MIGLIONICO
Non solo la "Congiura" I baroni Il castello ma una storia millenaria

MATERA. Ferdinando d'Aragona, meglio conosciuto come Ferrante I, mangiava troppa carne. È risaputo, ma era nello stile dell'essere nobile nutrirsi con cibi ritenuti non volgari. Chissà, forse anche lui non rivelò mai al contadino quanto è buono il formaggio con le pere. Ma, secondo le analisi di alcuni illustri studi medici sugli ultimi resti mortali del regnante, tale dieta si rivelò fatale per la sua salute d'impenitente carnivoro, al punto che si parla di tumore. Ma già nel 1488, "li villani", poco adusi ai piaceri della carne, facendo tesoro della loro proverbiale sapienza naturale, avevano ribattezzato il castello di Miglionico come il maniero "dello male consiglio". Ma chi erano i malconsilgliati? Lo vedremo presto, intanto, l'epiteto lo attesta una cronaca quasi contemporanea all'episodio a cui si fa riferimento, ovvero è già presente in alcune espressioni dettate al suo scrivano da Alfonso duca di Calabria, figlio di Ferrante.
Queste informazioni, unitamente a una miniera di notizie spesso inedite, sono state raccolte e sistemate organicamente in un volume stampato da Palombi editore, dal titolo "Li villani lo chiamano male consiglio". L'autore è Gabriele Scarcia, che continua a gettare sempre nuova luce sulla sua amata comunità. Anche nel titolo si fa indirettamente riferimento al castello di Miglionico, che in ogni adolescente della provincia di Matera ha suscitato chissà quante fantasie. Per il suo aspetto e, sopratutto, tutte le volte che a scuola si precisava che quella fu la dimora affidata a Ettore Fieramosca dopo l'epica Disfida di Barletta. Nell'ordine, appartenne al conte Alessandro di Andria, ai Sanseverino di Bisignano, a Ettore Fieramosca, ai Pignatelli, ai Caracciolo e alla famiglia Revertera, duchi di Salandra. Per quanto, il primo riferimento scritto risale a Romualdo Salernitano, quando nel 1100 parla della costruzione del "Castellum Meliolongum" a opera del Conte di Matera (In cartulario della Basilicata, pag.139, Tommaso Pedio).
Il castello assume in realtà una dimensione che travalica i confini locali, quale luogo della memoria dell'intero Mezzogiorno, perché è lì che avvenne la più che nota Congiura dei baroni. I signori che amministravano la giustizia e riscuotevano le tasse non per conto del re, ma direttamente per loro, quasi fossero tanti piccoli monarchi, non facevano la forza del regio demanio, povero in realtà, ma la sua debolezza. Il tema della nascita degli stati nazionali c'è già tutto. Chi doveva avere lo scettro del comando?
Ferrante mirava a disgregare il particolarismo feudale e a fare del potere regio la sola leva della vita del regno di Napoli. Anche perché su 1550 centri abitati, solo poco più di cento erano sotto il controllo del regio demanio, ovvero alle dirette dipendenze del Re e della Corte. Se tutto il resto era controllato dai Baroni, si comprende bene chi davvero comandava, specialmente se questi, in fondo, erano sostenuti anche dalla Chiesa. Lo strumento politico del re fu la riforma fiscale, attraverso una serie di nuovi compiti che venivano affidati alle amministrazioni comunali (le Università). Insomma, le città venivano invitate a sganciarsi dal potere baronale, un peso non di rado oltremodo opprimente, in cambio di una maggior libertà, ma con l'obbligo di versare le tasse direttamente nelle casse reali.
Del tutto prevedibile la resistenza dei baroni, non certo propensi a mollare i loro privilegi. Altrettanto prevedibile la reazione dal versante opposto. La delazione a favore del re, a quanto pare, determinò la sua conseguente repressione sfociata in decapitazioni, segregazioni, spesso facendo strame dei suoi avversari anche nei modi più cruenti. Camillo Porzio l'ha raccontata per primo questa storia del 1485, nel testo "La congiura de' Baroni del regno di Napoli contra il re Ferdinando I, Napoli, Pe' tipi del cav. Gaetano Nobile, 1859". A suo giudizio (ma non mancano letture successive e controverse) nel settembre del 1485 si ebbe l'incontro decisivo con i baroni a Miglionico, nel Castello del Malconsiglio, al quale partecipò anche il Re. Adesso, Scarcia ha arricchito il racconto storico, facendo notare al lettore che già nel 1488, per mantenere vivo il senso di quel monito, il re fece coniare anche una moneta, che impropriamente potremmo definire celebrativa della sua reazione, ovviamente sempre pronta a scattare. Iniziativa preceduta, per la verità, da un'esortazione scritta nel 1486 a insorgere contro i baroni ribelli.
Fonti inedite - forse è il caso di addentrarsi nel volume per avere contezza dei documenti della famiglia De Novellis - ma anche un ricco apparato iconografico, persino un breve dizionario finale per orientare meglio i passi del lettore, disvelano la lunghissima vicenda di un castello che è uno dei simboli più certi del territorio della provincia materana. Ma la cosa che forse colpisce più di altre è la longevità, la frequentazione di un'altura che si presta benissimo alla difesa. Nei vari lavori di rimaneggiamento della struttura architettonica e di accurati scavi archeologici, si avverte il senso di una storia molto più lunga. In realtà, la macchina del tempo su quel basamento roccioso si spinge molto oltre il castello medievale, fino a popolazioni indigene anelleniche, come rivelano con tutta evidenza i commenti alle immagini proposte da Scarcia e i reperti ritrovati di tombe risalenti tra VII e IV secolo avanti Cristo, del tipo ampiamente diffuso nell'area Bradanica. Insomma, bisogna immaginare un'occupazione antichissima della collina, del suo pianoro, un'altura che controlla a vista ancora oggi un ampio territorio lucano fino allo Jonio. Siginificativa, a questo proposito, la presenza di ambra nel sito più antico.
Miglionico, in realtà, si erge lungo importanti direttrici viarie di collegamento tra aree interne e la costa. E' da sempre un sito ambito, chissà da quanto fortificato, per la sua posizione strategica, anche se normalmente la realizzazione del castello viene datata intorno alla metà del XIV secolo a carico dei Sanseverino, forse perché è questa la fase costruttiva meglio conservata. Ma nel fossato, per esempio, è stato trovato un denaro di Federico II, oppure un anello con sigillo recante un'aquila con ali spiegate, il cui proprietario doveva essere probabilmente un personaggio di un certo rango.
Sono tutte notizie che denotano la bellezza della ricostruzione storica. Dopo il testo di Teodoro Ricciardi del 1862, quello di Nicola De Ruggieri del 1941 e quello di Bubbico, Caputo e Giura Longo del 1986, il lavoro di Scarcia, nella sua collocazione temporale, rievoca e completa efficacemente quella forma quadrangolare che fece la fortuna del castello che ha brillantemente narrato
. Pasquale Doria
 

