Miglionico (Matera): Storia, Arte, Cultura e Tradizione (La balena di Pinocchio nel corridoio dell’istituto “Don Donato Gallucci”)

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ANTONIO CENTONZE 

26 Gennaio 2014

Dalla A alla Z.  La paradossale di lettura di lavoro e dintorni dello scrittore di Miglionico
Il Dizionario a tempo determinato di Gabriele Scarcia
di Antonio Centonze

MIGLIONICO. Dizionario a tempo determinato. E’ uno dei libri, elaborati dallo scrittore miglionichese Gabriele Scarcia, dedicato al sociale. Edito dalla Palombi editori, il libro che ha partecipato al Fondi Film Festival, è una “paradossale rilettura del Lavoro, del Precariato, della Disoccupazione e dell’Ozio, dall’A alla Z” come recita il sottotitolo che lo accompagna nelle edicole. La sua focalizzazione, in sintonia con l’attuale situazione italiana, è su un tema scottante: il mondo del lavoro. Argomentazioni fra il serio ed il faceto, fra lo scanzonato e l’ironico, esplicitate, per ognuna delle 21 “parole chiave” del mondo del lavoro ma con una rilettura particolare. Il libro ha avuto la presentazione firmata da Giorgio Benvenuto, già segretario generale della Uil  ed oggi Presidente della fondazione Bruno Buozzi che si occupa di studi politici e sociali. L’aforisma di Bertrand Russell: “penso che in questo mondo si lavori troppo, e che mali incalcolabili siano derivati dalla convinzione che il lavoro sia cosa santa e virtuosa; insomma, nei moderni paesi industriali bisogna predicare in modo ben diverso da come si è predicato sinora” è un invito alla riflessione che Scarcia pone, già in prima pagina, al lettore. Lavoriamo per vivere o viviamo per lavorare? Questo il dilemma che, nella mente di ognuno, ogni tanto aleggia e che l’autore con voce sarcastica, allusiva, provocatoria e a volte dissacrante, cerca di sciogliere, raccogliendo, per le 21 voci, dalla A di  “Assunzione “alla Z di “Zero assoluto” passando per l’Infortunio, il Mobbing, la Raccomandazione, il Precario, delle definizioni paradossali. Definizioni paradossali, cui sono associate le illustrazioni di Davide Manzi, con le quali racconta il mondo del lavoro e del “non-lavoro” da diversi punti di vistaUn non-lavoro su cui Scarcia si sofferma descrivendo tecniche ed espedienti per mantenerlo tale. Un lavoro creativo con un mix d’ingegno e fantasia è quello che invece traspare come ottimale dalle pagine di un libro che lo stesso Scarcia definisce “a tempo determinato” ossia con una “scadenza”. Una scadenza che non ci faccia perdere la speranza che qualcosa possa cambiare e che il “dopo” possa essere migliore. Un libro che naviga fra certezze opposte sul “posto fisso”, fra chi, considerandolo come l’oro, lo desidera perché è quello che permette alle banche di erogarti il mutuo e chi invece è per la libertà e  quindi il “posto fisso” lo vede come fumo negli occhi e per questo lo demonizza e lo evita. Un’indagine antropologica che si presenta alla valutazione  raccontando una doppia Italia.  Alla lettera H di Horizon, viene ricordato l’ordine di Mussolini agli italici lavoratori nel lontano 1941, quando lamentandosi del sistema “che consiste nell’avviarsi all’ufficio alle 8 per essere al tavolo di lavoro alle 8,15 se non più tardi” con un “Esigo che tale deplorevole abitudine abbia immediatamente a cessare” promise di punire chi non la osservava con la perdita della giornata. E qui Scarcia fa seguire considerazioni positive sulla “decrescita” criticando le idee, sempre le stesse, paventate dai governanti, per la maggiore produttività. “Consumo responsabile e rifiuto del superfluo –le parole di Scarcia.  Non aggiungere “fatica alla  fatica”, riducendo o accorpando le festività facendo perdere, al tempo stesso, significato a date storiche, religiose o socialmente rilevanti “. Su ogni lettera dell’alfabeto, ci sarebbe da disquisire per ore e ore. Alla I di Infortunio si legge “Può essere escamotage per congedarsi temporaneamente dal lavoro. Può essere utile farlo con premeditazione per lasciare un segnale di “occupato” sul proprio posto che non potrà essere usurpato da altri.”  Parafrasando il film di Sordi, “Bravissimo”, in cui interpreta un maestro elementare precario, narra degli infortuni concordati per garantirsi supplenze. Uno spaccato dissacrante di atteggiamenti e comportamenti gaudenti al limite della truffa.  Ma questa è l’Italia. E alla Z, ultima lettera dell’alfabeto che chiude il Dizionario,  alla voce “Zero assoluto” l’autore intende suggerire la risposta da dare a chi vi chieda se abbiate un lavoro. “Non ve ne vergognate –precisa Scarcia, fra il serio ed il faceto,  perché è un piacere inesauribile godere della libertà!” La frase di Lorenzo de Medici, “ciascun apra bene gli orecchi, di doman nessun si paschi; oggi siam giovani e vecchi, lieti ognun,femmine e maschi, ogni triste pensier caschi:facciam festa tuttavia. Chi vuol essere lieto, sia: di doman non v’è certezza” è quella scelta da Scarcia per congedare il lettore  abbandonandolo ad una moderna riflessione. Antonio Centonze 

Gabriele ScarciaGabriele Scarcia è nato a Miglionico (Mt) nel 1973. Attualmente vive fra Miglionico e Roma. Laureato in Conservazione dei Beni Culturali, ha intrecciato negli anni la passione storica alla passione letteraria e artistica. Collabora con diverse testate giornalistiche tra le quali "La Gazzetta del Mezzogiorno" e "Avvenire". Menzione al merito al Premio Letterario Basilicata 2011 e premiato come “Lucano Insigne” nel 2012. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni eterogenee e numerosi contributi in cataloghi d'arte e saggi. Fra i suoi libri pubblicati ricordiamo: “Di Roma. Digressioni su arte, luoghi e personaggi di una capitale insolita” edito nel 2010, che ottenne una recensione sull’Annuario della Pontificia insigne Accademia di belle Arti e Letteratura dei Virtuosi al Pantheon, “L'arciprete” edito nel 2007, “Il più tristo di tutti. Storia di un patriota lucano nel Risorgimento italiano” edito nel 2009. Nell’ultimo, edito nel dicembre 2013,  “Li villani lo chiamano male consiglio”, narra del Castello di Miglionico, comunemente detto del Malconsiglio. Racconta del perché un barone del Regno di Napoli tradì i suoi pari che congiuravano all'unisono contro il re Ferrante d'Aragona. Spiega come mai i francescani commissionarono un affresco simbolico per descrivere le sciagure della famiglia Sanseverino. E per quale motivo, un intero centro abitato, dal 1485 venne appellato dai villani come "male consiglio". Antonio Centonze

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