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RAFFAELE NIGRO
La Gazzetta del Mezzogiorno
20 Febbraio 2012
Giambattista Matera il liberale lucano
di Raffaele Nigro
Quando Garibaldi entra in Potenza trova una città già ribellata ai Borboni. Cos'era accaduto mentre si preparava l'azione da Sud? Quali fermenti si erano verificati nella regione lucana e chi li aveva prodotti? La gioventù lucana era attraversata da ventate libertarie e se a Nord si formavano circoli progressisti, a Sud non si era da meno.
Tra i tanti che si erano iscritti a vendite carbonare, Gabriele Scarcia, giornalista e studioso lucano, individua un ribelle avvocato di Miglionico, suo paese natale, del quale poco sapevamo prima dell'uscita di «Il più tristo di tutti. Storia di un patriota lucano nel Risorgimento meridionale», edito da. Giuseppe Laterza. «Il più tristo», come verrà bollato dai suoi concittadini è Gìambattista Matera, liberale e unitarista fino nelle ossa.
Nasce il l0 luglio 1819 a Miglionico dal massaro di campo Serafino e da Angela Maria Terlimbacco. Avviato agli studi nella cittadina che fu feudo dei Sanseverino, si laurea in Legge a Napoli e si sposa nella capitale il 20 dicembre 1840, a ventidue anni, ma la sfortuna comincia a perseguitarlo da giovane e resta in breve tempo privo dei due bambini avuti dalla donna. La giovane moglie si ammala e Matera resterà anche vedovo. Si risposa quattro anni dopo con una ricca proprietaria di Miglionico, Angela Caterina Corleto, dalla quale avrà un erede: Serafino. A questo punto il Matera potrebbe viversi una vita quieta, ma il demone della politica lo possiede. Guadagnato infatti alle idee mazziniane, rientra nel paese natale e si iscrive nel 1848 al «Circolo Costituzionale Lucano», fino a diventare capo della Vendita di Miglionico. Questi giovani facinorosi fanno paura al popolo, che di suo è conservatore e cerca quiete, per cui anche Giambattista non gode di buona reputazione in paese. È una testa calda, vuole la repubblica, crede nella Costituzione e in una repubblica senza Borboni. È proprio un demonio e non a caso viene soprannominato a sfottò «il paglietta».
LA GIOVANE ITALIA - In quegli anni nella provincia di Potenza un agitatore di popolo come Ferdinando Petruccelli della Gattina di Moliterno aveva gettato i semi politici della «Giovane Italia». Matera se ne lascia permeare e si mette a capo dei moti del '48 tenendo discorsi nelle campagne e purtroppo per lui anche in paese. Gli accade così di pronunciare un discorso sedizioso in un caffè di Miglionico davanti a persone che correranno immediatamente dall'autorità costituita. «Matera ha detto che bisogna dividere i beni demaniali tra i contadini, invadere quei terreni, unirsi ai cittadini di Grottole per fare causa comune contro i Borboni». Il facinoroso finisce ovviamente- in manette e la sua posizione si aggrava ulteriormente quando 1'8 agosto del' 48 una sommossa di contadini causa la morte violenta del conte Gattini a Matera. il processo criminale a suo carico recita «Provocazione a cambiare il legittimo attuale Governo con discorsi e letture di scritti in luoghi pubblici; eccitamento de' sudditi ad armarsi contro l'autorità Reale, a proclamare la Repubblica etc». Ce n'è quanto basta per essere incarcerato. Tuttavia un'amnistia seguita ai fatti del' 48 lo vede a piede libero, Ma l'animo liberale e mazziniano del Matera non trova pace. E dieci anni dopo lo troviamo ancora coinvolto in fatti politici, allorché viene trovata una bandiera tricolore sospesa a un olmo nei pressi del monastero di San Francesco di Miglionico. I sospetti cadono ancora su di lui e il carcere gli si spalancherebbe di nuovo se non avvenisse l'insurrezione del 18 agosto 1860 a Potenza. Il comitato insurrezionale dichiara decaduta la dinastia borbonica. Un proclama del governo Pro dittatoriale lucano emanato da Garibaldi lo nomina segretario governativo insieme ai padri fondatori della Pro-Dittatura: Nicola Mignogna, Giacinto Albini, Rocco Brienza, Nicola Magaldi e Gaetano Cascini. Successivamente, con decreto regio viene nominato . il 16 settembre I860 giudice della Gran Corte Criminale e poi graduato nella Guardia Nazionale per la repressione del brigantaggio. Matera è uno dei più solerti difensori della Nuova Italia. Antiborbonico convinto e fedele ai Savoia, batte la campagna a caccia di. briganti che taglieggiano e si oppongono all'Unità. In un romanzo edito a Milano nel 1954 di. Marino Leogrande, «Cristo non si è fermato a Eboli" tenendo conto della libertà inventiva dei romanzi, si narra l'uccisione macabra di un brigante)tale Capacchione, in territorio di Miglionico. L'uomo reo di un rapimento, viene catturato per ordine di Matera e dopo la fucilazione sottoposto a decapitazione. Dopodichè la sua testa è infissa su un palo e sospesa per i capelli all'orologio della piazza.
LA TERRIBILE NOMEA - Insomma si accreditava, sebbene per questioni di ordine pubblico, la nomea che voleva il Matera. «il più tristo di tutti». Nominato successivamente consigliere liberale del comune di Miglionico e poi deputato, il «Paglietta» non godette mai di stima. popolare, sebbene un documento attesti che fu grazie a lui che l'8 ottobre 1871 passò la delibera di formazione di un complesso bandistico cittadino affidato alla direzione del maestro Pietro Del Medico.
Ma la sfortuna perseguitava quest'uomo, che perse ancora una volta l'unico figlio avuto dalla Corleto. Morì, all'inizio del nuovo secolo, ma si narra che il funerale fu funestato da tafferugli. La sua bara venne infatti fermata e presa a calci da facinorosi e profanata con schizzi di orina.

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