Home Page IL TERRITORIO DELLA PARROCCHIA

IL TERRITORIO - Il territorio della Parrocchia, nel passato, si presentava come una vasta distesa di campi e di pascoli di proprietà di alcune famiglie materane: Gattini, Zagarella, Corazza, Gambetta, Rotunno e altre. Qua e là, sparsi nelle campagne, si ergevano alcuni villini dove i ricchi proprietari trascorrevano le loro vacanze godendo della tranquillità della zona. Oltre ai villini, denominati anche "casini", di cui rimangono diffuse testimonianze, vi erano tre o quattro "casolari" occupati dalle famiglie contadine. Mancavano luce, acqua e le strade erano impraticabili.
Il territorio di
Agna è costituito anche da  altri quartieri, come Cappuccini, La Specchia, San Francesco, Agna Le Piane,  nati  nel secondo dopoguerra e in periodi successivi (Agna Le Piane è sorto solo da alcuni anni), in una zona di aperta campagna che è sempre stata considerata ideale per i convalescenti, perché si respira "aria di mare" (il mare si intravede, splendente, lontano, all'orizzonte, nelle belle giornate di sole, dietro il colle di Montescaglioso, insieme al profilo del Pollino, dell'Alpi, del Raparo e di tanti altri monti).
In queste località, perciò, si portavano anche i bambini colpiti da pertosse per respirare sia "aria di mare" che l'esalazione del letame di vacche, all'interno delle buie e piccole stalle, in locali senza finestre o in grotte che erano numerose  nella zona.
Una volta l'anno, il giorno di Pasquetta, la strada dei Cappuccini si riempiva di moltissimi materani: il pranzo, nei casini  o all'aperto, era costituito da lasagne al forno, farcite di uova lesse, scamorza, salame e polpette, tenute in caldo in grandi contenitori con la carbonella accesa.
Ovunque si accendevano piccoli fuochi per gli arrosti di capretto.  Le numerose bancarelle vendevano, tra l'altro,  arachidi, castagne dei preti, ceci, fave arrostite, ecc. che venivano consumati con un gustoso vino novello.
Le contrade Cappuccini e  Agna, ben esposte a mezzogiorno e protette dai venti di tramontana,  sono sempre state spezzettate in innumerevoli appezzamenti di terreno con casette o grotte, in mezzo a piccoli oliveti, frutteti e vignarelle (da una ricerca svolta nella Scuola Media "A.Volta" nell'a.s. 1990 -91)

[I quartieri  della parrocchia] sono nati tutti nel secondo dopoguerra, in periodi successivi, in una zona di aperta campagna che era considerata molto salubre, perché si assicurava che vi respirasse "aria di mare". Questo, infatti, si vede splendere lontano, all'orizzonte, nelle belle giornate di sole, dietro il colle di Montescaglioso, insieme al profilo del Pollino, dell'Alpi, del Raparo e di altri monti.
In questa località, perciò, si portavano i bambini colpiti da pertosse per respirare sia "aria di mare" all'esterno, sia l'esalazione delle orine di vacche, all'interno delle buie e piccole stalle, in locali senza finestre o in grotte che numerose erano nella zona.
In questa parte alta dell'Agro materano non stazionavano mai le nebbie e il clima umido che copriva spesso i Sassi e le parti basse della città, specie durante le giornate di scirocco. Per questo motivo nella zona sorgevano, e sorgono, numerosi casini di campagna, nei quali in agosto e settembre si riversavano le famiglie materane a villeggiare, poiché non esistevano le ferie, e i bagni di mare erano sconosciuti.
Le contrade dei Cappuccini e di Agna, ben esposte a mezzogiorno e protette dai venti di tramontana, non comprese nelle proprietà recintate in cui sorgevano casini più o meno grandi, erano spezzettate in innumerevoli parti di terreno con casette o grotte, in mezzo a piccoli oliveti, frutteti e vignarelle, essendo lo strato di terra sulle rocce affioranti molto sciolto e fresco e per nulla argilloso, adatto quindi per gli alberi.
Una volta l'anno, il giorno di Pasquetta, la strada dei Cappuccini si riempiva di una folla di Materani, che vi si recavano per un pranzo nei casini della zona o all'aperto con lasagne al forno, farcite di uova lesse, scamorza, salame e polpette, tenute in caldo in grandi contenitori con la carbonella accesa. Ovunque si accendevano piccoli fuochi per gli arrosti di capretto. Alle bancarelle si compravano arachidi, castagne dei preti, ceci e fave arrostite. E si beveva il vino ancora novello. Domenico Riccardi

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Testo e foto dal volume: Il patrimonio rurale materano - Storia Architetture Costume di Mario Tommaselli - Collana Parcomurgia. Ed. dell'Arco
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Casino Giordano

Il casino è ubicato in un'area prossima alla città su di un riangolo di suolo perimetrato dal punto d'innesto della vecchia "strada rotabile comunale Matera-Montescaglioso", attuale S.S. 175, con la via Appia (S.S. 7) e la "strada omunale dei Cappuccini". Il casino si presenta con una forma architettonica di estrema semplicità. Un cubo alleggerito, sulla facciata principale, da due piccole rampe di scale che consentono l'accesso all'unico piano rialzato composto da cinque vani. Semplice luogo di villeggiatura della famiglia Giordano, il casino ha vissuto il suo periodo migliore nei primi decenni del secolo scorso. Rimasto abbandonato per un lungo periodo, è stato recentemente restaurato da un discendente della stessa famiglia che ha iniziato anche il recupero del giardino che un tempo donava alla semplice costruzione un tocco di signorilità".

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Casino Radogna

Il casino sorge sul pianoro confinante con la "gravina di Matera". L'allargamento della vecchia "strada comunale dei Cappuccini" ha alterato il contesto ambientale. Fortunatamente l'edificio è rimasto intatto essendo sempre stato abitato. Interamente modificata l'area del vecchio giardino che un tempo si sviluppava sui tre lati della costruzione. Il casino, sorto tra il 1888 e il 1889, si presenta con uno schema architettonico semplice: un piano terra con ambienti di servizio ed un primo piano destinato a residenza del proprietario. Il fronte dell'edificio, con affaccio sulla strada dei Cappuccini, presenta il portone d'ingresso ed una scalinata interna che conduce ai vani superiori. La facciata è ar- ricchita da un balcone con ringhiera in ferro battuto con a destra ed a sinistra due balconcini "alla romana". L'edificio è coperto da un tetto a quattro falde con il vertice coronato ed arricchito da due anfore ceramicate. Questa struttura rappresenta l'unico esempio di casino che negli anni Trenta del secolo scorso, quando erano di moda le case chiuse, subìva una variazione della sua destinazione d'uso: da casa di villeggiatura a "luogo di piace- re". Le persone anziane ricordano, ancora oggi, la figura di Maria Donata, la maitresse che curava l'esercizio di questa casa di tolleranza e il ricambio settimanale delle giovani donne. Di notevole valore storico la presenza, nella proprietà, della chiesa in rupe della Madonna dell'Abbondanza trasformata in stalla, dopo la sua sconsacrazione da parte di monsignore Antinori nel XVIII secolo.

