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Il Quotidiano della Basilicata
12 Ottobre 2010
In anteprima un passo del libro in uscita domani
Vittorio e il bello della Lucania
Nel taccuino del critico [Sgarbi] i tesori di Miglionico e Irsina
Importanti testimonianze dell’arte veneta rinascimentale in due comuni del profondo Sud
(Leggi l'articolo dalla pagina de Il Quotidiano della Basilicata)
Polittico di Cima da Conegliano di MiglionicoNel saggio di Sgarbi ampio spazio è dato ai tesori di due comuni dellaVittodio Sgarbi (Foto: Salliland.it) provincia di Matera: Miglionico, Irsina. Riportiamo in anteprima un passo del libro in vendita da domani.
«NON so quanti lettori sanno che vicino a Matera esistono importantissime opere di arte veneta del Rinascimento, in due paesi che sono quanto di più lontano si possa immaginare dal Veneto. Il primo di questi paesi, Irsina, fino al 1895 era conosciuto come “Montepeloso”. È una suggestiva rocca sulla Valle del Bradano, lungo la strada che congiunge Gravina di Puglia a Matera, nata in epoca alto-medievale sui resti di un antico insediamento dei Lucani. Montepeloso ha avuto in passato una notevole importanza: si è sviluppato come centro agricolo e commerciale in epoca bizantina, è stato feudo dei Grimaldi, dei Riario e degli Viaggio sentimantale di Vittorio Sgarbi (Foto: Il Quotidianodella Basilicata.it)Sforza, ed è stato il massimo centro amministrativo della Lucania nella metà del Seicento. Il declino è corrisposto al primo Novecento, quando il paese venne abbandonato dai cittadini che preferirono emigrare in altre zone d'Italia, soprattutto in Emilia. Ex-sede episcopale, Irsina possiede molti edifici religiosi. Il principale è la Cattedrale, dedicata a Maria Assunta, costruita nel secolo XIII e ampiamente ristrutturata alla fine del Settecento; la facciata tardo-barocca convive con l'abside poligonale e la torre campanaria a bifore (un'altra torre, “civile”, curiosamente piatta sul davanti e curva nel dorso, sorgea poca distanza) che rivelano ancora la loro origine gotica. È all'interno dellaSant'Eufemia del Mantegna (Foto: dal sitoweb www.irsinanet.it) Cattedrale che si trova l'opera che ci interessa: una statua, in pietra dipinta, dedicata a Santa Eufemia, martire di Calcedonia giustiziata durante l'impero di Diocleziano, protettrice di Irsina, che una volta si voleva attribuire al cinquecentesco Pietro Lombardo. Da tempo, Clara Gelao, direttrice della Pinacoteca Provinciale di Bari, sostiene che la statua sia opera di Andrea Mantegna (1431-1506), uno dei più grandi artisti del Rinascimento non solo veneto. L'attribuzione fece scalpore, non solo perché sembrava difficile che Mantegna potesse avere avuto contatti con la Lucania, ma perché poco o nulla si sapeva della sua attività scultorea, che pure le fonti letterarie dichiaravano di conoscere. La Gelao ha successivamente chiarito le basi documentali che giustificano pienamente la paternità mantegnana della Santa Eufemia. Roberto de Mabilia, di Montepeloso, era andato a studiare a Padova, divenendo un benestante notaio ecclesiastico. Per farsi ricordare dai concittadini, assistiti a distanza in occasione di un'epidemia di peste, il Mabilia donò loro una statua e un dipinto dedicati a Santa Eufemia. Il dipinto, giunto al Museo di Capodimonte attraverso la raccolta del cardinale Stefano Borgia, è opera nota di Mantegna, una volta provvista di sportelli laterali. Se il dipinto fu  realizzato nel 1454, come viene riportato sulla tavola, è del tutto credibile che non solo facesse parte della stessa donazione comprendente la statua - avente la medesima altezza del Castello del Malconsiglio di Miglionicodipinto - ma che fosse identico l'autore di entrambe le opere: un padovano che allora era ancora giovane, il più dotato allievo dello Squarcione, in procinto di iniziare il capolavoro destinato a segnare una svolta nella sua carriera, la Cappella Ovetari. Il confronto fra la Santa Eufemia dipinta e quella scolpita (vedi sopra) spiega in maniera esemplare anche una delle motivazioni principali dell'arte giovanile di Mantegna: la resa accentuata del volume delle figure, a denunciare la conoscenza delle nuove leggi prospettiche e della scultura antica. Le opere di Montepeloso ambiscono a essere una cosa sola, perseguendo l'identità fra arte antica e moderna: una pittura che si faccia scultura, dotata di spessore tridimensionale (la Santa Eufemia dipinta appare all'interno di un arco che prospetta un vuoto alle sue spalle), e una scultura che si faccia pittura, “appiattita” e arricchita della sensibilità cromatica (la Santa Eufemia scolpita è situata in una nicchia). È un concetto nuovo di arte che cerca un'unità di forma al di fuori delle divisioni disciplinari. Scendendo da Matera verso il mare, prima dello svincolo di Ferrandina, s'incontra quasi subito Miglionico. A lungo feudo dei San Severino,Miglionico è in cima a un colle che viene dominato dal Castello del Malconsiglio, dove nel 1485 i baroni meridionali congiurarono contro il re Ferrante d'Aragona. Il tesoro più prezioso di Miglionico ha una storia in parte simile a quella della Santa Eufemia di Irsina. Negli ultimi anni del Cinquecento, un arciprete di Miglionico, Don Marcantonio Mazzone, divenne maestro di cappella presso la corte mantovana di Vincenzo Gonzaga, dedito al collezionismo artistico. Nel 1598, con l'appoggio del duca Vincenzo, Mazzone acquistò un polittico rinascimentale composto da diciotto tavole suddivise su quattro ordini, fra i più monumentali mai realizzati nei territori della Serenissima (Triveneto, Brescia e Bergamo), forse in quegli anni finito all'estero. Nello scomparto centrale del polittico c'è una Madonna in trono, sormontata in cimasa da un Cristo “passo” (patiens) in mezzo a un'Annunciazione. Ai lati della Madonna, vari Santi a figura intera (Francesco, Girolamo, Pietro, Antonio da Padova) e a mezzo busto (Chiara, Ludovico, Bernardino, Caterina d'Alessandria); negli sporgenti laterali e nella predella, privata del riquadro centrale, altre effigi di Santi francescani. Il polittico, datato 1499, è firmato da Cima da Conegliano (c. 1459- 1517), uno dei maggiori seguaci di Giovanni Bellini. La persistenza del modulo del polittico è sintomatica dell'atteggiamento complessivo di Cima, più moderato di quanto non fosse l'ultimo Bellini, in modo da conferire al dipinto un'aura votiva che poteva evocare la fissità delle vecchie icone bizantine. Se Bellini cercava nel sentimento della natura la congiunzione fra Dio e l'uomo, Cima sostiene ancora una netta distinzione fra l'ambito divino e quello umano. Il polittico di Cima venne destinato da Marcantonio Mazzone alla chiesa parrocchiale di Miglionico. Alla fine del Settecento, i baroni Del Pozzo lo dotarono di una nuova cornice, in gusto tardo-barocco; riconosciuto nel 1907 dal Wackernagel come opera autografa di Cima, venne restaurato varie volte nel corso degli anni seguenti, rimanendo a lungo presso l'Istituto Centrale di Restauro (Roma). Solo da poco più di dieci anni, il polittico di Miglionico è potuto tornare definitivamente nella chiesa di Santa Maria Maggiore».

