Sono
ospite al “Ritrovo del Cima”, un delizio albergo immerso nella campagna
di Miglionico. Il proprietario dell’albergo è Giuseppe Dalessandro, che
è stato sindaco del suo paese, assessore provinciale e consigliere
regionale. Da sempre ci lega affetto e stima, ma in questi giorni ho
avuto modo di apprezzarne ancora più a fondo l’umanità. Una delle cose
che non sapevo è che Giuseppe, a dieci anni, ha perso il padre minatore,
ucciso da una mina su un cantiere in Sardegna. Tutto ciò che Giuseppe ha
fatto nella sua vita lo ha fatto lottando senza sosta. Al mattino,
quando i miei figli dormono, scendo giù e beviamo insieme il caffè. Poi
mi porta a visitare qualche angolo di Miglionico che non conoscevo – per
esempio mi ha portato in un posto dal quale si vede Matera, la diga di
San Giuliano e la meravigliosa Valle del Bradano. Stamattina abbiamo
parlato della morte – ed è stato un momento bellissimo, paradossalmente.
Giuseppe mi ha detto che non crede in Dio, e io gli ho risposto che
nemmeno io ci credo, ma che ormai ho maturato un pensiero sulla morte
che sempre più spesso mi rassicura. “Tutte le cose che per noi sono
state importanti – persone, oggetti, sensazioni, sentimenti – piano
piano finiranno tutte in quel luogo della mente che noi chiamiamo morte.
Ma sapere che, morendo, io andrò in quel luogo mi rende felice, perché
in quel luogo, Giuseppe, ci sarà tuo padre e tutte le cose preziose che
sono svanite”.“E dunque credi nell’aldilà?”, mi ha domandato. “No, non
ci credo, anche se nessuno può davvero sapere cosa sia la morte. A me
interessa questo luogo della nostra mente perché è il luogo dove
ritroveremo tutto ciò che per noi è stato importante. Dobbiamo essere
felici, morendo, di sapere che andremo esattamente lì dove sono andate
tutte le cose che abbiamo perduto. In questo senso il pensiero della
morte è per me una consolazione”.
A Miglionico, Giuseppe Dalessandro è stato sindaco per dieci anni. Mi
racconta la sua storia politica mentre mi porta a visitare il Castello
del Malconsiglio, uno dei castelli più importanti della Basilicata –
famoso anzitutto per essere stato sede della famigerata Congiura dei
baroni del 1485. Giuseppe mi dice che alla metà degli anni ‘80 era
assessore comunale e, d’accordo con la sindaca – era sua zia, una
comunista, una delle prime donne a ricoprire la carica di primo
cittadino in Basilicata –, decise di espropriare il Castello, che
versava in condizioni pietose, e dove vivevano una quindicina di
famiglie. Non fu facile farlo, anche perché bisognava trovare risorse
per permettere a queste famiglie di andare ad abitare altrove, sia pure
a Miglionico. L’operazione di esproprio riuscì. Così come riuscì
l’intento di consolidare e restaurare il Castello – negli anni sono
servite alcune decine di miliardi di lire –, anche grazie all’impegno
dell’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, la cui famiglia
paterna è originaria proprio di Miglionico. Il Castello è bello, è di
grande importanza storica, ma visitarlo è un po’ deludente, perché di
fatto è un corpo inerme, un trofeo senza vita. Mentre lo visitiamo gli
chiedo cosa si possa fare per farlo vivere. Giuseppe ha varie idee, ma
una in particolare mi convince: “Bisognerebbe fare una gara
internazionale per raccogliere progetti su come valorizzare questo
importante castello medievale, che così non può rimanere, perché ha solo
costi e porta pochi benefici”. Non è facile valorizzare un Castello, ma
secondo me non bisogna avere paura di confrontarsi a livello
internazionale con chi queste cose le sa fare e concepire, ovviamente
rispettando il territorio e la sua cultura, perché forse in noi italiani
prevale ancora troppo un’idea conservativa dei beni culturali a
discapito di un’idea più dinamica del loro utilizzo. |