Il fumo all'irto colle all'improvviso è nero e sotto il Quirinale l'urlo della folla sale

MIGLIONICO. Non è mia intenzione parafrasare i versi di una famosa poesia del Carducci, ho voluto solo anticipare, sinteticamente, ciò che di seguito mi appresto a scrivere. Con la puntualità di un orologio svizzero, l’amico Giacomo mi sollecita ad esprimere il mio giudizio sulla grave situazione in cui si è trovato il Paese dopo il fallito “contratto” di governo tra la Lega e il M5S.

“Quali le cause? - mi chiede - C’è qualcosa di incomprensibile in questa delicata faccenda? Ha fatto bene Mattarella ad opporsi alla nomina di Savona al ministero del Tesoro?” Se la bocciatura del Prof. Savona è stata la causa scatenante della rottura traumatica dell’accordo raggiunto, sia pure in extremis, tra Salvini e di Maio, i veri motivi sono molto più profondi e meno superficiali.

Vanno cercati nella natura stessa degli obiettivi programmatici e politici dei due Movimenti protagonisti e, soprattutto, nel percorso accidentato e convulso che ha caratterizzato le spasmodiche trattative intese a trovare la sospirata “quadra” del futuro governo. Non starò qui a ricordare gli estenuanti incontri tra i gruppi dirigenti delle due forze e le molteplici “bozze” del programma che venivano sciorinate al Paese e al Presidente della Repubblica, allo scopo di trovare un punto di convergenza tra le promesse fatte in campagna elettorale, per molti versi in contrasto tra loro.
86 giorni di estenuanti trattative condotte con l’arroganza e la presunzione di Di Maio per dettare lui le regole del gioco, alternativamente tra la Lega e il Pd; e la sicumera di Salvini per aver sorpassato in voti l’alleato Berlusconi. Due vanagloriosi “vincitori” che si sono contesi la premiership per giorni e settimane. Dell’errore commesso dal Pd ho riferito ampiamente in precedenti interventi, ribadisco solo l’errore commesso da Renzi e da tutto il gruppo dirigente di aver rifiutato l’incontro con i 5Stelle che, se non avrebbe prodotto una vera alleanza di governo, avrebbe certamente esercitato “un’influenza benevola” sul Movimento 5S.

Finalmente, dopo defatiganti incontri tra Salvini e Di Maio, che hanno messo a dura prova la pazienza e la sincera disponibilità del Capo dello Stato di far nascere il cosiddetto Governo del Cambiamento, si era giunti a trovare un’intesa sul programma e sui possibili ministri, è scoppiata la querelle tra i due contendenti su chi avrebbe avuto il maggior peso nella composizione del governo.

Se Di Maio era riuscito a conquistarsi il diritto di indicare il Presidente del Consiglio, nella persona di Giuseppe Conte, a Salvini spettava quello di piazzare un suo nominativo al Ministero dell’Economia, il Prof. Paolo Savona. Prima ancora che i nomi venivano sottoposti a Mattarella, come di regola, nelle piazze e nei luoghi meno opportuni Salvini gridava ai quattro venti il nome di Savona, ritenuto insostituibile al Ministero economico, quasi a voler sfidare il Presidente della Repubblica
.
Questi più volte aveva “consigliato” di indicare un esponente politico, possibilmente il leghista Giorgetti. Il motivo era dovuto alle idee del prof. Savona, notoriamente anti euro e molto critiche verso l’UE, che secondo Mattarella avrebbero incrinato il rapporto tra Roma e Bruxelles. Com’è facile notare, si era creato un contrasto insanabile tra il Presidente Mattarella e gli artefici del “contratto” di governo, i quali volutamente forzavano le regole per sminuire il ruolo del Capo dello Stato
.
La vera posta in gioco era dunque quale dei due Poteri dovesse prevalere: quello istituzionale o quello politico? La possibile nomina di Savona costituiva in effetti il pretesto per soverchiare le prerogative di Mattarella, a scapito della dignità e l’autorità che la Costituzione gli riconosce. Il Primo Cittadino si è trovato di fronte a questo dilemma; nominare Savona e darla vinta a Salvini, o difendere la dignità sua e di tutto il popolo italiano?

Non entro nel merito della questione, non ne ho la competenza, del resto; ma se la scelta era tra la difesa delle istituzioni e la resa alle pretese della politica, Mattarella, suo malgrado, non aveva alternative: far ricorso, come ha fatto, a un Governo neutrale, di transizione per affrontare le urgenze più immediate del Paese e subito dopo tornare al voto. Riuscirà Cottarelli, neo incaricato a ottenere la fiducia, anche se tecnica dal Parlamento? Ne dubito fortemente.

Di certo le conseguenze di questo stato di cose si stanno rivelando disastrose: lo Spread si impenna vertiginosamente, le banche non reggono all’impatto, i mercati si tengono alla larga con conseguenze negative su occupazione e produttività. Tutta colpa di Mattarella, dunque? Nient’affatto. Nessuno vietava ai vari Salvini e Di Maio di compiere un atto di responsabilità, rinunciando a fare della nomina a Savona solo una questione di principio. Lo stesso avrebbe potuto, e dovuto, fare quest’ultimo. Dichiarare di essere disposto a fare un passo indietro e rinunciare all’incarico.

L’esimio professore, richiamato in servizio alla veneranda età di 82 anni, si è immaginato ancora una volta al centro dell’Universo e non se l’è sentita di sprecare una ghiotta occasione per salire all’apice della notorietà. Chiudo con il famoso detto di Giulio Andreotti: pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Non è che Salvini ha tirato tanto la corda per andare quanto prima al voto?
Miglionico 28. 05.2018
Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it)

Created by Antonio Labriola - 10 Luglio 1999 - Via Francesco Conte, 9  -  75100 Matera - Tel. 0835 310375