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DOMENICO LASCARO
Miglionicoweb 
7 Agosto  2011
Note di presentazione dell'opera: "Ho Scritto d'amore: voce di una mamma" di Fausta Losquadro

"Ho scritto d'amore: voce di una mamma" di Fausta LosquadroMIGLIONICO. Quando mi è stato chiesto di presentare l’opera della signora Losquadro dal titolo: Ho scritto d’amore: voce di una mamma, ho pensato ad una delle tante pubblicazioni che si stampano in questo periodo estivo senza alcun valore particolare.

Ma non appena ho avuto tra le mani il volume, mi sono subito reso conto di trovarmi di fronte a un’opera davvero unica e di grande pregio

Man mano che ho iniziato a sfogliare e a leggere le prime pagine sono stato preso dalla lettura in modo così intenso che avrei voluto finirlo in un soffio. Ecco venir fuori la prima qualità del libro: è scritto in maniera semplice e scorrevole, in una prosa che avvince e che tiene vivo l’interesse con un linguaggio nobile e allo stesso tempo alla portata di tutti: “colti e meno colti, credenti e non credenti”. La  semplicità della scrittura, unita alla levatura degli argomenti,  attribuisce all’opera una grande forza poetica e umana.

In particolare cerco ora di trattare più distintamente le caratteristiche dell’opera così come sono apparse alla mia riflessione. Il libro si divide in due parti principali: la prima tratta della vita e della perdita del figlio Mariano, che la mamma definisce “giovane comune, fuori dal comune.” La seconda si intitola : morte, fede: binomio di vita. In tutta l’opera si possono individuare alcuni protagonisti concreti e reali , altri di natura astratta o ideale, ma ugualmente palpitanti e vitali.

La figura assolutamente centrale è Mariano, di cui si narra la breve esistenza e la prematura scomparsa. Segue la personalità fortissima della madre, autrice e protagonista essa stessa. Non per ultima tutta la famiglia che ruota numerosa attorno alla umana vicenda di Mariano. Tra i protagonisti per così dire astratti cito il dolore, l’amore, la fede.

Ebbene io parlerò soprattutto del valore umano e letterario dell’opera; di quello spirituale e religioso rimando a chi mi seguirà che è non solo più competente, ma anche più degno, poiché io che in altre occasioni mi sono definito “l’ultimo dei credenti”, non posseggo una fede di ferro e spesso mi smarrisco nell’infinito mistero del creato e del suo creatore. Il mio Dio è incarnato nella figura storica di Gesù Cristo, il quale per primo ha infranto la legge del taglione (occhio per occhio dente per dente) e ha parlato agli uomini di perdono, di giustizia sociale e di uguaglianza.

Ma parliamo di Mariano. Nasce il 17 giugno 1966 a Pisticci, gemello della sorella Stefania; cresce in un’atmosfera familiare piena di cure e di affetto; è  un bambino vivace, attivo, curioso di tutto ciò che vede intorno. Colleziona di tutto, studia con grande profitto e si diploma geometra. Qualche anno dopo a Firenze si laurea in Architettura. Ama e pratica diversi sport, compresa l’attività di subacqueo. Frequenta l’oratorio , sorretto dalla solida religiosità della famiglia. E’ insomma un ragazzo normalissimo, anzi fuori dal comune, così come l’ha definito la madre.

In effetti si discosta non poco dalla “normalità” dei ragazzi di oggi. Non solo dall’accorata rievocazione che ne fa la mamma, ma soprattutto dalle numerose testimonianze di amici e conoscenti ne viene fuori una personalità davvero unica e speciale. Innumerevoli sono le qualità che tutti gli attribuiscono: è buono, affettuoso verso tutti i familiari; in special modo verso Stefania, la sua gemella. Studioso, leale, coraggioso, solare e aperto, sorridente e gioioso, ama la vita in tutte le sue forme, non escluse la natura e l’ambiente. 

Man mano che la sua personalità si va definendo in tutta la sua portata, emergono qualità davvero eccezionali che si caratterizzano dal punto di vista sociale e umano. Possiede notevoli capacità di mediazione dei conflitti ed è sempre pronto a sdrammatizzare ogni cosa;  ha grande senso di responsabilità e non esita ad assumersi impegni di carattere sociale e anche politico. Infatti è eletto consigliere comunale e si impegna nell’attività sindacale. Sotto il profilo umano, è solidale verso i più bisognosi e non si sottrae all’eventualità di poter donare se stesso agli altri.

Gli si riconoscono altresì qualità come la tolleranza, la fede nella democrazia, l’onestà e la ricerca dell’unità nella soluzione dei problemi sociali. Non ultime la passione e la professionalità che lo distinguono nel lavoro e nelle vicende politiche.

Senza esitazione, pertanto, si può definire la sua una vita esemplare e una personalità unica.; come tale da additare come esempio alle giovani generazioni.

Ma l’incanto sta per finire: il sogno, le speranze di un futuro radioso, la certezza di una vita serena, allietata dalla nascita del piccolo  Francesco, a pochi giorni dal quarantesimo compleanno, si infrangono in uno splendido mattino di giugno. Un tragico incidente lo strappa per sempre all’affetto dei suoi cari e all’intera comunità. Mariano non c’è più. E’ volato in cielo, dirà la madre.

