MIGLIONICO
Tasse. Di destra o di sinistra? Questo è il dilemma

 

MIGLIONICO. Ancora una volta il prof. Amati mi sollecita a dire la mia su una questione di grande attualità: la natura delle tasse. Prima di esprimere la mia opinione rispondo all’ennesima provocazione. Mi chiedi, caro Giacomo, perché per tantissimo tempo non ho scritto niente. E’ vero, in questi ultimi mesi, la pausa estiva e impegni di altra natura mi hanno impedito di esternare le mie opinioni sui tanti problemi che assillano la nostra cara Italia. Non sono, però, rimasto del tutto assente nel panorama del  “pettegolezzo “ paesano.

In qualità di giornalista, informatissimo su tutto quello che accade in paese, hai certamente appurato che da qualche mese, con la collaborazione di Giovanni Finamore, ho messo in campo   una piccola iniziativa. Ho sollecitato un gruppo di volenterosi che avessero voglia di dibattere problemi di reciproco interesse, a sfondo culturale e sociale. Già si è tenuto un primo incontro su un tema di grande attualità:  i pericoli di guerra in Medio Oriente. Come puoi notare non mi sono addormentato. Ammesso che qualcuno – come vuoi farmi credere - abbia davvero interesse a conoscere le mie opinioni, l’occasione  gli è subito offerta; non solo per ascoltare, ma soprattutto per apportare un contributo personale al dibattito. L’invito è rivolto in special modo agli “indifferenti”, persone che saprebbero rendersi utili per sé  e per gli altri.

         Comunque non mi sottraggo dal rispondere al quesito che mi hai posto: le tasse sono di sinistra o di destra? Per quello che può valere  la mia opinione, non essendo io  esperto di economia, posso senz’altro affermare che le tasse dovrebbero attribuirsi sia alla responsabilità della Destra sia della Sinistra. Chi si vanta di volerleridurre drasticamente,  o vuole bleffare o è in malafede.

         Due, a parer mio, sono le modalità della tassazione:  la prima si basa sulla necessità di imporre un regime di tasse generalizzato e quasi vessatorio, allo scopo di reperire quante più risorse per garantire il massimo dei servizi ai cittadini; la seconda mira a vessare meno i contribuenti per aumentare i consumi e creare, di conseguenza, più occupazione . Alla base vi sono due diverse concezioni del mondo. La prima è propria della Sinistra che vede nello Stato il solo gestore e dispensatore di servizi. Il secondo, tipico del liberalismo, affida al libero mercato e alla responsabilità individuale, il potere di equilibrare le dinamiche sociali e migliorare le condizioni di vita delle comunità.

         Entrambe le concezioni presentano pregi e difetti. Una pressione fiscale esagerata non fa che imbrigliare la libera  imprenditorialità e deresponsabilizzare i cittadini; un liberismo senza regole e una tassazione evanescente favoriscono interessi di parte; generano corruzione e alimentano il consumismo amorale.Una via di mezzo è d’obbligo. Lo Stato, e solo lo Stato,  ha il compito di assicurare e gestire direttamente  i servizi essenziali, quali la Sanità, l’Istruzione, la Difesa, le Infrastrutture, la tutela del territorio e una  giustizia efficiente. Ne deriva che una moderata ed equa pressione fiscale non può che favorire gli investimenti pubblici, a vantaggio dell’occupazione e della pace sociale. Tutto il resto può demandarsi alla libera concorrenza.

         Sono, questi, principi generali e facilmente accettabili da tutti. I problemi sorgono quando si prendono misure  concrete, come il varo della Legge di Stabilità, da poco approdata al Parlamento.I provvedimenti che hanno già suscitato un putiferio di polemiche sono stati la ventilata abolizione dell’IMU sulla prima casa e l’innalzamento del contante a tremila euro. Renzi si è reso conto della gaffe che stava prendendo sulla prima questione, e ha fatto un parziale passo indietro. Rimane fermo sulla seconda questione. Le opposizioni promettono battaglia su tutto.E’ prassi ormai. Ciò che fa più scalpore è l’ennesimo contrasto tra maggioranza e minoranza Pd. Potevano risparmiarsi le polemiche su questioni di non vitale importanza ma, i pretesti per farsi del male a vicenda prendono il sopravvento.

         I veri problemi, però, sono altri. In un Paese dove la corruzione dilaga, l’evasione è al massimo dell’indecenza, i disastri naturali si susseguono quotidianamente, parlare di diminuzione generalizzata delle tasse è pura illusione. Qualcosa comunque si può fare: un’accorta revisione della spesa pubblica permetterebbe un risparmio di energie a vantaggio degli investimenti; una decisa lotta all’evasione recupererebbe risorse preziose e una razionale riforma fiscale porrebbero le basi per una seria rinascita del Paese.

         Pensare di eliminare le spese inutili dall’oggi al domani è però impensabile: non si possono lasciare senza reddito migliaia di famiglie. Debellare l’evasione con la bacchetta magica è pura fantasia. In un paese di furbi, nel quale beffare lo stato è un motivo di vanto, pensare di eliminare in poco tempo l’evasione è pura follia. Né vale il principio che diminuire al minimo le imposte, indurrebbe  tutti a pagarle.Che fare, dunque? Il governo attuale ha messo in campo alcune misure che certamente daranno i frutti nei prossimi mesi: gli accordi con la Svizzera per controllare i capitali in “libera uscita”, le intese con i “paradisi fiscali” e i controlli incrociati  sulle banche-dati di certo avranno effetti positivi.

         In ogni modo, tali misure non saranno sufficienti. Prima di tutto occorrerà emanare leggi più efficaci contro la corruzione. Se la politica continuerà a dare esempi negativi, ogni tentativo sarà inutile. Considerato che è nel DNA degli italiani farla franca, occorrerà mettere in campo una straordinaria opera di educazione con l’obiettivo  di formare una coscienza civica, ispirata al senso di responsabilità e al conseguimento del bene comune.

         Ci vorranno anni e perseveranza, accompagnati da un ricambio generazionale di politici onesti e dediti esclusivamente al bene della comunità.  Non vi sono altre  strade da percorrere. “Viva dunque le tasse”: vuol essere un  omaggio a un grande Ministro, il solo ad aver avuto il coraggio di dire la verità agli Italiani; purché siano eque, progressive e fatte pagare a tutti. Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it)

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