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Dr. Prof. Amalia Marmo
Poetessa e scrittrice

Amalia MarmoAmalia Marmo è nata a Miglionico (MT). Si è laureata in lettere classiche presso l’Università degli studi di Napoli, con il massimo dei voti. Insegnante di lettere nelle Scuole Medie, ha conseguito molti riconoscimenti letterari regionali e nazionali,per
La sua carriera.Nel 1992-93 ha ricevuto il premio regionale ABS Associazione Basilicata Spettacolo il primo premio regionale per la trasposizione teatrale del libro di Carlo Levi “ –Cristo di è fermato ad Eboli” nel concorso “ Una storia per il teatro”, dal cui testo sono stati tratti i lavori teatrali della compagnia “ La Mandragola”. Successivamente lo stesso è stato di spunto per il lavoro di Ulderico Pesce.
Tra i numerosi premi letterari si segnalano in particolare:
- Prima classificata -Concorso “ Lucania in versi “ M. Marconato” CE.CA.M. - Centro Culturale Magna Grecia- Marconia I^ ediz.;
- Seconda classificata e Medaglia d’argento- Concorso Premio Nazionale di poesia “ Carolina Bregante” Associazione donneuropee Federcasalinghe Sez. Ina Di Bello-Monopoli, con l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica I^ ediz.;
- Prima classificata –Concorso “Poesie e Autori di casa nostra “Associazione Culturale Messaggi Lucani”- Nova Siri I^ ediz.;
- 1° Premio al concorso nazionale “Albino Pierro“ dell’Associazione culturale “Magna Grecia“ di Torino (anno 2006 );
- 1° premio “ Isabella Morra “ concorso nazionale di poesia in lingua italiana – Associazione Culturale Magna Grecia – Torino – rispettivamente anno. 2007 per “ Vento del Sud “ e anno 2008 per “ Le Rose di Pieria “. E’ presente in varie antologie di poesia e critica letteraria. La poesia di Amalia Marmo si impone per qualità estetiche e per l’icasticità del linguaggio e dei temi, presenta una struttura dinamica, catalizza l’attenzione del lettore, lo strega (sollecita i fruitori del messaggio ad una intrinseca profonda riflessione). L’autrice si rivolge al lettore con una voce ora arcana ora mite proponendo un itinerario di conoscenza e di fraterna coscienza della comune sorte. Esistenzialismo, ontologia e trascendenza si saldano in un unicum prezioso che definirei vitalista. Amalia è una poetessa sedotta dall’immagine, incantata dal suono della parola. Dal punto di vista formale l’autrice dimostra di avere un personalissimo ed originale linguaggio che dispone di ritmi e moduli propri dove è presente l’azzardo del nuovo pur nella conservazione del classico. Le sue parole nascono dal profondo, da una coscienza che veglia , la coscienza della poesia. Uno STILE a volte non ben definito, incostante, e per questo denso di creatività, la sua lingua non è il parlato comune ma forbito linguaggio, l’espressione è curata , cangiante, scintillante. La poesia di Amalia merita altri approfondimenti e riflessioni critiche e penso può avere un compito importante nella poesia contemporanea nel recuperare la misura dell’uomo nel tempo, nell’appropriarsi della memoria, nel riaffermare la sacralità, lo stupore, l’incanto del vivere. Poesia che riflette una spiccata personalità con tutte le implicazioni intellettuali, estetiche, liriche ed etiche che ne derivano dove l’arte è il luogo creativo della perfetta libertà.
Dobbiamo essere grati ai poeti quando non si lasciano coinvolgere nel disfacimento, quando fanno sentire una presenza nel vuoto che tende a prevaricare sulle nostre speranze e sulle nostre ragioni ( G. Modugno ).
Di lei Mario Trufelli ha detto: la lirica di Amalia Marmo è poesia essenziale, non si dilata, si ferma al punto giusto per dare al lettore preziosi spunti di profonda riflessione, obiettivo principe della vera e bella poesia.
Giovanni Pietro Lucarelli redattore della rivista on line “ La Fenice “ afferma “ le poesie di Amalia sono quadri di autore impreziosite dall’amore per la cultura e per questa sua inclinazione verso l’insegnamento, così ne diventa l’apostolo assumendo un punto di primo piano e di richiamo nella patria dei grandi poeti “ La Lucania “. Un vero talento della nostra terra “.
Maria Cera, antropologa docente di didattica linguistica presso l’Università di Verona osserva:”Ne “ Le Rose di Pieria” Amalia Marmo sollecita il lettore ad una attenta riflessione e conoscenza del “se”, partendo da tutto ciò che è terreno e visibile e grazie alle immagini alimentate dalla sua potenza verbale ” apostrofa” l’animo umano a rinascere dalla caducità del tempo superando tutte le negatività.