Terminate le pietose pratiche che le circostanze richiedono, inizia il doloroso calvario per tutta la famiglia;  per la giovane moglie Elisabetta, la sorella Stefania, il papà Francesco, il fratello Massimo, il figlioletto che porta lo stesso nome del nonno, il cognato Franco, soprattutto per colei che gli ha donato la vita, la madre Fausta; per la quale iniziano ora un percorso e un processo a  dir poco inimmaginabili. Si vedrà sprofondare nel più cupo dolore, attraverso un tunnel di sofferenza e di disperazione da cui potrà risorgere , dopo enormi tribolazioni, con la fede ritrovata e la speranza nella salvezza divina.

Ma prima di affrontare questo percorso di emozioni e di sofferenze , provo a delineare il carattere e la figura di Fausta ,l’autrice dell’opera. Non esagero nel dire che è una donna davvero straordinaria. Orfana di padre in tenera età, tra ristrettezze e sacrifici si diploma e svolge la professione di maestra elementare per 33 anni. L’opera di educatrice però non si esaurisce con l’insegnamento, ma si potenzia con quella della catechesi e del volontariato presso l’associazione “Maria di Nazareth”.

Eredita dalla famiglia di origine la fede incrollabile in Dio che trasmette a tutta la famiglia. Famiglia che , come accennato, rappresenta il terzo vero protagonista dell’opera. E’ un nucleo indissolubile di rispetto e di amore che diventa un’unica espressione vitale nel momento dello sconforto e del dolore. Vivente Mariano, si respira in essa un’atmosfera di gioia e di serenità immense; si ride e si gioisce anche col solo stare insieme, non si dimentica mai di ringraziare Iddio per la condizione di benessere spirituale e mentale che si irradia in tutti suoi componenti.

Non è esagerato ripetere che è essa stessa una famiglia “esemplare”: per i rapporti armoniosi che intercorrono tra i suoi membri, il rispetto che ognuno nutre verso l’altro in un clima di amorevoli affetti. Ma la figura dominante della famiglia, senza nulla togliere al ruolo che il papà svolge con discrezione dietro le quinte, è dunque quella straripante della madre che regge le fila di tutto. Essa è la forza che tiene unito e solido il gruppo di famiglia a cui trasmette quella linfa vitale che non lo farà mai crollare nella”  buona e nella cattiva sorte “. La sua tenacia e la sua ferrea determinazione, le farà superare i momenti più bui e difficili.

Siamo così giunti alla seconda parte del testo. Come accennato, i protagonisti ideali che completano la struttura dell’opera sono il dolore, l’amore, la fede. E’facile immaginare come la scomparsa prematura e improvvisa di Mariano colpisce tutta la famiglia e in modo straziante la mamma ; essa cade in uno sconforto e in un dolore incommensurabili. La sua fede vacilla, i dubbi l’assalgono. Dio sembra averla abbandonata e il pianto si fa irrefrenabile .” Quando in una casa-essa scrive –entra la morte porta sempre uno scombussolamento, vi si crea un vuoto incolmabile che produce pianto e dolore; ma quando essa entra e con le sue grinfie crudeli ti rapisce un figlio, strappandolo prematuramente ai suoi sogni, ai suoi progetti nel pieno vigore dei suoi anni e delle sue energie… il vuoto si fa abisso, il pianto prende voce e si fa lamento, il dolore si fa lacerazione e la lacerazione fa sanguinare il cuore”.

Ne  deriva uno sconcerto immane che la disorienta, la smarrisce e le crea un’ansia opprimente. Sembra cadere in un baratro senza fine da cui dispera di poter uscire.  Ma  la fede che sembrava averla abbandonata si risveglia e si manifesta con rinnovato ardore e con una consapevolezza più matura e sofferta. Se dapprima era data quasi per scontata, ora si fa sofferenza e filosofia di vita; diventa meditazione sul proprio destino e su quello dell’intera esistenza dell’uomo. E’ il dolore che la sospinge  verso l’accettazione di un disegno divino, inaccessibile alla mente umana, ma proteso alla salvezza di tutta l’umanità. 

Questo percorso interiore di rigenerazione di sé, non avviene dall’oggi al domani, ma in un lungo periodo in cui si alternano disperazione e speranza. La sorregge l’alto senso di responsabilità nei confronti della famiglia,verso la quale ha il dovere di mostrarsi serena e colma di affetto. La vita deve continuare, sia pure nel ricordo e nell’assenza dei cari scomparsi. Dopo il lungo alternarsi tra sconforto e fiducia ritrovata, esce dal tunnel del dolore e, attraverso la fede, intraprende un cammino di amore che la spinge ad usare la sua sofferenza per tentare di lenire la pena altrui.      

