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DOMENICO LASCARO
16 Febbraio 2015

Ecco il sol che ritorna, ecco sorride...
di Domenico Lascaro

MIGLIONICO. Sarà vero? Voglio servirmi, questa volta, di un verso di una bellissima poesia del Leopardi per commentare, con più serenità e col solito humor, l’approvazione in Senato dei 41 emendamenti del Governo sulla legge istituzionale della seconda camera repubblicana. Se mi rimarrà un po’ di spazio, accennerò a un altro problema che mi sembra di grande attualità: si tratta della prerogativa dei parlamentari di esprimere il proprio voto “senza vincoli di mandato”.

Avevo terminato il mio ultimo “editoriale” - un omaggio a Mimmo Sarli che, bontà sua, ha voluto definirmi “editorialista “ - con l’augurio che la notte del “rodeo-parlamentare” avrebbe portato consiglio. Ma così non è stato. Tutta l’opposizione, dai grillini ai leghisti, dai forzisti ai “selisti”, con qualche scheggia impazzita dei ribelli del Pd, è uscita dall’aula. La manovra è stata approvata da 308 deputati, uno in più del numero legale.

I giudizi dei politologi – quelli veri – su un tale provvedimento sono alquanto difformi, soprattutto di quelli più interessati. C’è chi paventa il rischio di un’involuzione autoritaria; chi invece è più che soddisfatto perché, finalmente , è stato fattoun passo decisivo verso una legge che si attendeva da oltre un ventennio. Berlusconi, dopo averla sostenuta per tutto un anno in quel del Nazareno, effettua una virata a “361°” e, per bocca dell’ineffabile “sora” Brunetta, promette di far vedere “topi colorati”, per dirla in termini civili.

Entriamo, però, nel merito della questione. Molti dei critici, o non hanno per niente letto il testo in discussione o, come grillini e forzisti, cercano pretesti per accoppare il Governo. Io stesso sono stato alquanto critico, ma alla luce degli ultimi emendamenti governativi, il giudizio si è fatto meno tranchant. Non entro nei particolari, ma allo stato dei fatti sono stati introdotti tali e tanti accorgimenti da servire come contrappesi al paventato strapotere dell’esecutivo.

Restano immutate le prerogative del Senato delle autonomie; finisce il bicameralismo perfetto e si mette fine alla “navetta “ tra le due camere; abolito il Cnel e quasi azzerate le Province; introdotto il referendum propositivo e una via preferenziale per i disegni di legge del governo, senza limitare l’autonomia del parlamento. Un’altra importante modifica prevede che le leggi elettorali saranno preventivamente sottoposte al giudizio di costituzionalità della Consulta. La deriva autoritaria, pretestuosamente temuta dalle opposizioni, è pertanto ridimensionata.

Renzi stesso, comprensibilmente soddisfatto del risultato ottenuto, ha finalmente assunto un atteggiamento più moderato e promette maggiore ascolto nei confronti di tutti. Ritornerà davvero il sereno? Me lo auguro, perché la situazione internazionale si sta facendo ogni giorno più pericolosa. Gli attentati di Copenaghen, l’esplosiva situazione in Libia, sulla quale mi riservo di tornare a breve, la traballante tregua in Ucraina, sono la spia di un futuro incerto e gravido di eventi funesti.

Per chiudere questo primo argomento, mi permetto di dare un piccolo “consiglio” al Presidente Renzi: date queste premesse, perché non apportare un’ultima correzione al processo di riforma in atto, e renderlo accettabile a tutte le forze in campo? Perché non consentire che il Senato sia eletto direttamente dal popolo, col solo sistema proporzionale? Sarebbe la cosa più saggia da fare, allo scopo di fugare ogni dubbio di incostituzionalità e di rendere le Istituzioni autenticamente democratiche. Pensaci Giac…volevo dire Renzino.

Solo un cenno al secondo problema che ho promesso di trattare. Riguarda l’annosa questione, sollevata dal M5S, se agli eletti in Parlamento vada riconosciuta la libertà assoluta di voto. Il dettato costituzionale è molto chiaro al riguardo: “ ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione senza vincolo di mandato”. Ma la Lega e il Movimento di Grillo chiedono di abolirlo e sancire che ogni parlamentare voti secondo le direttive del partito; in caso di dissenso, dovrebbe dimettersi da parlamentare.

La questione, come si vede, è alquanto delicata. Nonostante la mia ignoranza in materia, azzardo una mia opinione. E’ vero che la Costituzione nel merito è tassativa; io penso però che voglia riferirsi principalmente agli eletti designati, sì dai partiti, ma scelti nella cosiddetta “società civile”, cioè personalità libere da qualsiasi credo politico. In questo sono in netto dissenso con Eugenio Scalfari, il quale sostiene l’assoluta libertà di ogni parlamentare di dissentire dalle direttive del proprio partito.

Io sarei del parere che, qualsiasi esponente di partito, compresi gli eletti, che ne condivide regole e valori, abbia il dovere di attenersi scrupolosamente alle decisioni della maggioranza. Ma ad una sola condizione: che i regolamenti interni a ciascun partito siano disciplinati per legge, a garanzia della libertà di pensiero di ciascuno e del primato della democrazia in tutti gli aspetti della vita sociale. Potrò anche sbagliarmi, ma la discussione sia aperta. Domenico Lascaro
( d.lascaro@libero.it )

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