Vento del Sud
Le rose di Pieria
Mnemosyne. Fili di memoria


                       LA MUSA MALIOSA DI AMALIA MARMO

Le rose di Pieria è il titolo della nuova silloge lirica di Amalia Marmo. Nata a Miglionico nel Materano e domiciliata a Marconia di Pisticci, la Marmo, docente di lettere, ha al suo attivo numerosi premi in prestigiosi concorsi nazionali e figura in antologie di poesia e critica letteraria.

Ultimo in ordine di tempo 1° Premio MOICA Arte 2008 – 18° premio letterario concorso internazionale di poesia e narrativa “ Maria Scarcella  Padovano “ di Taranto, il giorno 12/12/2008.

Già nel titolo questa raccolta presenta – come scrive uno dei tre prefatori, il critico Mario Santoro – “un che di sognante per lontananze spazio-temporali”; e la lirica epònima, arieggiante il puro nitore dei lirici greci, palesa i temi della “caducità del tempo terreno”, della “continua aspirazione verso l’alto” e della memoria del passato. Anche nelle quarantacinque liriche di questa nuova raccolta, come nella pregevole silloge Vento del Sud, l’autrice palesa un animo sensibilissimo, innamorato della poesia, e insieme una accattivante osmosi dei suoi affetti e del “suo” paesaggio, “vagheggiato come luogo dell’anima”. Anche qui il discorso è segnato da una plastica visività, che riflette l’adesione fervida all’iridescente scenario della natura ritratta nella sua inebriante solarità, pur se a volte quello spettacolo suscita la nostalgia di beni perduti o è simbolo di dolorose memorie.

Al centro de Le rose di Pieria è appunto l’io dell’autrice in un cangiante rapporto con la natura, ove si riverbera la sua fragrante sensibilità, con la passione d’amore e l’inquietudine esistenziale – venata di ansia metafisica – che induce un frequente ricorso al messaggio degli animali o delle cose: esse, oltre che materia di contemplazione idillica come in Pascoli, o amate evocatrici di un passato mitizzato, sono spesso l’éliotiano correlativo oggettivo dei sogni e delle delusioni del suo animo oscillante tra empito vitalistico e disincanto: ne sono esempi lacerti come Plenilunio,o l’immaginoso Le medesime stelle; o i versi assorti di Come maggese, animati dal rimpianto dell’amore e della giovinezza. Un’atmosfera in cui è fecondo vettore lirico il tema del vento, topico nella poesia del grande conterraneo Albino Pierro; così come esiti felici attinge l’ispirazione religiosa: è il caso di Ave Maria, preghiera delicata, o di L’eco dei profeti, soffusa di umiltà.

