Giacomo Amati

GIACOMO AMATI

19.03.2016

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MIGLIONICO
Referendum "Antitrivelle": dibattito  a cura dell'associazione culturale "La Fucina"

MIGLIONICO. Referendum anti-trivelle del 17 aprile. Come votare? Il tema è stato al centro dell’incontro dibattito che s’è svolto ieri sera (venerdì, 18 marzo), a cura della locale associazione culturale, “La Fucina”, nella sede ubicata in vico “Madonna delle Grazie”. Nel corso del dibattito, che è stato sapientemente introdotto dal prof. Domenico Lascaro,  sono state messe a confronto le ragioni del sì e quelle del no. In particolare, il relatore Lascaro ha osservato come il referendum costituisca un “esercizio importante di democrazia”, precisando che i motivi del sì e del no siano entrambi validi in quanto sottendono questioni legate sia alla tutela dell’ambiente ed alla valorizzazione del turismo sia allo sviluppo economico ed alla difesa dei posti di lavoro. Da qui la domanda: è possibile trovare un punto di equilibrio per risolvere il problema nel modo più soddisfacente possibile? Da parte sua, Giovanni Finamore, vigile urbano in pensione, ha precisato che “dovrebbe essere la classe dirigente, cioè il potere politico a prodigarsi per cercare i giusti equilibri e stabilire i limiti di compatibilità tra lo sviluppo economico e la tutela dell’ambiente, al fine di tutelare l’interesse generale dello Stato italiano. Spesso, però, la classe politica è latitante sotto questo aspetto e dà l’impressione di voler sfuggire a quelle che sono le proprie responsabilità”. Giuseppe Clementelli, ha osservato che il referendum anti trivelle “riguarda solo le attività petrolifere presenti nel mare italiano, cioè entro 22 chilometri dalla costa e non quelle sulla terraferma”. Quindi, s’è chiesto: “Saranno fermati i giacimenti in attività quando scadranno le attuali concessioni”? Infine, Vito Simonetti ha spiegato che “votare sì non serve soltanto a fermare le trivelle, ma anche a chiedere politiche di messa in sicurezza del territorio e nuovi investimenti nell’utilizzo delle energie rinnovabili (fotovoltaico che sfrutta l’energia solare e pale eoliche che utilizzano l’energia del vento)”. A favore delle ragioni del no, è stato osservato come smettere di usare gli impianti entro le acque territoriali italiane significherebbe sia perdere gli investimenti fatti fino a oggi e quelli futuri sia perdere numerosi posti di lavoro. A conclusione dei lavori, Lascaro ha ricordato che “per estrarre petrolio, le compagnie petrolifere devono versare allo Stato Italiano dei diritti, le cosiddette “royalties”, ma queste sono molto basse, tra il 7 e il 10 per cento del valore di quanto si ricava dall’estrazione”. Giacomo Amati

Created by Antonio Labriola-Mail - 10 Luglio 1999 - Via Francesco Conte, 9  -  75100 Matera - Tel. 0835 310375