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Villa Zagarella

La villa costruita agli albori del XX secolo dalla famiglia Zagarella nella contrada Cappuccini-Agna, uno dei migliori esempi riscontrabili nell'agro materano. La costruzione, su pianta rettangolare, è ubicata al centro di un grande parco dominato dagli alberi d'ulivo. Alla villa, un tempo, si accedeva dalla vecchia "strada comunale Matera Montescaglioso" (attuale S.S.l75) attraverso un ampio viale alberato che consentiva alle carrozze di giungere fin dentro il vasto androne a due entrate che sottopassava l'intero edificio. I due ingressi, posti ad est e ad ovest, si presentano architettonicamente identici inseriti in un ridotto avancorpo sul quale poggia superiormente, una balconata alleggerita da quattro finte colonne che accentuano lo stacco dalla linea dell'edificio. La doppia entrata nell'androne consentiva alle carrozze di accedere direttamente nella grande corte interna ove erano sistemate le stalle e la rimessa. Il proprietario, fedele alla concezione di "non volere tra i piedi" le strutture di servizio, le aveva allocate nella corte interna, alle spalle della villa, in modo tale che non interferissero con l'elemento residenziale. A tal uopo era stato creato un secondo accesso alla villa lungo il superiore tracciato viario, il tratturello Matera-Montescaglioso, punto d'incontro tra le "strade vicinali della Specchia, dell'Agno e la vicina le di Serra San- t'Angelo". Il lato sud-est della costruzione è arricchito dalla presenza di un'ampia terrazza che fuoriesce dallo schematico edificio con un affaccio straordinario sull'esteso parco. Dal vasto androne parte la scalinata che conduce al piano superiore. Si tratta di un piano nobile che comprende dieci ampi vani tra i quali un grande salone con la volta affrescata. ella corte è ubicata la cappella che presenta una articolata facciata caratterizzata da due colonne, tre gradini ed un ingresso ad arco acuto. La parte alta della facciata si presenta arricchita da archetti pensili posti in basso e ai lati di un rosone centrale. È la cappella architettonicamente più rifinita tra quelle presenti nelle strutture rurali del materano. La villa, restaurata tempo addietro dal nuovo proprietario, si presenta in ottime condizioni consentendo alla città di serbare uno dei monumenti che ne compongono la identità storica. Negli anni Ottanta parte del parco, ricadente lungo la S.S. 175, antica strada rotabile Matera-Montescaglioso, veniva espropriato per la costruzione della "Casa di riposo per anziani", mai entrata in funzione. L'attuale ed unico accesso alla villa è sulla via Cappuccini.

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Villa Giudicepietro

La villa sorgeva, un tempo, nel cuore di un parco condotto ad uliveto. Ad essa si accedeva dalla vecchia strada comuunale Matera-Montescaglioso, attuale S.S. 175 ed a monte, dalla via dei Cappuccini. I due viali d'ingresso, posti ad ovest e ad est della villa, erano no segnati dalla presenza di pilastri in tufo lavorato terminanti con decorativi pinnacoli. L'accesso principale alla villa doveva essere, probabilmente quello che s'innestava con l'attuale via dei Cappuccini nei pressi della cappella di San Liborio demolita negli anni Sessanta per fare luogo ad una costruzione di civile abitazione . L'entrata era delimitata da muretti a secco con spazi ove un tempo erano forse allocate delle fioriere. Il viale terminava in uno slargo semi circolare fronteggiante la linea principale della villa. Il secondo viale, con ingresso dalla strada comunale, dava accesso agli ambienti di servizio tra i quali la stalla e la rimessa. L'edificio si presentava con una pianta rettangolare e il fronte principale si sviluppava su di una lunga unica linea interrotta da un balcone centrale e da due"balconcini alla romana". Il lato sud della villa era articolato con una larga balconata, poggiante su tre grandi arcate cieche, che si sviluppava lungo tutto il lato sud. Ad ovest una grande terrazza in sporto consentiva di volgere lo sguardo su buona parte del parco e sulla degradante piana bradanica chiusa, lungo la linea d'orizzonte, dalle montagne del Pollino e del Sirino-Papa. Il portone d'ingresso alla villa era inserito in un riquadro architettonicamente lavorato ed una breve scalinata conduceva alla residenza padronale composta da sei ampie stanze, cucina e due vani di servizio. Al piano terra c'erano una sere di ambienti con destinazioni varie. Il giardino che circondava la villa era impreziosito da una colonna in tufo simile ad un "monolite" artisticamente lavorato con motivi ornamentali. Tale elemento decorativo si ergeva in un ampio spazio aperto, al centro del parco. Oggi della vecchia villa di campagna restano pochi segni e la descrizione si basa sui pochi elementi ancora presenti e sui ricordi di coloro che hanno frequentato la villa fino alla fine degli anni Quaranta. I parco ed il giardino sono spariti per fare posto, in maniera caotica, a costruzioni sorte con un disordine edilizio che tra gli anni Cinquanta e Sessanta dava vita ad un agglomerato urbano, indicato con il titolo, poco lusinghiero, di "quartiere dei cercatori d'oro". Un riferimento alla precarietà ed improvvisazione dei villaggi che nascevano in America durante la "corsa all'oro" nel XIX secolo. Lo stesso edificio della villa veniva alterato, nei primi anni Sessanta, con edifici costruiti in aderenza allo stesso corpo centrale che a sua volta veniva modificato in più parti alterandone l'originaria linea architettonica. Unico elemento che si erge solitario, a ricordo di un mondo scomparso, resta la parte superiore del "monolite" affogato in una bassa ed orribile costruzione.

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Casino Gambetta

Lungo la strada vicinale dell'Agno, sulla destra, sorge il casino Gambetta. Un edificio semplice nelle sue linee cotruttive con il prospetto principale affacciato su qu 110 che un tempo era un parco condotto ad uliveto ed ampie zone destinate alla coltura degli ortaggi. Il resto del casino corre lungo la linea della vecchia strada vicinale con la presenza di un alto cancello schermato con lastre di ferro e sostenuto da due squadrati pilastri in tufo ulla cui corona emerge una piccola decorativa piramide. Era que to l'unico punto d'acces o, un tempo, alla proprietà recintata con un alto muro. La costruzione, su pianta pseudo-rettangolare, è composta da un piano terra con due ampi vani di servizio ed un primo piano destinato ad abitazione padronale. Esternamente il piano uperiore è arricchito da un'unica balconata in muratura corrente lungo i lati nord e ovest dell'edificio, mentre il lato sud presenta due finestre con davanzale a sbalzo. Il lato est, che segue la "vicinale dell'Agno" si presenta priva di ogni elemento decorativo e la sua nudità è interrotta dalla presenza di un'unica finestra incorniciata da un modesto rustico finestrino. La copertura, contrariamente a quella presente nella magi dei casini è terrazzata. Al primo piano si accede da un portoncino che il uno dei vani posti a piano terra e tramite un corto si raggiunge la scalinata che termina su di un bal questo piano d'ingresso si entra in due stanze posti stra ed altre due stanze sulla sinistra. Quattro am formano con il vano gabinetto la residenza padroronale.

