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ALESSANDRA MONTEMURRO

INNO ALLA PRIMAVERA

Il Quotidiano della Basilicata
5 Maggio 2003

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Mario Lasalvia, Cinzia De Giorgi, Felice Lucio Lionetti e Gregorio GiambaLa nostra Primavera era la verde carezza sui colli brulli e sulla terra nera, l'aria pura che scacciava l'umido fumoso della grotta. Era l'eco delle voci sugli usci che rimbalzava contro la roccia. Era il sorriso dei bambini che in frotta giocavano sulla piazzola del vicinato (…) Così, la nuova infanzia del vivere s'impregnava di profumi e tepori struggenti. Così, emozioni e fantasie cercavano la risonanza del canto, la coralità della musica e di una danza, segnando le nostre belle canzoni di nostalgie, di nuovi slanci dell'anima (…)": le belle parole di un Inno,Dino Daddiego, artista dell'Inno alla Primavera, scritto dalla Professoressa Marietta Russo, possono esprimere solo in parte le nostalgie, le emozioni, i ricordi, legati ad una stagione della vita che per molti è ormai trascorsa.
Così, ieri pomeriggio (4 maggio 2003), nelle splendide sale cinquecentesche di Palazzo Bernardini di Matera,  la musica ha tentato (con risultati soddisfacenti) di rievocare un passato non tanto lontano, andando oltre le parole per condurre in una dimensione puramente emozionale ed affettiva. Organizzato dall'Associazione Musicale "Bela Bartòk", in collaborazione con "Il Circolo del Buon Pensiero" ed "Il Bottegaccio" di Dino Daddiego, già promotori nel dicembre scorso del concerto "Le voci di ieri",  l' "Inno alla Primavera" ha offerto la possibilità a quanti (esperti e profani) vi hanno assistito, di fruire della raffinata musica del Trio Bartòk e delle melodie che un tempo si intonavano nelle sale da barba, quelle proposte dal gruppo dei "Musicanti della porta accanto".
Paolo Montemurro, Filippo Popia, Angela Martino, Mario Massari
"La vie en rose", "Summertime", "Non dimenticare" sono alcuni dei brani presentati da Nunzia De Giorgi (voce soprano), Felice Lucio Lionetti (chitarra classica) e Gregorio Giamba (violino) del Trio Bartòk. Filippo Popìa con il suo mandolino ha coinvolto i presenti proponendo brani della migliore tradizione napoletana ("Funiculì Funiculà") e romanesca ("Arrivederci Roma"); Mario Lasalvia, accompagnato dal mandolino di Filippo Popìa, dalla chitarra di Paolo Montemurro e dalle voci improvvisate del pubblico, si è esibito cantando  "Nun fa la stupida", "Come le rose", "Oi Marì"; le fisarmoniche di Mario Massari e della sua giovane allieva Angela Martino hanno deliziato i presenti sulle note di "Deligado", "Mazurka di Migliavacca", "Tango Bolero".
In conclusione, la consegna, in seguito al sorteggio di una persona fra il pubblico, di un bassorilievo realizzato daMario Lasalvia, Angelo Gravela, Felice Lucio Lionetti, Titina Vernile, Gregorio Giamba, Cinzia De Giorgi Dino Daddiego, ha suggellato l'evento, coniugando la tradizione delle antiche barberie a quella dell'artigianato artistico locale, ed assimilando entrambi i mestieri a quegli "antichi lavori" cui fa cenno l'Inno alla Primavera: "
Le mani si affrettavano agli antichi lavori, con la smania di ricominciare, di cambiare, forse solo di sognare (…) Nei nuovi rioni o in terre lontane, le nostre mani impugnano tasti e macchine, non si anneriscono al sole né si gelano con la neve, ma nell'infinito della memoria ci raccontiamo ancora le antiche favole riscaldate al sole di Primavera." Alessandra Montemurro.
(Il contenuto della pagina è stato pubblicato su Il Quotidiano del 5 maggio 2003).

"La nostra Primavera era la verde carezza sui colli e sulla terra nera, l'aria pura che scacciava l'umido fumoso della grotta. Era l'eco delle voci  sugli usci che rimbalzava contro la roccia. Era il sorriso dei bambini che in frotta giocavano sulla piazzola del vicinato. Il primo soffio e subito l'inerte quiete dell'inverso si dipanava, perchè la Primavera già viveva nell'attesa degli uomini piegati su una vanga, sul viso delle donne che spianavano il vento della murgia. Le mani si affrettavano agli antichi lavori, con la smania di ricominciare, di cambiare, forse solo di sognare. Così, la nuova infanzia del vivere s'impregnava di profumi e tepori struggenti. Così, emozioni e fantasie cercavano la risonanza del canto, la coralità della musica e di una danza, segnando le nostre belle canzoni di nostalgie,  di nuovi slanci dell'anima o, a volte, di maliziose indulgenze su fatti e persone.
Nei nuovi rioni e in terre lontane, le nostre mani impugnavano tasti e macchine, non si anneriscono al sole nè si gelano con la neve, ma all'infinito della memoria ci raccontiamo ancora le antiche favole riscaldate al sole della Primavera. E' sempre la regina delle nostre stagioni e sveglia la sete dell'anima di un giorno più nuovo, più caldo e luminoso, di un canto libero del cuore" (Marietta Russo).

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