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DINO CENTONZE
Il Quotidiano della Basilicata

11.07.2010
La storia
E’ lucana l’origine dell’Alfa Romeo
Nicola del MITO
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Foto: Il quotidiano della BasilicataMiglionico. In questi giorni la mitica casa automobilistica Alfa Romeo festeggia il proprio centenario. Mostre, raduni, dibattiti, pubblicazioni di ogni genere celebrano la secolare avventura di questo famoso marchio automobilistico che - vuoi per la presenza del Biscione o anche del simbolo araldico dei Visconti nel suo stemma di riconoscimento - viene percepito dagli italiani e, soprattutto dai settentrionali, come un prodotto del genio imprenditoriale lombardo. Ma le cose non stanno esattamente così… Infatti, facendo un salto nel tempo, alle origini di questa avventura imprenditoriale, simbolo di italianità e di stile in tutto il mondo, si scopre che l'Alfa Romeo ha avuto come fondatore un capitano d'industria meridionale, figlio primogenito di una famiglia lucana trapiantata a Napoli. Nel 1910, infatti, un gruppo di imprenditori milanesi acquistò i capannoni della fabbrica Darracq, una ditta francese in fallimento che avrebbe dovuto costruire in Italia automobili con meccanica d'oltralpe. Dopo aver dato vita ad una prima vettura tutta italiana, la 24 HP creata dal progettista Giuseppe Merosi, i nuovi proprietari entrarono in una profonda crisi economica e l'operazione fu segnata da un nuovo definitivo fallimento. Nel 1915 un giovane e lungimirante ingegnere meccanico del Sud acquistò i capannoni di quella che era stata denominata l'Anonima Lombarda Fabbrica Automobili aggiungendovi orgogliosamente al marchio esistente il cognome della propria famiglia. Quel signore si chiamava Nicola Romeo. La sua famiglia si era trasferita nella seconda metà dell'Ottocento a S. Antimo, un paesino dell'entroterra napoletano, ma era originaria della Lucania, esattamente di Montalbano Ionico in provincia di Matera.
Il giovane ingegnere, figlio primogenito di Maurizio Romeo (maestro elementare di Montalbano Jonico) e Consiglia Tagliatela, si laureò al Politecnico di Napoli e, dopo alcuni anni di studio in Belgio, dove conseguì una seconda laurea in Ingegneria elettromeccanica, tornò in Italia per cercare nuove opportunità nella nascente industria automobilistica italiana. L'occasione giusta si presentò proprio con l'acquisto dei capannoni dismessi dell'A.L.F.A. che furono in un primoFoto: Il quotidiano della Basilicata tempo utilizzati per soddisfare le ricche commesse militari derivanti dalla prima guerra mondiale. Archiviata la guerra, il giovane ingegnere, forte di una grande passione per i motori e della ricca esperienza maturata all'estero, diede un nuovo impulso alla fabbrica di autovetture facendola diventare in pochi anni quell'emblema di classe e innovazione meccanica che è sempre stato riconosciuto alle vetture Alfa Romeo da tutto il mondo automobilistico. Col nuovo capitano d'impresa, l'Alfa Romeo cominciò a vivere il suo periodo d'oro. Le prime vetture progettate nei cantieri Alfa Romeo di quel periodo cominciarono ad accumulare trofei e vittorie in tutte le corse automobilistiche , grazie anche alla guida di un giovane pilota di nome Enzo Ferrari. E poi ancora Ascari, Tazio Nuvolari, Campari. Sono di quel periodo le vetture storiche da corsa e da Gran Turismo più belle ed ammirate, come la Torpedo 20-30 HP; la serie RL o la RM con cui il pilota Ugo Sivocci vinse la prima Targa Florio nel 1923. L'avventura dell'ingegner Romeo nel mondo dei motori si concluse alla fine degli anni Venti, quando, a causa della crisi mondiale del '29 e di altre travagliate vicende finanziarie, l'Alfa Romeo passò definitivamente nelle mani dell'azionista statale, il quale, per risarcire degnamente il glorioso padre fondatore di quell'Azienda, lo fece nominare Senatore del Regno. Nicola Romeo morì alla fine degli anni Trenta, lasciando ai posteri che seppero raccogliere degnamente quella sfida pionieristica, un nome storico che è tutt'oggi un vanto per l'Italia dei motori e certamente anche per la terra d'origine della sua famiglia: la Lucania. Dino Centonze

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