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Gli archi

Percorrendo l'asse viario di sinistra della vecchia strada vicinale dell'Agno, s'incontrano due archi di pregevole fattura. Il primo, di piccole dimensioni, è posto sul pianoro sovrastante l'accesso alla chiesa rupestre della Madonna della Rena, una cripta a pianta irregolare, totalmente scavata nella roccia con il fronte in conci di tufo a capanna. C'è anche un'edicola, posta al centro del timpano, decorata a conchiglia con all'interno una Madonna coronata con il Bambino in braccio. Si tratta di una piccola chiesa con un ampio spazio antistante alla quale si accedeva da questo picolo arco che nella sua linea architettonica, sviluppa una figura armonica. Ci sono infatti due colonne, ornate sulla sommità da una cornice, dalla quale partono due pinnacoli finemente lavorati che, unitamente alla sottile linea ad arco, si stagliano sull'orizzonte offrendo uno spettacolo di armonica bellezza. Un tempo luogo di festività religiosa, pur nel degrado nel quale l'intera area versa, questo sito conserva tutti gli elementi che ne renderanno possibile il recupero. Un secondo arco, che potremmo definire monumentale rispetto al primo, consente l'accesso ad una aperta valletta che si apre lungo la strada vicinale e raggiunge il ciglio della "gravina". Si tratta di un arco costruttivamente notevole, sviluppantesi su due pilastri laterali terminanti con una lunga cornice formante una copertura a capanna nel cui centro si delinea un simbolo araldico conventuale. Ai lati, poggianti sulla cornice, due pinnacoli di pregevole fattura, rappresentanti vasi flore ali, impreziosiscono il monumento. Questi elementi architettonici di notevole valore per la l'identità storica del territorio meritano una attenta salvaguardia da parte dell'Ente di gestione del Parco della Murgia Materana nel cui territorio protetto essi ricadono.

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Casino don Gregorio Padula

In un'ampia ed articolata valletta, perimetrata dal braccio sinistro dell'antica "strada vicinale dell'Agna" e dalla scoscesa "gravina" è ubicato il casino Padula. Un monumentale portale dà accesso ad un vialetto che, costeggiando la scarpata rocciosa sottostante la strada vicinaIe, conduce all'interno dell'ampia depressione che per la sua stessa formazione geologica ha accumulato, nel corso dei millenni, il limo prodotto dal dilavamento delle acque provenienti dai piani superiori che ha reso il fondo roccioso, fertile. Ciò ha favorito l'insediamento poderale che ha fran- tumato l'originaria unità della proprietà. Sulla destra del vialetto, nella parete rocciosa, sono presenti una serie di cavità rupestri con funzioni di strutture di servizio. Esse si presentano internamente ben modellate, corredate da un camino il cui comignolo esce "fuori terra" munito di un decorativo cappelletto a "cresta di gallo". Al termine delle cavità rupestri c'è il casino. Questo si presenta con i connotati costruttivi della casa-torre, un modello particolarmente diffuso nell'agro murgico pugliese tanto da consentire la sopravvivenza, ancora oggi, del termine "turriere" proprio degli abitanti di una torre (torre- casa colonica). La casa-torre, addossata alla "scarpa rocciosa", si presenta con una linea costruttiva semplice, con elementi archi- tettonici funzionali e decorativi solo nella parte superiore. Essa si sviluppa con un piano terra nel quale sono presenti due ampi vani indipendenti i cui ingressi sono inseriti in un duplice arco. Una scala esterna, collocata sul lato ovest della costruzione, dà accesso al primo piano dove ci sono due ambienti che si affacciano, con una piccola finestra ed una porta finestra inserite in un decorativo riquadro, su di una balconata che corre lungo tutta la parete della casa-torre esposta a nord-ovest. Questa si presenta con un parapetto formato da tre basi d'appoggio esterne in tufo lavorato con un cappelletto di copertura intervallato da cilindretti di ceramica verde. Questi ultimi sono stati quasi tutti asportati. Un terzo ambiente raggiungibile attraverso una scala interna è ubicato nella parte superiore della casa-torre, con affaccio a livello del braccio sinistro della vecchia strada vicinale dell'Agna. La parte terminale della casa-torre si presenta terrazzata con fuoriuscente la garitta della scala interna. ella parte superiore della "scarpa rocciosa" che delimita il podere è presente una rete di convogliamento dell'acqua piovana, realizzata con condotte scavate nella roccia il che consentiva il rifornimento idrico del sottostante pozzo e contemporaneamente evitava la dispersione ed infiltrazione senza controllo delle acque. Tale sistema idrico elementare, che oggi non è più sottoposto ad una regolare manutenzione, ha iniziato quel processo erosivo della "scarpa rocciosa" che metterà, in futuro, in serio pericolo la stabilità della costruzione che ad esso si appoggia.

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Casino Corazza

Lungo il braccio destro dell'antica strada "vicinale dell'Agno, ad un centinaio di metri dalla biforcazione con la vicinale di Serra Sant'Angelo", sorge il casino Corazza, un tempo immerso in un ampio parco condotto ad uliveto. Dall'alto del pianoro, intorno ai 390 metri d'altezza, la bianca costruzione domina un ampio tratto della scoscesa 'gravina" che si snoda alle sue spalle e buona parte della strada murgica di San Campo intersecata da due profondi valloni che cingono il lato nord del pianoro di Tempa Rossa. Sulla sinistra l'ampia depressione è impreziosita dalla presenza della chiesa rupestre della Madonna della Rena, un antico luogo di culto sede, nei tempi andati, di 'sagre" religiose. Ai piedi, lungo il lato sud-sud ovest la degradante contrada dell'Agna. Il casino, già presente nelle carte topografiche dell'I.G.M., tratte dai rilievi del 1872/74, è stato più volte ristrutturato conservando, però, la tipologia costruttiva originaria. Sulla strada vicinale, un arco leggermente rientrante dà accesso ad un lungo viale in salita, delimitato da due muretti con conci di tufo squadrati, che immette in uno spiazzo antistante la facciata principale del casino. La costruzione si sviluppa su di una pianta rettangolare con copertura del tetto a quattro falde. Essa si compone di un piano terra con vani di servizio ed un primo piano con ambienti destinati a cucina, soggiorno, camere da letto.

