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DOMENICO LASCARO 
ALBA

12.07.2012
Da Caronte a Minosse: una settimana di fuoco

MIGLIONICO (10 Luglio 2012). Innumerevoli sonno stati gli avvenimenti che hanno caratterizzato quest’ultima settimana. Il nostro gruppo ne ha selezionati alcuni tra i più importanti su cui intende esprimere il proprio giudizio: 1- elezione di Roberto Maroni a segretario politico della Lega Nord; 2- elaborazione del cosiddetto Spending Review da parte del Consiglio dei Ministri; 3- summit dei ministri economici europei a Bruxelles per definire le modalità di attuazione dello “scudo antispread”; 4- ennesimo richiamo di Napolitano ai partiti per emanare al più presto una nuova legge elettorale.

L’elezione di Maroni a segretario della Lega è avvenuta in un clima di grande tensione tra maroniani e bossiani. Ha vinto Maroni, come già da tempo stabilito, ma Bossi, eletto presidente, ha voluto rimarcare il suo peso politico con una serie di atteggiamenti che gettano un’ombra inquietante sul futuro ruolo dell’ex ministro dell’Interno. Infatti le reciproche dichiarazioni di queste ultime ore, su chi comanda nella Lega, creano non poco scompiglio all’interno del partito e in generale nella politica italiana.

Non è che a noi importi molto di quello che succede nella Lega, ma ci interessano gli obiettivi che si intendono raggiungere con il cosiddetto “nuovo corso” di Maroni: realizzare un blocco di potere leghista nelle tre regioni più grandi del Nord ( Piemonte, Lombardia, Veneto )in vista di una futura secessione dal resto d’Italia. Tale disegno si realizzerebbe con un accordo truffaldino col PDL; rinunciando quest’ultimo a porre propri candidati al governo della Lombardia, da parte leghista non partecipazione alle elezioni politiche del 2013 a vantaggio del Popolo Delle Libertà.In politica tutto è possibile, ma quando si vogliono perseguire solo fini di parte a danno del diritto dei cittadini alla chiarezza e alla verità, allora imperano l’imbroglio e la truffa.

L’attività più impegnativa del Governo in quest’ultima settimana è stata quasi interamente finalizzata a fare una revisione sui possibili capitoli di spesa pubblica da tagliare. Nominato a suo tempo un commissario straordinario, nella persona del Dott. Enrico Bondi, alla fine è emersa la necessità di tagliare, nell’arco di tre anni, 26 miliardi di euro , a cominciare dalla Sanità e via via fino agli Enti Locali passando per la scuola. Per giungere ad emanare un apposito Decreto Legge è stato convocato un CDM che si è protratto per oltre sette ore, data la difficoltà della materia in esame.

I risultati prodotti, com’era logico aspettarsi, hanno scontentato quasi tutti. Bersani si propone di dare battaglia in Parlamento per attenuare la “mazzata” su EELL e Sanità; i sindacati minacciano lo sciopero generale, le cosiddette lobby farmaceutiche annunciano la chiusura delle farmacie il 26 luglio prossimo; le regioni hanno preteso un immediato incontro col Presidente Monti per cercare di attenuare l’impatto traumatico che si avrebbe con i tagli annunciati. I partiti come la Lega, l’IDV e SEL minacciano sfracelli; solo il PDL si mostra d’accordo riversando sugli altri la responsabilità di protestare. Insomma sui tagli tutti sono d’accordo purchè a pagare non siano loro.

In verità i provvedimenti governativi non è che siano esenti da errori, soprattutto perché è stato usato un criterio poco selettivo e poco attento ai settori da salvaguardare, ma addossare ogni responsabilità ad un Governo tecnico, senza l’appoggio di una maggioranza coesa e ben definita, è davvero pretendere l’impossibile. La discussione,  già iniziata in Parlamento, potrà certamente migliorare alcune negatività, ma solo un futuro Governo politico potrà affrontare e cercare di risolvere i tanti problemi sul tappeto.

A cominciare dal taglio delle rendite abnormi e dei privilegi di casta, dagli sprechi enormi in tutti i settori e dalla corruzione straripante; non per ultima una decisa lotta all’evasione fiscale e alla illegalità dilagante. Sul piano più propriamente innovativo sarà indispensabile ripensare un nuovo modello di sviluppo che rilanci il lavoro ad ogni livello e garantisca il risparmio delle famiglie.

Sul summit dei ministri economici svoltosi a Bruxelles lunedì 9 per ratificare le misure antispread prese una settimana prima dal Consiglio Europeo non c’è molto da aggiungere, se si eccettua la decisiva ed efficace partecipazione del Presidente Monti in qualità anche di ministro dell’economia. I risultati positivi dell’incontro non erano affatto scontati, tanto è vero che per convincere Finlandia, Olanda e Germania ad accettare un ente supervisore sull’attività delle banche dell’eurozona c’è voluta tutta la pazienza di Monti e il prolungarsi fino a notte inoltrata della discussione.

Ma nonostante le misure adottate e la disponibilità dei soggetti in campo a difendere in tutti i modi l’euro, lo spread risale e le borse oscillano continuamente in un clima di incertezza e di instabilità. La ragione è che i mercati non si contentano dei buoni auspici e di astratte, dichiarazioni.di intenti. Esigono fatti e misure concreti finalizzati ad intraprendere un cammino che porti ad una vera stabilità finanziaria e politica in Europa.

Ribadiamo pertanto che, in assenza di una effettiva rinuncia a una parte di sovranità nazionale e di una pur minima regolamentazione economica, e politica, non si potrà avere una vera integrità europea, che rappresenti un  baluardo sicuro in difesa di qualsiasi minaccia esterna,economica o di qualunque altra natura. Il cammino è oltremodo impervio. Le basi si stanno ponendo. Non ci resta che sperare.

La pazienza di Napolitano dev’essere davvero infinita se da mesi invita i partiti a fare una nuova legge elettorale che cancelli il famigerato “porcellum”. A tale scopo ha convocato urgentemente i Presidenti di Camera e Senato, i quali oggi stesso hanno ancora una volta sentito i rispettivi capigruppo. Tutti si sono dichiarati disponibili a presentare in Parlamento un Disegno di Legge entro dieci giorni. Ma a giudicare dalle reiterate promesse non mantenute e dalle rispettive posizioni quasi inconciliabili, ci riteniamo autorizzati a dubitare fortemente che la promessa sarà mantenuta.

Per tale motivo, se proprio non ce la faranno, i partiti tutti prendano atto del proprio fallimento e affidino ai cittadini la facoltà di indicare un nuovo modello elettorale. Le vie potrebbero essere le seguenti: 1- definire alcuni principi fondamentali, quali stabilità e governabilità, rappresentatività e scelta diretta dei candidati, e affidare a 4/5 esperti di diritto costituzionale il compito di predisporre  un nuovo sistema elettorale. 2- incaricare le maggiori agenzie demoscopiche di programmare un maxi sondaggio con un campione abbastanza ampio – non i soliti mille. Sarebbero sufficienti anche 80/100 mila interpellati.- e sentire il parere dei cittadini su due o tre modelli da scegliere.

I risultati dell’una o dell’altra via attivata, se responsabilmente recepiti dai partiti   potrebbero rappresentare indicazioni preziosissime su cui far leva per emanare in Parlamento una legge democraticamente condivisa. Se, come si teme, per cancellare il “porcellum” si vuole ricorrere ad una sorta di “provincellum” per dare l’impressione di cambiare tutto per non cambiare nulla, nessuno potrà dopo lamentarsi perché la gente non sarà andata a votare.  Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it

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