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DOMENICO LASCARO


8 Marzo 2013

L’ora della responsabilità e del coraggio

MIGLIONICO. Se mi è consentito, vorrei esprimere le mie opinioni sulla situazione politica e sociale scaturita dalle recenti consultazioni elettorali. Sono Domenico Lascaro di Miglionico, elettore e iscritto non pentito al Partito Democratico.

I temi da trattare sono così numerosi e di tale urgenza che mi limiterò solo ad affrontarne i più importanti. Tra questi i risultati delle elezioni, la formazione di un governo che possa affrontare e risolvere con la massima urgenza i problemi  gravi del Paese, le responsabilità che i partiti sono chiamati ad assumersi alla luce della sfida che la cosiddetta antipolitica gli ha posto in modo così drammatico.

Risultati elettorali. Purtroppo, a causa di una dissennata legge elettorale, è emerso un  tale guazzabuglio che ne ha fatto tutti vincitori o, ch’è la stessa cosa, tutti perdenti. Ha vinto il PDL perché Berlusconi è riuscito in calcio d’angolo, come suol dirsi in termini calcistici, a limitare la più che probabile sconfitta. Ha vinto il PD perché è riuscito con alcune decine di migliaia di voti a conquistare la maggioranza dei seggi alla Camera; al Senato, pur essendo risultato il primo partito, non ha i numeri per formare un governo stabile. Il M5S, otre ogni aspettativa,  ha conseguito un tale successo che ha sconvolto i già traballanti equilibri politici.

Insomma ci si trova di fronte a un pericoloso e ingarbugliato enigma che metterà a dura prova la pazienza e la responsabilità del Presidente della Repubblica. Bersani si ritiene l’unico destinatario di un possibile incarico di governo poiché il suo partito detiene la maggioranza dei deputati. A tale proposito, nella Direzione del partito di oggi 6.3.2013,  ha proposto al movimento di Beppe Grillo di formare insieme un’alleanza di ”Cambiamento” per affrontare i più urgenti problemi del Paese. La risposta di Grillo, fin dall’apertura delle urne è nettamente negativa.

Il PDL dal canto suo, pur riconoscendo a Bersani il diritto di fare il primo passo per la formazione di un nuovo governo, ritiene indispensabile il coinvolgimento diretto delle proprie forze, se non altro per affrontare i problemi più urgenti del Paese. Ma le decisioni dell’odierna decisione del PD non prevedono alcun piano “ B”, cioè nessun accordo con il PDL. Dalema fa una proposta che oserei definire sconvolgente:  togliere di mezzo Berlusconi e trattare direttamente con Alfano per un governo di Unità Nazionale. E’ un’offerta truffaldina e offensiva di un partito con il 30% dei voti.

Questo è dunque lo stato dei fatti. Siamo alla paralisi più totale. Il Paese rischia  il disastro più assoluto sotto il profilo economico in primo luogo, ma altrettanto grave dal punto di vista sociale e morale. Che fare dunque? Le numerose proposte che provengono  da ogni parte sono tutte degne di attenzione ma irrealizzabili: il governissimo PD-PDL è respinto da tutto il Partito Democratico; l’accordo con i “Grillini” è visto come fumo negli occhi dalla stragrande maggioranza degli eletti del M5S; di una proroga all’attuale governo in carica, nemmeno a parlarne; di un ipotetico governo del Presidente che sia la fotocopia di quello tecnico attuale, sarebbe un altro disastro.

Insomma occorre pensare a qualcosa di diverso che trovi il consenso di una maggioranza il più possibile ampia in Parlamento. Occorrono responsabilità e anche coraggio da parte di tutti, soprattutto dai partiti che hanno a cuore i problemi del Paese.  E’ il momento in  cui tutti dovrebbero fare un passo indietro e deporre l’orgoglio di partito più o meno vincitore. Il primo arretramento spetta proprio a Bersani. Inutile continuare con l’illusione di formare un governo di minoranza con i Grillini. Hanno ribadito mille volte che non ci stanno; il loro obiettivo è spingere gli altri partiti ad unirsi allo scopo di distruggerli dall’opposizione. Col PDL è oggettivamente inopportuno. Perciò, caro il mio segretario, abbi la responsabilità e il coraggio, lo stesso che ha mostrato Benedetto XVI nel farsi da parte, di rinunciare preventivamente ad ogni ipotesi di incarico da parte di Napolitano e attendere che lo stesso faccia le sue valutazioni. Senza alcuna maggioranza al Senato e con una manciata di voti i più presi a livello elettorale non si può pretendere di governare da soli.

Lo stesso faccia Berlusconi. Il PDL ha perso, nonostante la rimonta insperata che il suo capo gli ha fatto conseguire. Caro Cavaliere anche per Lei è giunto il momento di lasciare ai suoi capaci “delfini” la gestione del partito. Ora che ha messo la testa a posto e si è fidanzato ufficialmente, si sposi e curi la sua giovane mogliettina;  si godi tranquillamente i nipotini che hanno tanto bisogno di un nonno così sorridente.