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Casino Rotunno

Il casino è ubicato nel punto d'incrocio tra le "vicinali dell'Agno" e la "vicinale Sant'Angelo". Si tratta di una costruzione prettamente residenziale che riassume tutti i connotati costruttivi ed architettonici delle abitazioni "fuori porta" della nuova classe borghese emergente dopo il 1860. Due pilastri di tufo lavorato, terminanti con pinnacoli, sostengono il cancello d'ingresso. Da questo punto parte il muro di cinta con due snodi creati per seguire la linea delle confinanti "vicinali". Sono due punti rinforzati da una struttura, sempre in tufo, arricchita da pinnacoli di piccola dimensione. Un lungo viale di accesso conduce al casino. La pergola risulta limitata da una fila di conci di tufo squadrati. La linea di sinistra, nello spazio intercorrente con il muro di cinta, consentiva l'installazione di fioriere. Un alto pergolato proteggeva il viale e sono visibili le basi d'appoggio delle colonnine che sostenevano l'impalcatura dello stesso. Il viale termina con un ampio sedile in pietra a schienale alto che si affaccia sullo slargo sul quale sono presenti l'ingresso del casino ed i punti di partenza dei vialetti seconda- ri del vasto giardino. Questo ha al centro un'ampia rotonda chiusa da una serie di sedili in pietra ombreggiati da alberi d'ulivo. La costruzione si presenta con un solo piano, semplice nelle sue linee architettoniche con una forma geometrica leggermente movimentata attraverso l'inserimento di una terrazza che s'incunea sul lato sud dell'edificio. Questa è arricchita da una balaustra a cilindretti ceramicati che arricchiscono la linea semplice della costruzione.

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Casino Battista-Cosola

Il casino emerge da un ampio uliveto perimetrato con un muretto di conci di tufo. Il colore tradizionale, rosa acceso delole sue mura, ornate da liste di colore crema che evidenziano i particolari architettonici delle porte e delle finestre, conferisce al casino una "nota di allegria" rispetto al grigiare che domina le costruzioni della contrada. L'ingresso si affaccia sulla "strada vicinale dell'Agna" ed è evidenziato da due pilastri ornati con il consueto pinnacolo a sfera. Il viale d'accesso, delimitato da bassi muretti in conci di tufo squadrati, è pavimentato con basole di calcare. Lungo i lati sono disposte basse piante ornamentali. La costruzione residenziale si sviluppa con un piano terra ed un primo piano. Quest'ultimo è stato aggiunto nel corso della ristrutturazione dell'edificio negli anni Novanta. Tale sopraelevazione risulta armonicamente innestata su quegli "allacci" che emergevano dal piano terra dell'edificio. L'aggiunta di una scala esterna, dovuta alla necessità di usufruire in maniera indipendente dal piano superiore, è stata effettuata con appoggio sulla facciata laterale esposta a sud. Tale sovrastruttura risulta armonizzata con gli elementi architettonici già esistenti della costruzione. Nelle carte catastali il casino è identificato con il nome della famiglia Battista che iniziò a costruirlo nei primi anni del secolo scorso; su di una delle colonne d'ingresso compare il nome dei Casola che ne furono i successivi detentori. Attualmente appartiene a nuovi proprietari che hanno restaurato l'immobile nel corso degli anni Novanta del secolo scorso.

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Casino Di Lena o dell'Angelo

Tra la vecchia "strada vicinale dell'Agno" e la "vicinale di Serra Sant'Angelo" è ubicato il casino Di Lena. Al casino si accede dalla "vicinale dell'Agno" attraverso un cancello posto tra due pilastri di tufo lavorato con la parte superiore decorata con elementi architettonici tradizionali. Superato il cancello un semicerchio in terra battuta presenta lateralmente delle panchine in pietra semicircolare. Da questo slargo parte il viale d'accesso delimitato da due muretti con conci di tufo squadrati che conservano, intervallate, le basi che un tempo, sostenevano una copertura a pergolato. Il viale termina in un piazzaletto che fronteggia la facciata principale del casino. Sulla destra, in una leggera rientranza ombreggiata, si trovano due panchine ed un tavolo in pietra. L'edificio si sviluppa su pianta rettangolare con ambienti a piano terra ed un primo piano destinato a residenza padronale. Il fronte, semplice nella sua linea architettonica, presenta al primo piano due balconi con ringhiera di ferro ed una finestra centrale. Al piano terra il portoncino d'ingresso è fiancheggiato da due ambienti di servizio. Il retro dell'edificio, esposto ad ovest, si presenta con una lunga balconata che corre lungo tutta la facciata. Questa poggia su di un profondo arco cieco nel cui interno si aprono due ambienti di servizio. La ringhiera del balcone, come spesso si riscontra in molte strutture rurali e cittadine, risulta formata da cilindretti ceramicati di colore diverso. Il casino e l'ampio uliveto che lo circondava, fu venduto dai Di Lena nel 1921 alla famiglia Scalcione. Precedentemente l'ultima discendente dei Di Lena, che risiedeva in Bari,aveva affittato la proprietà all'amministrazione del clero che aveva adibito il casino e l'ampio giardino a casa di riposo per i sacerdoti. Attualmente lo spezzettamento della proprietà tra i numerosi eredi ha provocato una veloce decadenza dell'immobile, del circostante giardino e del viale d'ingresso.

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Casino Serra Sant'Angelo

Lungo la strada vicinale di Serra Sant'Angelo, preceduto da un piccolo spiazzo, che domina la sottostante piana, un tempo ricoperta da un ampio uliveto, sorge il casino omo- nimo. Un cancello in ferro battuto è inserito in un arco racchiuso tra due pilastri che sorreggono la trabeazione arric- chita, ai lati, da due pinnacoli. Al centro della cancellata, nella parte alta, inscritta in un cerchio, la lettera F, iniziale del cognome della famiglia che ha fatto costruire il casino. Dal cancello inizia un breve vialetto, tipo pergola che attraversando il giardino conduce alla costruzione ubicata sulla sinistra. L'edificio, a pianta rettangolare, semplice nelle sue linee architettoniche, si è sviluppato su due piani sfruttando l'andamento a scarpa del terreno. Il piano terra è posto sul li- vello inferiore della strada, mentre il primo piano si trova al livello della strada vicinale. La copertura del casino è divisa in tre comparti formati da tetti a quattro spicchi uniti da un cordolo superiore. Un camminamento segue il perimetro inferiore della co- pertura ed è utilizzato sia per il convogliamento dell'acqua piovana sia per la manutenzione dei tetti. Ai tetti si accede tramite una scala interna che termina, nella parte alta, con un gabbiotto che fuoriesce dalla linea dell'edificio. Il prospetto principale del casino, orientato a sud, si affaccia sul giardino e si articola a piano terra con due porte finestre, mentre al primo piano c'è una balconata centrale, munita di una ringhiera in ferro battuto, inserita in un'ampia cavità lenticolare. Due finestre, una per lato, fiancheg- giano la balconata. Altre due finestre si aprono sul lato est dell'edificio ed una sul lato ovest. Tutte le finestre sono inserite entro cornici lavorate. Solo il lato nord del casino, che costeggia la strada vicinale, è privo di qualunque apertura.