         Organizza momenti di preghiera collettiva , fiaccolate in memoria dei defunti e reca conforto a chi come lei si vede strappato il bene supremo di un figlio. Dal buio più profondo emerge la luce divina che le illumina il volto ,che, se non è più gioia dirompente, è appagamento dei sensi e dell’anima. Serenità e letizia le danno ora la forza e la voglia di reagire. E’ allora che “lo sgomento si fa stupore alla luce della speranza, l’assenza si fa pienezza della divina presenza, il dolore si fa nostalgia, la nostalgia si alza in volo e si fa preghiera, la preghiera operante: carità”.

         E’ il momento che si fa concreta la certezza  che la morte non è per sempre e che i giusti vivranno in eterno nella grazia del Dio Creatore. In una delle poesie riportate nel testo è chiaramente evidenziata la speranza di una vita immortale.

         Mi avvio alla conclusione senza però aver speso alcune riflessioni di carattere generale sul valore poetico dell’opera e sulla sua valenza umana e morale. Non è un romanzo nel senso classico del termine, non un saggio di filosofia morale o teologica, non un affresco storico , né un’opera di autocommiserazione. Certamente non è un racconto di drammatiche e dolorose vicende personali; (giudizio espresso dal cardinale Tonini che ne cura la prefazione).

         E’ soprattutto narrazione e rappresentazione di profonde emozioni individuali che si allargano vieppiù, a guisa di cerchi concentrici, ai vicini più cari, alla comunità, ai lettori tutti, all’intera stirpe umana. E’ un percorso psicologico e mistico insieme che si origina in una singola persona e si irradia nella mente e nell’animo di quanti patiscono l’esperienza tragica della perdita di persone care. Il dolore da individuale si fa corale, si estende e pervade di sé non solo il lettore , ma scuote i sentimenti di ognuno; E’ l’uomo in sé che viene considerato essere solo al mondo, nella sua fragilità senza difese, se non nella speranza della salvezza in Dio.

         Non è dunque opera da considerarsi alla stregua di un sermone religioso, né una predica da un pulpito immaginario, è essa stessa un autentico atto d’amore inteso a lenire il dolore della condizione umana, come prova da sopportare in vista del Bene Supremo. Se Leopardi estende la precarietà e il dolore insopprimibile dell’uomo a tutta la natura, senza un filo di luce che potesse redimerlo, l’autrice considera il dolore e la sofferenza un mezzo per aspirare alla vita eterna attraverso la fede incrollabile in Dio.

         Qual è stata dunque la ragione che ha spinto l’autrice a sottoporsi all’ennesimo strazio di rievocare le fasi più liete della vita del figlio prediletto e la tragedia immane della sua morte? Quali le motivazioni che spingano il lettore alla lettura del testo?Al primo quesito ha ampiamente risposto l’autrice laddove così si esprime: “è un libro in cui morte e fede si fondono in un binomio di vita e il dolore si fa servizio. Il servizio è donazione e io faccio dono al lettore delle mie emozioni, quali estensioni della mia anima; della mia esperienza, della mia fragilità, della mia sofferenza, della mia serenità, del mio grido di speranza che vuole essere una eco per tutte le persone che soffrono e vivono il dramma della perdita di una persona cara. E’ un libro quindi che non è affidato alla teoria del verosimile, ma all’autenticità di un vissuto sperimentato sulla propria pelle.”

         Implicitamente in quest’ultimo passo è contenuta la risposta al secondo interrogativo. Io però aggiungo delle ragioni ancor più rilevanti. Oltre alla piacevole lettura dovuta alla scorrevolezza del testo e alla maestria con cui l’autrice tiene avvinto il lettore in un crescendo di emozioni e di penetranti rivelazioni, l’opera prende la mente e il cuore di chi legge, rafforza e consolida la fede dei credenti, corrode le certezze dei miscredenti. Ed è proprio quello che mi è accaduto. A me che, ripeto, non ho una fede incrollabile, questo libro mi ha lasciato un segno indelebile.Mi ha generato una congerie di riflessioni, suscitato una miriade di dubbi sulle mie presunte certezze e sui grandi interrogativi sulla vita e sul destino dell’uomo.

         Certo, sarebbe falso da parte mia affermare che ho intrapreso un cammino di ri-conversione. Sicuramente ne ho tratto un beneficio enorme in termini di conoscenze e di suggestioni psicologiche . Ha potenziato in me sentimenti e atteggiamenti che sembravano assopirsi; sentimenti che toccano la solidarietà umana, lo spirito di abnegazione, un senso più alto della giustizia, la sacralità della famiglia.

         In definitiva il valore del libro non si esaurisce nella comunicazione di buoni sentimenti e nella certezza della salvezza finale; per ciò stesso non è un trattato di etica , né un indottrinamento moralistico, men che meno una serie di buoni precetti; è sicuramente un atto autentico di educazione che scaturisce ,come per contagio, dalla esemplarità di vita personale e familiare -come si vede il termine ricorre spesso- che promana dal vissuto dei protagonisti. E’la fede incarnata nella mente e nel corpo, direi, che li tiene stretti e li addita agli altri come testimoni di verità e di amore.

Miglionico 3 agosto 2011                                                                  

                                     Domenico  Lascaro

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