Qui, più che nella precedente silloge, si avverte la lezione dell’ermetismo (di Montale in particolare) e di Emily Dickinson, di cui riprende l’ardimento analogico e metaforico come la propensione verso le ellissi, cara all’imagismo. Analogamente vi tralucono la reiezione di ogni compiaciuto descrittivismo fine a se stesso e la rarefazione dei nessi sintattici, modi peculiari alla poetica del primo Ezra Pound. Una lezione sapientemente metabolizzata; un’opzione, peraltro, coraggiosa, in quanto implicante il rischio – accresciuto da un certo pudore lirico – di opacità semantica. Procedimento a lei congeniale è – suggerisce nell’ampia prefazione Giovanni Modugno – “la tecnica del contrasto, il gusto delle antitesi”; anticonvenzionale il suo ductus, letterariamente avveduto ma originale, “personalissimo” il linguaggio, nel suo vigore di invenzione, lontano dalla “piacevole cantabilità” e dai giri armonici tradizionali. Alieno dal sottoporsi al capestro delle “forme chiuse”, esso gode di frequenti enjambements e di rade rime e assonanze, e celebra i suoi momenti di grazia quando l’osmosi dell’io con lo scenario naturale, svincolato da indugi raziocinanti e da accumuli analogici, si dispiega con nitore iconico increspato di sentimento, con trasparenza di metafore o “immaginosa verginità contemplativa”: doti manifeste in pregevoli segmenti lirici: “un sapido caldo di neve”; “vegliano i calanchi / sotto una tenda di latte, / di stanca nebbia s’adornano / nei contorni di luna”; “i dolori bussavano / guardinghi alla tua porta”; “riverberi di insegne luminose / come scintille di stelle frantumate”.

Un testo, dunque, che ribadisce felicemente la fragrante ricchezza psicologica, la suggestione lirica e l’originalità espressiva della Musa maliosa di Amalia Marmo.

FRANCO TRIFUOGGI (già Preside dei Licei  di Stato, saggista e critico letterario e cultore della Poesia di Albino Pierro)

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Introduzione di Raffaele Nigro, Presentazione di Raffaele Trifouggi.

ORGOGLIO ANTICO. Sembra di addentrarsi in un’appendice del Cristo di Levi tale è la liquidità di scrittura di questo libro che consigliamo a chi ama leggere. Amalia Marmo scrive un romanzo autobiografico che si presenta fatto in due grandi racconti, il primo, una memoria indelebile che ricostruisce la propria infanzia a Miglionico, città a pochi passi da Matera, il secondo è la storia di Angiolina e del suo amore per un giovane medico apparso  d’un tratto sulla scena narrativa. La Marmo ha letto molto, autori come Dostojevskij, Shiller, Manzoni e autori più sentimentali, come Balzac, Hugo, la Invernizio e la narrativa d’appendice. Mentre nella prima parte c’è il bisogno di ricostruire la propria giovinezza in casa della nonna, nella seconda c’è una storia di crescita e di innamoramento che sorregge la trama. Emergono  nella felice capacità descrittiva della Marmo oltre medaglioni partecipati della Basilicata  del dopoguerra e di un paese amato come luogo in cui si è formata la sua anima giovanile, creature tagliate a tutto tondo, nonna Amalia, per esempio, la vera protagonista del romanzo, e della quale l’autrice porta il nome, persona fine e assennata, che sa condurre un’esistenza da signora di rango, senza porre distanze sociali tra sé e la servitù, una donna che consiglia il marito ma non prevarica mai le sue scelte e che sa amare la nipote, futura narratrice, con dedizione direi materna. In questo romanzo si  rivela la capacità della Marmo, nella ricostruzione dei rapporti, dei caratteri, dei sentimenti con una passione descrittiva che ricalca la tradizione  ottocentesca. Non mancano dunque nel libro gli ingredienti propri di un romanzo classico, la morte prematura di zia Paolina, la fermezza dei nonni e dei genitori, un velo di profonda religiosità che fa appello costantemente ai dettati della Bibbia e del Nuovo Testamento, le coordinate di un mondo e di un tempo ormai in via di estinzione. Un racconto dove si mette in risalto la finezza descrittiva di un’autrice che quegli anni mostra di averli vissuti con profondità di osservazione, tempi in cui il Sud si andava ricostruendo e scivolava da una stagione contadina e di miseria a un’altra di borghesia e di più evidenziato benessere (http://www.osannaedizioni.it/index.php?id_product=745&controller=product).