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Casino Torre

Il casino rurale, conosciuto con il toponimo di "torre" per la presenza di un'alta colombaia posta in aderenza alla costruzione residenziale, è posto tra la strada "vicinale dell'Agna" che corre sull'alto crinale alle sue spalle e la strada "vicinale di Serra Sant'Angelo" che si snoda sul suo fronte. La depressione, tra le due strade vicinali, un tempo era sede di cave di tufo che successivamente furono abbandonate perchè esaurite o per la scarsa qualità del materiale estratto. Come per la maggiore parte di quest'area l'ulivo regna sovrano ed anche in questa depressione restano in vita estesi appezzamenti di questa nobile pianta. L'edificio, su pianta quadrata, si sviluppa con un piano terra adibito a strutture di servizio e due piani abitativi. La copertura è terrazzata e le scale di accesso ai piani superiori sono sistemate nella vicina torre posta in aderenza, alla quale si accede con una breve scalinata esterna. Sul prospetto frontale due balconi, uno per ogni piano, movimentano la facciata.

All'origine il casino si presentava con un solo piano ed un'ampia soffitta chiusa con tre mura perimetrali idonee, ad innalzare un secondo piano che fu eseguito in un periodo successivo. La torre quadrangolare termina con una stretta corona ed una cuspide articolata a colombaia. Sui tre lati si aprono piccole finestrelle per arieggiare i vani interni e con la funzione accessoria di modeste feritoie. Attualmente il casino risulta abbandonato. Nella vasta gamma di architetture residenziali rurali, poste nell'ambito dell'agro materano, pur nell'estrema sempli- cità delle sue linee costruttive, il casino "torre" rappresenta un modello unico nel suo genere.

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Casino Padula

Il casino Padula può essere considerato l'ultima costruzione rurale, di natura prevalentemente residenziale, nell'area Agna-Le Piane. La costruzione è datata 1930 ed è ubicata tra le vecchie strade vicinali di La Specchia-Le Piane e Serra Sant'Angelo. Questo territorio si è sviluppato nel corso della seconda metà del XIX e nei primi anni del nuovo secolo con una fitta serie di appoderamenti e la presenza ben visibile dei casini di campagna. Un processo determinato dalla fertilità del suolo, dalla presenza di numerosi pozzi e da una condizione climatica favorevole. La costruzione, un tempo immersa in un ampio parco condotto ad uliveto, si presenta con una planimetria articolata su due linee costruttive. Una forma, nel suo assieme, ampia e compatta non priva di una sua armonia architettonica, con un piano terra adibito a servizi ed un primo piano residenziale. All'appartamento padronale si accede, lungo il lato nord-ovest dell'edificio tramite una scala esterna terminante in un ampio ballatoio-terrazzo sul quale si affacciano quattro vani. Un vano con balcone si presenta lungo il lato corto dell'edificio esposto ad ovest ed altri tre ambienti, rivolti a sud-est, hanno il vano centrale con affaccio su di un balcone e quelli laterali con il classico "balcon- cino alla romana". Lungo il lato est si sviluppano una serie e a servizio agricolo, elementi questi che confermano la doppia valenza di utilizzo economico e residenziale della proprietà. Il casino, costruito dalla famiglia Padula negli anni Trenta, con lo sviluppo urbanistico indirizzato verso la contra- da Agna Le Piane, nel corso degli anni Novanta, perdeva la sua originaria funzione. Espropriato il grande parco, i Padula vendevano l'immobile al Comune per un suo riutilizza come centro sociale e culturale nell'ambito del nuovo none.

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Casino Alvino

Il casino Alvino è ubicato sulla linea estrema della contrada Agna - Ofra, quasi a ridosso della "gravina" dalla quale dista poche decine di metri. Gli Alvino appartenevano a quel ceto borghese che contribuì alla modernizzazione dell'economia materana tra il XIX e i primi anni del XX secolo. Essi provenivano da Napoli ed appartenevano ad una famiglia di origine ebraica di argentieri, orefici e mercanti che avevano acquisito, per le notevoli capacità mercantili, ricchezza e notorietà. Sul finire del XVIII secolo un ramo della famiglia si trasferiva a Matera e con innata attitudine imprenditoriale diede vita ad una serie di attività nei campi più disparati dall'agricolo, all'industriale, al terziario. Gli Alvino s'imparentarono con le migliori famiglie ma- te rane pur continuando a mantenere stretti rapporti con il ramo napoletano della famiglia. Ma la figura che emerge e che ha lasciato una traccia notevole nello sviluppo economico della città fu Vincenzo Alvino nato nel 1824. Uomo di punta della famiglia trasformò l'impostazione economica fino allora seguita con la costituzione di una società che portò all'edificazione di un mulino pastificio sulla strada vicinale di San Vito in grado di utilizzare il grano duro prodotto nell'agro collinare materano. Uno stabilimento moderno, il cui progetto fu redatto dall'architetto Leonardo Ridola, fratello del medico archeologo Domenico. All'alba di un giorno intorno alla metà di luglio del 1884, come narra Mauro Padula in una sua pubblicazione, Matera fu svegliata dal suono di una potente sirena che annunziava l'inaugurazione e la messa in mar- cia dell'opificio. Ma questa fu solo una delle tante iniziative imprenditoriali dell'Alvino, alla quale si accompagnò l'istituzione della Banca Mutua Popolare della quale, nel 1881, divenne il primo Presidente. Nel corso della seconda metà del XIX secolo gli Alvino accrebbero il loro patrimonio immobiliare con l'acquisto di diverse proprietà agricole come i seminativi nella contrada" Spalla di Sant'Eligio", una vastissima tenuta nell'area murgica in contrada "Tirlecchia", un territorio che si sviluppa tra le contrade "Trasanello", "Trasano Conca d'Aglio", il "Serrone del Franzese" ed il "Piano delle Matine" lungo il territorio di Laterza. Un'area, questa, destinata prevalentemente al pascolo che ha conservato gli originari toponimi di "Murgia e Serrone di Alvino" anche dopo l'estinzione della famiglia. Altre proprietà fondiarie erano localizzate nelle contrade "La Specchia", "San Martino", "Viglione" e "Ofra". Tale estesa proprietà consentiva agli Alvino di abbandonare del tutto l'attività artigianale e trasformarsi in imprenditori agricoli ed industriali. Agli albori del Novecento, morto Vincenzo Alvino, gli eredi, a partire dal 1905, iniziarono a vendere le proprietà che in tempi brevi passarono in mani diverse. Il casino, con l'annesso parco, era la più piccola delle vaste proprietà degli Alvino e lo si raggiunge partendo dal braccio destro della vecchia "vicinale dell'Agno" dalla quale si diparte la "strada vicinale dell'Alvino" che è in grado di condurre, dopo circa quattrocento metri di percorso, all'edificio residenziale rurale. Il casino poggia sul ciglio più alto della contrada murgica e rappresenta, virtualmente, la linea di confine dello sviluppo residenziale rurale di quella vasta area comprendente le contrade Ofra-Le Piane. Tale territorio di natura murgica era economicamente destinato, nei tempi andati, al pascolo e successivamente a coltivazioni arboree come l'ulivo, il mandorlo e la vite. La presenza del grande jazzo rupestre, dell'antica chiesa rupestre San Nicola all'Ofra, del villaggio in rupe, di un grande jazzo edificato, di pozzi e cisterne per la raccolta dell'acqua piovana identifica il processo econo- mico sviluppatosi nel corso dei secoli in questo territorio. Il casino si articola con un piano terra destinato ad ambienti di servizio ed un primo piano a residenza padronale. Esso si presenta come un monoblocco cubico alleggerito, nel piano superiore, lungo la facciata principale rivolta a sud ovest, da due ampie arcate cieche al cui interno si sviluppano due balconate con il parapetto formato da cilin- dretti in cotto ceramicati variamente colorati. Una terza arcata cieca nell'ambito della quale è inserita una terrazza, alleggerisce il fronte est dell'edificio. Sul medesimo lato, re- cintato con un alto muro in conci di tufo squadrati, si estende il parco giardino che conserva solo in parte la sua antica impostazione.