Anche Grillo, che ha conseguito al massimo il suo obiettivo di portare una forza rivoluzionaria in Parlamento, avrebbe tutto da guadagnare se lasciasse ai suoi seguaci la libertà di gestire questa fase difficile della governabilità. Sono persone umili, ma oneste e capaci di prendere con responsabilità e competenza decisioni importanti per il Paese. Il suo compito è finito. Il suo gesto di rinuncia sarebbe certamente percepito come altamente dignitoso e responsabile per aver generato un movimento di rottura e di stimolo per rigenerare le istituzioni del nostro Paese. Perciò, caro Grillo torni a fare il comico e faccia tornare il sorriso sui volti stravolti dalla crisi che attanaglia tutti in questo drammatico momento. Il Paese ti sarebbe riconoscente.

Ma qual è dunque  la proposta che ci farebbe uscire dall’impasse in cui siamo caduti? I capi dei tre partiti di cui sopra una volta deposto l’orgoglio e la voglia di farsi del male, dismesso l’abito del comando, si presentino immediatamente dal Capo dello Stato e gli suggeriscano la composizione di un Governo, che definirei tecnico-politico,  che abbia le seguenti caratteristiche: composto da persone competenti e di alto profilo morale, non di espressione diretta dei partiti, ma suggeriti dagli stessi in  proporzione alle loro forze. IL suo compito, di durata al massimo uno o due anni, consisterebbe nella riforma di una nuova legge elettorale con il doppio turno che in altre occasioni abbiamo definito “all’italiana”, cioè con la garanzia di una maggioranza stabile e con un minimo di rappresentanza concessa anche ai piccoli partiti che superino la soglia dell’uno per cento. Tra gli altri compiti: misure urgenti per rilanciare l’occupazione, dimezzamento del numero dei parlamentari e abolizione di qualsiasi privilegio; superamento del bicameralismo; riduzione del 50% delle Provincie e contestuale costituzione di Macro Regioni non in senso orizzontale, ma verticale. Chiarisco. Non divisione netta tra Nord e Sud, per esempio: Liguria, Piemonte e Toscana insieme; Trentino, Friuli e Veneto; Emilia, Lombardia e Umbria; e così via. E ancora: abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e riforma urgente della legge anticorruzione nell’ambito di quella della giustizia. Queste le più urgenti che nel tempo di un paio d’anni potrebbero realizzarsi prima di un voto anticipato.

Mi permetto ora di suggerire alcuni nomi che potrebbero comporre il futuro esecutivo: Fabrizio Barca presidente, Monti agli Esteri, Cancellieri all’Interno, Paola Severino  alla Giustizia, Gianni Letta vice presidente, e di seguito Pisanu, Amato, Massimo Cacciari, Dario Antiseri, Sergio Romano, Frattini e la Marcegaglia. Sono i primi nomi che mi vengono in mente; altri potrebbero suggerirli i rispettivi partiti, compreso il M5S, concordati con Napolitano. In caso di rifiuto dei Grillini, non sarebbe un dramma, si prenderebbero le loro responsabilità di fronte ai loro elettori. Quale sarebbe il vantaggio di un simile governo?  I partiti non sarebbero costretti ad appoggiare un esecutivo tecnico distante dai loro interessi, ma un governo in parte espressione delle proprie volontà. Darebbe inoltre il tempo e l’opportunità agli stessi di riorganizzarsi al proprio interno e affrontare con serenità le prossime consultazioni elettorali.

A proposito del PD, il mio partito di adozione, che cosa è urgente fare per rimetterlo in corsa per le prossime elezioni e in generale per il suo rilancio organizzativo? Immediata convocazione di un congresso  straordinario che indichi chiaramente le linee politiche che si vogliono mettere in campo. Dal primo segretario all’ultimo responsabile del più piccolo circolo cittadino dovrebbero presentarsi dimissionari perché le responsabilità di una simile dèbacle non è solo attribuibile agli errori, anche gravi del segretario nazionale, ma soprattutto alle strutture locali che nulla hanno fatto per informare  i cittadini  sulle scelte prese a livello nazionale. Ma la vera rigenerazione deve passare soprattutto da una nuova organizzazione che mette al centro nuove modalità di DEMOCRAZIA interna, a tutti i livelli, l’assenza della quale ha causato l’allontanamento dal partito delle forze più attive e capaci.

Certo Bersani ha fatto molti errori, ma la pressione di coloro che l’anno sostenuto per non perdere posizioni di comodo, non hanno permesso di scorgere l’ondata di protesta che proveniva dall’interno. Con Renzi si sarebbe certamente vinto, ma è bene chiarire che egli stesso ha rappresentato un elemento di divisione che non ha fatto bene al risultato finale. Ha creato un entusiasmo e una prospettiva di cambiamento che non è stato in grado di realizzare. Certo non per colpa sua, ma per coloro che gli hanno sbarrato la strada nel secondo turno delle primarie. Il suo errore però è stato quello di contendersi la leadership col segretario del suo partito per il governo del Paese. La sua voglia di cambiamento avrebbe trovato più consensi se avesse mirato alla guida del partito. Si convochi subito il congresso e si aprano le porte  a tutti coloro che vogliono apportare un vento nuovo di cambiamento e di reale partecipazione.       
Domenico Lascaro                                                                                            E-mail: d.lascaro@libero.it

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