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Antonio Rondinelli. Un sostantivo e un attributo pesanti il titolo di questo libro, che richiamano l'aria de "Il gattopardo", solo che qui sono l'affresco di un piccolo paese lucano e di piccola nobiltà di provincia. In questo primo romanzo di Amalia Marmo, che si avvale della "Nota introduttiva" di R.Nigro, e della Prefazione di A.Trifuoggi, emerge la Lucania/Basilicata di C.Levi e R.Scotellaro, povera ma dignitosa, basata su valori e rapporti umani gerarchizzati, sì, ma accettati e vissuti senza boria, sulla religione (che diventa religiosità) semplice, intrisa e unita a magia, paganesimo e a pietàs popolare. La prima parte del libro, alquanto autobiografica, è il ritorno all'infanzia e alla fanciullezza, il rifugio nel mondo incantato, colorato e trasferito dalla dimensione reale a quella della rievocazione, che attinge al sogno e, per la sua levità, alla poesia: Amalia Marmo, prima di quest'opera in prosa, ha pubblicato alcune belle e pregnanti raccolte poetiche. La seconda parte subentra alla prima e vi si inserisce in un felicissimo intreccio concettuale, psicologico, narrativo e linguistico. Lo svolgimento del racconto è reso interessante dal quasi colpo di scena di pag 88, che, prepara l'abbrivio al disvelamento, alla catarsi finale ed alla spiazzante conclusione del romanzo. Sagace, riuscito, invisibile, ma diffuso e percepito in ogni pagina il lavoro di creazione-rievocazione di personaggi e tipi, fatti realmente accaduti e avvolti nel sogno e nel ricordo. Centrale, ieratica e matriarcale è la figura di nonna Amelia, di cui l'Autrice porta il nome con non dissimulato orgoglio, depositaria di valori e ricordi, fonte dell'immaginario e della vena creativa della "nostra" Amalia. Il personaggio della nonna e l'atmosfera creata dal e nel palazzo di famiglia richiamano la figura fiabesca ed onirica di Ursula, la nonna di "Cent'anni di solitudine". Scolpito nella pietra, ostinato il carattere del nonno cui si contrappone quello altrettanto duro di Angiolina. Insieme ai personaggi principali non mancano macchiette, " u scettabanne"(il banditore), le servette, le prèfiche ai funerali, che rendono sapida e variegata la storia, che attinge a piene mani nell'antropologia lucana e meridionale. Provenendo dalla poesia, lo stile della Scrittrice di Miglionico(MT) non può che essere elegante, connotato da levità ed apparentemente semplice, frutto di solida cultura classica e sapiente labor limae. Tante le descrizioni e le divagazioni, apparentemente fuori contesto, che concorrono a creare un clima particolare ed un'atmosfera rievocativa e al tempo stesso realistica. Le poche figure retoriche ingentiliscono il periodo, ben costruito, che scorre fluido con una paratassi ed un ritmo disteso, consono alla narrazione rievocativa e d'atmosfera. Alcune pagine di considerazioni, riflessive ed introspettive, fanno pensare allo stile di certi autori classici russi, a J.Joyce e I.Svevo, ma, nonostante ciò ed il proprio ricco humus culturale cui attinge, possiamo dire che la Nostra con questo suo primo romanzo ha creato uno stile suo, personale, originale: lo stile di Amalia Marmo.