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Casino Casalini

Il casino, prima della totale trasformazione delle contrade Agna - Le Piane, iniziata nel corso degli anni Settanta del secolo corso, era ubicato in un grande parco condotto ad oliveto po to tra l'antico tratturello Matera Montescaglioso e la trada rotabile comunale, attuale S.S. 175. Il casino pre enta i emplici connotati costruttivi degli edifici rurali a destinazione residenziale edificati tra l'ultimo scorcio del XIX ed i primi anni del XX secolo. La costruzione si sviluppa su una pianta rettangolare ed è composta da un piano terra con due ampi locali di servizio e portoncino d'ingresso ed un piano superiore con cinque vani abitativi. Nella parete ud-est del primo piano si aprono: un balconcino alla romana, posizionato centrai mente sul sottostante portoncino d'ingresso, e due finestre laterali. Queste sono state private delle persiane, sostituite con tapparelle di plastica, e delle modanature esterne che erano l'unico elemento architettonicamente decorativo che arricchiva la semplice nudità della facciata. e restano tracce appena visibili. n econdo balconcino alla romana lo troviamo sulla parete volta a nord-est e sembra sia stato ricavato nel corso dei lavori che hanno modificato la disposizione interna dell'appartamento. La facciata esposta a nord-ove t è priva di qualsia i apertura. el corso dell'ultima ristrutturazione su questa parete è stato poggiato un avancorpo adibito a nuovo ingre so per il piano superiore. Una operazione probabilmente determinata dalla divisione dell'immobile tra proprietari diver i. La parete esposta a sud-ove t presenta una balconata, poggiata su di un ampio arco cieco, con un affaccio sulla vallata bradanica. Essa presenta una balaustra in ferro con pannelli a rete che danno una nota di discutibile "modernità" al manufatto che probabilmente aveva, all'origine, una balaustra di tipo tradizionale. La costruzione termina con tetto inclinato ad unico spiovente con la parte alta che crea un sottotetto, una camera d'aria, non praticabile. Appartenuto alla famiglia Casalini, attualmente il casino si trova inglobato tra le ultime case del quartiere rurale di Agna e le nuove cooperative edilizie nella confinante contrada delle Piane.

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Casino "delle Piane"

In un'area movimentata da leggere differenze alti metriche condotta ad uliveto, sorge il casino "delle Piane". Un toponimo che fa riferimento alla sua localizzazione nei pressi del punto terminale della "vicinale della Specchia" e dell'inizio della "vicinale delle Piane". L'intera area ha subito una profonda trasformazione, rendendo non semplice la lettura del vecchio assetto territoriale un tempo solcato da una rete di strade vicinali, dalle quali partivano le piccole carrarecce che collegavano i singoli poderi. Il casino si erge sulla spalla piombante di una vecchia cava parzialmente interrata e posta tra l'attuale via Agna e la via Columella, una strada, quest'ultima, che con il suo mdamento altimetrico leggermente più alto, infossa l'ingresso del casino. La costruzione, di modeste dimensioni si sviluppa su una pianta rettangolare con un unico piano terra. L'entrata si presenta con un cancello posto tra due pilastri sovrastati ia pinnacoli lavorati. Un corto vialetto immette sul piano 1i un'ampia cisterna che forma una tipica terrazza dalla quale si accede, tramite una porta finestra, all'interno della costruzione. Questa risulta composta da due ampi vani residenziali con affaccio sulla parete ovest e tre piccoli vani di servizio con il prospetto lungo le pareti volte a sud e ad est. Sul retro un piccolo cortiletto, sottostante l'edificio, consente, attraverso una scala, tagliata nella parete rocciosa, di scendere in quell'area un tempo orto e giardino del casino. La linea superiore della costruzione si presenta terrazzata, ma non praticabile anche se accessibile attraverso una scala interna che termina con un gabbiotto che sovrasta la linea della copertura. L'originalità del casino è determinata più che dalla costruzione in sè molto modesta, dalla sua collocazione sulla pare- te alta della vecchia cava, dalla grande cisterna che assume la funzione di una vasta terrazza e da un ponte che, scavalcando la cava stessa, consentiva, un tempo, il collegamento del podere e del casino con la "vicinale delle Piane". Attualmente il casino risulta inglobato tra il quartiere rurale di Agna e quello residenziale delle Piane.

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GROTTA DEI PIPISTRELLI - LGrotta dei Pipistrellia zona in cui è situata la Parrocchia è costellata di grotte, rifugio per uomini e animali, fin dalle più remote età. perchè si trovano in zone aspre e impervie che consentono la difesa e la fuga (nel passato una folta vegetazione ne  mascherava l'entrata). LA gente del luogo in questo modo era al riparo dalle belve e dani nemici  il cui arrivo si avvertiva per via del rumore prodotto sulla roccia che 2sotto il piè del viator risuona".
Fra tutte le grotte della zona, la Grotta dei Pipistrelli è la più importante, soprattutto dal punto di vista archeologico. Si trova a pochi chilometri dal centro del rione Agna e si raggiunge seguendo il corso della gravina verso Sud-Est (prende il nome dai pipistrelli che vi si stanziano numerosi).
Domenico Ridola dice che l'aspetto primitivo della grotta si è modificato nel tempo: infatti prima vi si accedeva in piano, ora si scende perchè il terriccio nerastro che si era ammassato nei secoli, costituito dallo sterco dei pipistrelli e delle greggi, ricco di sostanza azotate, fu utilizzato come concime dai contadini che per circa un secolo continuarono ad asportarlo. Si racconta che nel mezzo della grotta c'era una chiesetta cristiana distrutta da un re, dopo che aveva sepolta sua figlia insieme ad un ricco tesoro che nessuno mai è riuscito a ritrovare. La grotta fu abitata a partire dal paleolitico fino al fiorire dell'età dei metalli. Numerosi sono, infatti i reperti, oggi conservati nel Museo Nazionale "Domenico Ridola" di Matera, rinvenimenti che testimoniano il susseguirsi di numerosa gente nella grotta. Sono state ritrovate ossa infrante, avanzi di pasti, arnesi di pietra e di ossa molto vari per tecnica e tipo, e frammenti numerosi di vasi diversi per forme e dimensioni. Il fatto che questo luogo sia stato adibito a dimora è testimoniato dalla presenza di più focolari posti vicino l'apertura della grotta.    Inizio pagina

