Giacomo Amati

GIACOMO AMATI

3.03.2017

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La ricchezza non fa la felicità

MIGLIONICO. La conquista della felicità. Si dice che la ricchezza non fa la felicità. Ma le classifiche dei 196 Paesi del mondo ordinati in base alla loro felicità sono anche i più ricchi economicamente. Sorpresa: tra i tanti Stati ricchi e felici ce n’è uno felice benchè povero: è il Bhutan, talmente felice che ha fatto della felicità il suo brand, la ragione per cui è ormai portato ad esempio nel mondo intero. “Il suo nome – scrive Domenico De Masi sul periodico Style-Magazine, n. 3, marzo 2017, allegato al Corriere della Sera – significa “terra del drago” ed è una nazione di appena 758 mila abitanti, incastrata tra il Tibet e l’India sulla catena dell’Himalaya. Vi si parlano due lingue (dzongkha e inglese) e vi prevale il buddhismo Mahayana. La sua monarchia costituzionale è oggi retta da un giovane re di 37 anni che ha studiato in America, si è laureato a Oxford e ha poi ottenuto sette lauree honoris causa in varie parti del mondo. Con un Pil pro-capite di appena 2.914 dollari, il Bhutan si colloca al 116esimo posto tra tutti i Paesi del pianeta, ma è riuscito ad entrare nella top-ten degli Stati più felici al mondo mettendo in pratica il rispetto per l’ambiente e bilanciando la prosperità economica con la felicità profonda. Perciò non punta sul Pil (Prodotto interno lordo) bensì sulla Fil (Felicità interna lorda), calcolata in base alla qualità dell’aria, alla salute dei cittadini, all’istruzione, alla ricchezza dei rapporti sociali, all’intensità della vita interiore. Grazie all’equa distribuzione della ricchezza, nessuno vi muore di fame: non esistono mendicanti né criminalità. Il 90% della popolazione ha accesso gratis alla sanità ed all’istruzione pubblica. Ma soprattutto grazie all’intensità ed alla dolcezza dei rapporti sociali, il benessere spirituale e sociale si accompagna all’esistenza frugale ma dignitosa”. Così una nazione piccola, inerme e remota, costretta dalla natura ad affrontare quotidianamente i disagi di un clima impietoso e di un’economia povera, con il suo esempio costringe tutti i popoli ricchi e potenti a ripensare il concetto di felicità e i modi per raggiungerla. “Il nostro reddito pro-capite – scrive Domenico De Masi – è 12 volte superiore a quello del Bhutan, ma noi saremo felici solo quando avremo seppellito i bisogni alienanti della ricchezza economica e del potere sotto i bisogni radicali del dono, della bellezza interiore e della convivialità”. Giacomo Amati

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