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Recensione di Raffaele Nigro

Al Circolo La Scaletta presentazione del libro 'Orgoglio antico' di Amalia Marmo Sabato 27 aprile 2019 (24.04.19)

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La poetessa Amalia Marmo è considerata dalla critica letteraria regionale e nazionale novella Emily Dikinson per il suo coraggioso ardimento metaforico ed analogico ed anche la poetessa che porta in tasca l'universo con l'uso della parola.
La sua ultima raccolta di liriche "Il vento leggerà. Gradita sintonia", edita per i tipi di Setac, apre con una tenera ed affettuosa dedica al padre che, oltre ad un grande amore, le ha dato le ali e le ha insegnato a volare alto. A tergo della copertina un pensiero dell'autorevole critico letterario Mario Santoro completa la prefazione al testo di illustri critici quali Francesca Amendola e Franco Trifuoggi, saggista, cultore della poesia di Albino Pierro, oltre che vincitore, nel 1973 e nel 1998 del Premio alla cultura della Presidenza del Consiglio conferitogli per i suoi numerosi articoli di critica letteraria e i suoi saggi.


PREFAZIONE A
IL VENTO LEGGERA'
"Che non finisca qui / datemi un punto solo / che il mio canto continui...". L'auspicio espresso nel 2007 da Amalia Marmo nei versi della pregevole raccolta Le rose di Pieria trova ora compimento nella nuova silloge, il cui titolo, Il vento leggerà – Gradita sintonia ripropone significativamente un vettore lirico (il tema del vento) già operante in quella silloge e già presente nel titolo (Vento del Sud), della precedente, apprezzata raccolta del 2004. La gentile poetessa e docente lucana, gratificata di numerosi premi e riconoscimenti lusinghieri, e presente in varie antologie di poesia e di critica letteraria, offre qui una nuova prova della sua vena creativa e della sua perizia letteraria riconosciute da illustri critici.
Il motivo del vento, caro al suo grande conterraneo Albino Pierro, presente in più di un componimento della nuova silloge, come "battito" o "vampa assillante" o metafora dell'instabilità o sibilo soave, permea di sé la lirica eponima: "...il vento / non sa leggere, / e forse non lo sa, / coglie i fiori più belli / in avvenire, / non semina diamanti / ma sogni di cristallo...". E conclude i versi intensi e accorati di Quasi lucerna al vento: "...Quasi lucerna al vento / tremola l'anima spenta". Anche qui, comunque, come nella silloge precedente, appare centrale la personalità romantica dell'autrice con la cangiante ricchezza della sua sensibilità e la sua inquietudine esistenziale, che animano una sofferta meditazione sul passato e sul senso della vita, in una con un'acuta introspezione, non di rado disposte all'ascolto delle voci della natura, della "vampa del vento", del "soffio caldo dell'estate", all'evocazione del "profumo dell'erba / bagnata, sotto il sole", del "sapore della terra", ove ella ritrova il senso della propria poesia: "il fantasma della vita / ardentemente dipinta, / i colori dell'iride, / la salsedine del mare, / i fiori incastonati / nei margini del tempo / come pietre, intatte, / o testimoni effimeri / di un paradiso perduto...". La vita o la morte sono state, per lei, come "un sogno vivente / un gioco d'azzardo / una catena di montaggio / di giorni, scavalcati / all'ombra del sospetto o / attesa ansiosa di un tenero avvenire, / ... /... un sogno, un incanto alternativo, poesia / ... / o ringhiera di gioie, illusioni mancanti / sorprese inaspettate di scalini che / salivo in fretta"
(http://www.pisticci.com/cultura-spettacoli/9194-il-vento-leggera-la-prestigiosa-critica-letteraria-all-ultima-opera-della-poetessa-amalia-marmo.html).

 

  Amalia Marmo - Profumo di terra, poesia tratta da "Vento del Sud". Primo premio concorso internazionale di poesia in linguia italiana. Associazione Magna Magna Grecia Lucana. Torino
   
 


Clicca qui o sull'immagine a fianco per leggere il profilo di Amalia Marmo pubblicato sul sito web della regione Basilicata

 
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