MASSERIA NUOVA, EX GRANCIA DI SAN FRANCESCO - Le masserie sono quelle strutture residenziali-produttive rurali il cui Grancia di San Francesconome deriva dal latino "massae", cioè blocco, insieme di immobili rurali che costituiscono un'azienda rurale. La masserie sono composte  da un insieme di corpi uniti fra loro, con funzioni diverse, circondati da ampi cortili dove si svolgeva la coltivazione dei campi e l'allevamento del bestiame.
Matera offre alcuni esempi di masserie, tra queste una nel rione Agna, precisamente lungo la S.S. 175 Matera-Montescaglioso. Questa masseria è chiamata "Masseria nuova, ex grancia di S. Francesco" il cui attuale proprietario è la famiglia Gattini.
Denominazione: Masseria Nuova ex grancia di San Francesco
Localizzazione: Contrada San Francesco, comune di Matera. 
Dati catastali: Matera foglio 113 particella 16 Dati topografici: I.G.M. foglio 201 IV NE Matera
Attuale proprietario: famiglia Gattini
 

Grancia di San FrancescoTipologia. La costruzione rurale si erge in posizione preminente costituita da un corpo centrale, un'antica torre quadrata, dalla quale si dipartono due bracci, uno verso sud, l'altro verso ovest. La masseria è recintata con un alto muro che oltre a contribuire alla difesa passiva, delimita grandi spazi destinati, uno alla custodia degli animali, un altro per il pascolo degli agnelli e un terzo per orto. L'ingresso attuale è a sud; sulla stessa recinzione esiste il vecchio ingresso murato, sul cui arco a tutto sesto è inserito lo stemma francescano, rnentre a monte si intravedono i resti di un campaniletto a vela. La costruzione è articolata in più corpi di diversa datazione; se ne possono individuare principalmente tre. La torre è il nucleo più antico e vistoso, probabilmente risalente al XIV secolo. Nata come torre di guardia, permette di spaziare lo sguardo su tutta l'ampia valle del Bradano. Alquanto tozza, è costruita in conci Grancia di San Francescodi tufo e poggia su roccia. Per le trasformazioni subite non è più individuabile l'ingresso originario. La torre, divisa in parte superiore ed inferiore da un marcapiano, è a tre ordini: il primo a livello dell'atrio, il secondo a livello dell'attuale cappella, destinato a soggiorno, il terzo composto di due vani, muniti di camino, adibito a camere da letto. Il coronamento si limita ad una semplice cornice su tre lati, essendone privo quello settentrionale distrutto nel momento in cui furono costruite le colombaie. Sotto il coronamento si aprono feritoie lineari. Quattro caditoie, una per lato, decorate sul fronte dallo stemma francescano in rilievo, sono poste in corrispondenza delle sottostanti finestre; due doccioni in terracotta si aggettano sul nato nord. Il primo corpo aggiunto, di fattura cinquecentesca, è sul lato ovest, ampliato e modificato nel tardo settecento con ingresso dal cortile. In questa struttura è ubicata la cucina. Sul Iato sud si sviluppa il corpo aggiunto nel XVIII secolo. Dopo un vano di servizio, la cappella con volta a crociera. Si legge la data di costruzione 1798. Alcune delle grotte poste nella corte furono utilizzate, all'origine, una per cappella, una per forno, una per frantoio, una per cantina e, la più vasta, con camino centralizzato con cappa, per ricovero dei salariati. Poco discosta una «pecchiara» ha i segni dei numerosi stalli tagliati nella roccia per la distribuzione delle arnie. All'ingresso della grancia, su piedistallo, si erge la statua di S. Francesco in pietra. L'azienda, fino alla soppressione dell'ordine dei francescani, veniva direttamente amministrata dai frati.

Notizie storiche.  La vita dei francescani al primo insediamento in Matera fu alquanto difficile: i pochi frati visseroGrancia di San Francesco di elemosine ed abitarono grotte presso la chiesa di San Pietro e Paolo. La tradizione vuole che la prima donazione in favore dei frati sia stata quella della miracolata di Pomarico. Con il passare degli anni i beni conventuali aumentarono grazie a continue donazioni ed elargizioni tra le quali quella consistente del barone Roverelli che lasciò il vasto territorio di Timrnari.
 
Il 23 settembre 1682 per mano del notar Tormnaso Tararufolo i frati acquistarono nella contrada di Chiancalata «seu Vazzola» del reverendo D. Giuseppe Dragone un "parco" con le seguenti caratteristiche: «ha moti locori"  (grotte), vicchiare, pozzi, e ricetti pecorini, cortili e camere sopra a modo di torre, sottani a uso di grottini, stalle, focagna, cortile serrato, palombari, puzzetto con albero di granate, ciliegi e fiche ed anche vi è dentro un cellaretto... Il parco è pieno di olive, olivastri... vi è una grancia con ogni comodo, dove li padri in qualche tempo ponno andare a diporto per ricreazione, come si suole a' i servi di San Francesco".
Il convento fu in continua ascesa sino agli inizi del XIX secolo; con le leggi napoleoniche fu soppresso nell'anno 1806, per cui i beni passarono parte al Comune e parte al Demanio dello Stato.

Con verbale di aggiudicazione del 16 Gennaio 1881 il "parco" fu assegnato al sig. Andrea  Giudicepietro fu Benedetto che il 3 Giugno 1885 acquistò il complesso comprendente: oliveto, frantoio, e camere per L. 19.287,43. Lo stesso Giudicepietro il 9 Luglio 1884 acquistava dal Comune di Matera l'altra parte dell'uliveto per L. 20.091,67. La masseria per successione passava alla minore Maria Nicoletta Vizziello, figlia della defunta Maria Raffaella Giudicepietro, e quindi agli attuali proprietari (Gattini).

Dal testo Masserie fortificate del Materano. A cura di Mario Tommaselli - Ed. Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania

