di Renzi a Presidente del Consiglio.Molti si sono chiesti se fosse opportuno che il segretario del partito riunisse la sua corrente al di fuori del partito o, date le circostanze, fuori dal Parlamento. Da qui nasce il dilemma.
Proviamo a chiarire. Non vedo perché la Leopolda non si dovesse tenere, dal momento che è diventata ormai una consuetudine; per di più, è senz’altro un ‘occasione per cercare e proporre soluzioni a problemi di carattere nazionale. Inoltre la kermesse, mi si passi il termine, era liberamente aperta a tutti.
Il problema è sorto quando la minoranza del partito si è sentita esclusa dall’evento. E’ stata esclusa o si è autoesclusa? Per ragioni di opportunità, poteva anche non tenersi; ma giacchè era già stata convocata, rinviarla avrebbe creato forse ancora più problemi. La verità, secondo una mia impressione, è che i motivi del contendere vanno ricercati ben oltre la superficie: non si tratta di non condividere riunioni più o meno riservate; né difendere fino all’inverosimile i diritti dei lavoratori, simboleggiati dal fatidico art.18.
La vera questione è politica: si tratta di due visioni contrastanti della realtà, che difficilmente potranno trovare una sintesi se non si dismettono atteggiamenti e motivazioni di carattere personale. Gli animi sono oltremodo accesi. Ogni battuta, dall’una all’altra parte, è percepita come offesa alla persona. E’ pur vero che le ragioni della protesta del più grande sindacato della sinistra non sono del tutto pretestuose; ma è lecito pretendere tutto e subito da un governo anomalo e traballante come quello in carica; per giunta nel pieno di una crisi economica senza precedenti? E’ giustificata la minaccia di uno sciopero generale?
Il partito democratico, o meglio la sua minoranza, ha altrettante ragioni per manifestare contro il suo stesso segretario e Presidente? Il dilemma si ripropone. E’ solo una questione di contenuti o alla base sussistono motivi più seri? Ho già di sopra accennato che la questione è politica. La sinistra del partito, non ha molto apprezzato il modo quasi burrascoso con cui Renzi ha sostituito l’ex Presidente Letta alla guida del Governo. Non apprezza i toni spesso provocatori del Premier e, soprattutto, non condivide il patto con Berlusconi sulle riforme istituzionali.
Non passa giorno che non siano minacciate scissioni e abbandoni imminenti. Certo Renzi non è esente da numerosi errori che non è qui il caso di citare. Una cosa però gli va riconosciuta: opera in un contesto governativo stretto tra una sinistra extraparlamentare oltremodo agguerrita e da un alleato di governo non molto affidabile; insomma di critiche v’è n’è tante da fare, ma nessuno può contestargli di non avere coraggio e determinazione ad andare avanti e affrontare con decisione gli annosi problemi che abbiamo davanti. Vorrà la minoranza concedergli il beneficio della prova o perdurare nel muro contro muro, fino alle estreme conseguenze? Ovvero sarà disposta a dargli ancora un po’ di tempo per realizzare almeno in parte le riforme avviate, o ha già deciso di negargli la fiducia?
A quanto sembra le frequenti riunioni della componente Civati preannunciano una uscita imminente; Cuperlo è sul punto di farlo; Bersani tentenna; il saggio D’Alema frena ma non troppo. Insomma sembra di rivivere l’epoca del “parolaio rosso”. Parlo di Bertinotti il quale un giorno sì, e l’altro pure minacciava di affondare il governo Prodi. Purtroppo per ben due volte è riuscito a offrire alla destra la guida del Paese. Come se non bastasse, in queste ultime ore lo scontro tra il sindacato e il governo si è fatto infuocato, col risultato di generare episodi drammatici e rischiosi per l’ordine pubblico.
Una crisi di governo nelle condizioni attuali sarebbe un disastro per il Paese. Paradossalmente, il più responsabile sembra proprio Berlusconi, che paventa elezioni anticipate. Sarà vero perché gli serve un po’ di tempo per ricomporre le sue truppe. Intanto i “poveri” iscritti respirano un’atmosfera allucinante,tirati or dall’uno, or dall’altro dei contraenti. Non discuto delle ragioni di ognuno, che pur andrebbero analizzate; c’è un governo in carica, lasciamolo lavorare. Alla fine giudicheranno gli elettori.
Un’ultima notazione: E’ oltremodo opportuno rivedere le regole interne del partito che, alla luce di quello che sta succedendo, si sono rivelate inadeguate ad assicurare una normale dialettica democratica . Una minoranza è giusto che faccia sentire la sua voce critica, ma schegge anarchiche che minacciano ogni giorno sfracelli sono inconcepibili. La democrazia si regge su una maggioranza e su una minoranza; quest’ultima deve accettare le decisioni della prima, qualsiasi esse siano. La libertà di pensiero deve essere in ogni modo garantita; le decisioni finali spettano alla maggioranza. Domenico Lascaro.

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