Da Bolzano a Ragusa la mappa più intima di paesaggi e opere del Bel Paese
Il Viaggio sentimentale di Sgarbi nell’Italia dei desideri

DOPO il successo de “L'Italia delle Meraviglie” - oltre 3 mesi in classifica, 50.000 copie vendute, 7 edizioni - torna Vittorio Sgarbi con un nuovo, personalissimo itinerario attraverso il nostro Paese . E’ in libreria da domani “Viaggio sentimentale nell’Italia dei desideri”. Vittorio Sgarbi è inesausto come sempre; la sua curiosità non si ferma e così, a un anno di distanza, riprende ad accompagnare i suoi lettori alla scoperta di luoghi incantati dell'Italia e delle sue bellezze storico-artistiche. Da Bolzano a Ragusa passando per Milano, Pavia, Cremona, Mantova, Guastalla, Pisa, Roma, Capri, Capua e poi giù fino alla Calabria felix e alle Isole, per cultura e storia quasi due Continenti: Sicilia e Sardegna. Per passare dalla nostra Basilicata. Miglionico e Irsina i luoghi su cui il critico si sofferma, in modo particolare. Con una lunga appendice dedicata alle meraviglie, poco note ma strabilianti, della Liguria. Vittorio Sgarbi ridisegna così la mappa più intima di paesaggi e di opere che ognuno di noi conserva fra le proprie esperienze di viaggio. La cartografia diventa un viaggio senza sosta in un'Italia che oggi è qui e che domani dovremo cercare di lasciare ai nostri figli intatta, se non migliore, di bellezze e di umanità. Vittorio Sgarbi è nato a Ferrara. Critico e storico dell'arte, ha curato numerose mostre in Italia e all'estero, ed è autore di saggi e articoli. Dal luglio 2008 è sindaco del Comune di Salemi. Da Bompiani ha pubblicato Il bene e il bello (2002), Dell'anima (2004), Ragione e passione. Contro l'indifferenza (2005), Vedere le parole (2006), Clausura a Milano e non solo. Da suor Letizia a Salemi (e ritorno)(2008) e L'Italia delle meraviglie. Una cartografia del cuore (2009, in corso di traduzione in russo).

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