CRISTO LA SELVA - La chiesa rupestre dedicata a Cristo Crocifisso, in contrada La Selva (per questo comunemente detta Cristo la Selva), è Cristo La Selvacaratterizzata dalla presenza di una facciata in muratura, affiancata da due loggiati identici e simmetrici sui due lati. La facciata, addossata all'originaria parete di roccia, è di stile romanico e termina con un frontone triangolare, con al centro un rosone a quadrifoglio. Isolato dalla chiesa, in posizione dominante sulla sinistra, si eleva un piccolo campanile.
La cripta non è mai stata abbandonata, e questo ha comportato varie trasformazioni e adattamenti nel corso dei secoli, che ne hanno in parte alterato l'originaria struttura. 
La chiesa si compone di una sola navata con soffitto piatto. L'interno è privo di elementi architettonici rilevanti, ad eccezione dei due confessionali interamente scavati nella roccia, posti quasi al centro delle due pareti laterali e composti da tre nicchie comunicanti.
Subito a sinistra dell'entrata alla cripta, una porticina immette nella sagrestia, piccolo vano di forma quadrangolare e con volta a botte; sullo stesso lato si trova un semplice altare ricavato nella roccia; a seguire esisteva un'apertura che permetteva il passaggio diretto dalla cripta al cenobio. Sulla destra dell'entrata si trova invece una spoglia cappella. Sulla parete dell'altare maggiore tre affreschi riproducono scene sacre. L'affresco più interessante si trova però sulla parete interna della facciata, raffigurante una Madonna con Bambino, risalente al XII - XIII secolo.
Sulla destra della cripta, alcuni gradini conducono ad una loggia esterna caratterizzata da due archi a tutto sesto. Oltre la loggia si trova un grande ambiente, che, tranne alcune nicchiette, non presenta caratteri peculiari significativi.
Sulla sinistra della cripta si aprono invece una serie di cavità che costituiscono un vero cenobio, costituito da sei vani di forma e dimensione diversa, posti a livelli differenti l'uno dall'altro. Tali ambienti in origine erano direttamente connessi con la chiesa ipogea. 
All'interno del primo vano, un camino di fattura relativamente recente testimonia la presenza di pastori che hanno trasformato l'originario cenobio in luogo di riposo e di ricovero. Sulla parete di fondo è interessante notare un grande giacitoio incavato e un fornello scavato all'interno di una grande nicchia. Una delle celle successive è delimitata verso l'esterno da una parete in blocchi di tufo e, ancora più esternamente, da una loggia a due archi, identica a quella presente sull'altro lato della chiesa. 

IL VILLAGGIO SARACENO - Il Villaggio Saraceno, in contrada Vitisciulo, con le sue 70 grotte costituisce uno dei migliori esempi di "Casale", villaggi Villaggio Saracenorupestri sedi di comunità laiche, abitati soprattutto nel periodo medievale.
Il nome, tramandato oralmente da pastori e contadini locali, può essere interpretato in più maniere: una prima interpretazione vuole che il casale sia statoVillaggio Saraceno scavato, fortificato e abitato da pirati saraceni, che avevano adottato questo luogo quale centro per le scorrerie nelle aree limitrofe; una seconda vuole che sia stato scavato e abitato dagli abitanti di Montescaglioso e delle contrade vicine che volevano sfuggire alle scorrerie dei pirati saraceni, che provenienti dallo Ionio, risalivano il Bradano, a quei tempi per un lungo tratto navigabile, per predare i paesi dell'interno; una terza interpretazione, sicuramente la più attendibile, spiega il nome del villaggio con l'appartenenza di tutta quest'area alla nobile famiglia Saraceno.
Il vasto villaggio rupestre occupa una posizione assolutamente strategica: è infatti completamente incassato tra due spalti di roccia, in una valletta laterale del torrente Gravina, che lo nascondono allo sguardo fino a quando non vi si è giunti sopra, mentre lo sguardo degli abitanti del villaggio può spaziare in tutte le direzione per molte chilometri.
La maggior parte delle grotte è esposta a sud - est per ottimizzare le condizioni di insolazione. L'interno delle grotte è sempre arricchito dalla presenza di Villaggio Saracenonumerose nicchie, di "boccole" per appendere lucerne o altri oggetti, di mensole dove riporre le derrate alimentari lontane dagli animali, di camini. Di solito un arco a volta introduce nella camera da letto, piccolo spazio dove sono evidenti sulla parete i fori per infilare i bastoni che reggevano il tavolato su cui dormire.
Sul piano sovrastante le grotte si possono osservare numerose tombe, anch'esse scavate nella roccia, alcune delle quali di piccoli dimensioni, destinate a accogliere il corpo di neonati e bambini piccoli, a dimostrazione che si trattava di una comunità stabilmente insediata in quest'area.
Un discorso a parte, in un ambiente così scarso di fonti sorgive, merita la raccolta e la conservazione delle acque meteoriche: l'acqua, elemento principale per la sopravvivenza della comunità, veniva raccolta grazie ad una fitta rete di canalette scavate nella roccia, ubicate sia nella parte alta che a mezza costa, destinate a convogliare le acque piovane in apposite cisterne, scavate anch'esse nel tufo e successivamente intonacate per ridurre la dispersione del prezioso liquido, presenti in ogni grotta adibita ad abitazione. Grondaie e canaletti scavati superiormente e sui due lati degli ingressi alle abitazioni, impedivano all'acqua piovana di penetrare all'interno delle abitazioni, convogliandola invece ai pozzi di raccolta. Sul fondo del piccolo vallone sui cui fianchi si arrocca il villaggio Saraceno si riscontra la presenza di altri serbatoi, che raccoglievano le acque piovane e quelle di scolo provenienti dai fianchi della valletta, dopo che queste avevano attraversato una serie di rozze vasche di decantazione.
Il Villaggio Saraceno, come molti altri presenti sulla Murgia, è stato utilizzato fino ai primi decenni del '900 da comunità di pastori che hanno adattato molte delle grotte ad ovili, fienili e anche a rudimentali caseifici.
L'importanza del Villaggio Saraceno e il numero elevato dei suoi abitanti è testimoniato tra l'altro dalla presenza di dueSan Luca chiese, a dimostrazione dell'importanza del momento religioso all'interno della comunità laica qui riunitasi.
La cripta del Vitisciulo, ad una navata, ha subito numerosi adattamenti e trasformazioni nel corso dei secoli che ne hanno cancellato o quasi i caratteri originari.
Molto più interessante la cripta di San Luca, considerata un "gioiellino bizantino". L'uomo, nel processo di adattamento e trasformazione di questi spazi rupestri, ha profondamente danneggiato la fattura dell'ingresso alla chiesa. Subito dopo l'ingresso si trova un piccolo vestibolo a pianta rettangolare, dal quale, sulla sinistra, si accede ad un altro ambiente, a pianta quadrata, riconoscibile quale fonte battesimale della chiesa, per la presenza di una conca semicircolare ad un livello più basso rispetto a quello del pavimento. Sulla destra del vestibolo si apre invece una piccola cappella scavata nella roccia, con resti dell'originario altare. Oltre il vestibolo, in successione e posti su piani differenti, si incontrano una serie di spazi liturgici: superati due gradini si accede all'aula della chiesa, caratterizzata dalla presenza di sedili lungo tutte le pareti, con la parete destra arricchita da una croce e da una lesena con capitello a rilievo; altri due gradini e si accede al bema o Sancta Sanctorum della chiesa, articolato in due parti distinte e separato dal resto della chiesa da un'iconostasi ricavata con opera di traforo della pietra; superata l'iconostasi ci si imbatte nel plinto dell'altare centrale, sovrastato da una cupoletta a cerchi concentrici scavata nella roccia, unica decorazione del soffitto, che nel resto della chiesa si presenta invece piano e disadorno; a destra e a sinistra dell'altare si trovano due nicchie asimmetriche (probabili diaconicon e prothesis), mentre nel vano absidale si trova una nicchia con sedile.
(dal sito internet http://www.terredelmediterraneo.org/itinerari/gravina_matera.htm).    

Created da Antonio Labriola