Prof. Dott. Michelangelo  De Novellis
L.D. Pat. Spec. Med. Università di Bologna
Spec. Medicina Interna e Cardiologia
Già Primario Medico Osp. “Infermi” di Rimini
Abit. : V.le A. Oriani 42/2 – 40137 - Bologna
Tel. 051. 344.353 – cell. 338-7520231

e-mail : mdenovellis@libero.it 

     Gent.mo Dott Doria,  

Sono venuto a conoscenza di un incontro organizzato in Matera il prossimo 3 febbraio dalla F:I.D.P.A   - “ Alla Scoperta delle bellezze del Territorio” -  e l’Incontro con Gabriele Scarcia Autore del libro “ I villani lo chiamano male consiglio”, interessante rielaborazione di eventi storici  verificatesi alla fine del XV° secolo in Miglionico, col supporto  di una ricca  e peculiare documentazione raccolta e riesaminata con critica costruttiva. Spiacente di non poter partecipare a questa manifestazione, affido a Lei, moderatore dell’incontro, l’incarico di porgere il mio caloroso saluto agli organizzatori, ai partecipanti ed in particolare al Sindaco di Miglionico Angelo Buono, al Prof Cordasco , Autore della pregevole e competente Presentazione del Volume, a Raffaello De Ruggieri, Sindaco di Matera , cui mi legano le antiche amicizie e parentele fra le nostre due famiglie, alla Presidente F.I.D.P.A., alla Dott.ssa Lapadula e le congratulazioni e un grazie all’Autore del Volume che ha colto l’occasione di sviluppare nel testo, accanto ad elementi architettonici, e l’evolversi di un dramma storico  la presentazione di testimonianze inedite di aspetti socio-culturali relativi all’ambito territoriale dell’epoca.e dei secoli successivi.

Ribadendo il concetto già espresso nella mia breve prefazione al Volume, permane sempre la decisione mia e della famiglia di affidare  al Comune di Miglionico  documentazioni originali d’epoca fra cui spicca  la pergamena di un “Dottorato” in scienze giuridiche conseguita a Napoli da un cittadino di Miglionico  - nostro antenato - nel settembre del 1548  a testimonianza della presenza in loco di una cultura laica, quale quella giuridica, definita all’epoca il più alto grado della dignità conseguibile  “ celeberrimam  dignitatem” come riferita nel testo, tradotto dalla prof.ssa Maria Montesano ved. De Novellis.

A Lei i miei più sentiti ringraziamenti per l’attenzione che mi dedica e l’augurio di buon lavoro

Ossequi da Michelangelo De Novellis    

Bologna 1 Febbraio 2017  

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