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DOMENICO LASCARO
13 Febbraio 2015

Compagnia...dietro front
di Domenico Lascaro

MIGLIONICO. Avevo iniziato a scrivere questo intervento con l’intento di commentare le vicende politiche italiane col solito spirito canzonatorio, ma le ultime vicende parlamentari mi spingono a usare toni più seri e risentiti. Ciò che sta succedendo in queste ore lasciano allibiti e sconcertati come non è mai accaduto nella storia dell’Italia repubblicana.
Il Parlamento si è trasformato in una bettola degna dei più scalmanati avventori. Tutti contro tutti. Opposizioni contro le forze di governo; minoranze di partito contro le rispettive maggioranze. E’ un caos indescrivibile. La stanchezza e l’eccitazione notturna sfociano nell’oltraggio e nelle aggressioni personali. E’ uno spettacolo indecoroso e indegno di una nazione civile. Solo a guardarlo suscita una tale indignazione da far ribollire in sangue nelle vene.
Chiedo scusa al lettore per questo mio sfogo personale, ma non vedo altro modo per esprimere tutta la mia disapprovazione per quello che sta succedendo. Qual è dunque la materia del contendere che provoca un tale indecente bagordo? Sembrerebbero esserci in palio la vita e la sopravvivenza dell’intera nazione. Si tratta di molto meno. Sono in gioco solo interessi di parte e ripicche personali. Il pretesto sono le contestate riforme istituzionali e il metodo di condurle in porto.
Il vero obiettivo, però, è di far cadere il governo, prima che la riforma elettorale estrometti dal parlamento piccoli o grandi partiti i quali, con tale provvedimento, ne resterebbero fuori. Forza Italia che, finora, ha condiviso e votato quasi tutti i provvedimenti in discussione, compie un clamoroso dietro front e minaccia sfracelli se il governo non blocca le riforme già quasi del tutto approvate.
Brunetta, quasi a sollevarsi un po’ più in alto, si erge a paladino della democrazia e invoca l’intervento di Mattarella che non ha contribuito ad eleggere. Fitto, cui sono stati dati i 15 giorni di preavviso dal “cavalier servante”, non sa più cosa fare: restare alle dipendenze di Berlusconi o emigrare chissà dove. I 5S, i maggiori facinorosi della bagarre, hanno deciso di “salire sull’Aventino” e sperare nella caduta dell’esecutivo. Anch’essi sono presi dalla sindrome dei sondaggi calanti.
La Lega non vede l’ora di trascinare il paese al voto e, oserei dire, si unisce ai vecchi compagni di “merenda”. Il gruppo di SEL, capitanato da quel parolaio vanitoso di Vendola, non vede l’ora di salire sul colle aventiniano per dimostrare tutta la sua inconsistenza e la sua colpevole irresponsabilità. Come si può notare, è in atto il tentativo di rovesciare forzatamente il governo e tentare la via delle elezioni anticipate, per cercare di salvare poltrone e posizioni di potere. Non importa se si correrà il rischio di portare il paese allo sfascio e alle soglie di un regresso autoritario.
E del PD, cosa dire? Già in altre occasioni ho espresso non pochi dubbi sulla prospettata riforma del Senato; dell’Italicum ho condiviso la necessità di approvarlo così come è stato licenziato dal Senato; ma, date le circostanze e l’urgenza di completarle, prima di rendere nulli il tempo e il sacrificio che hanno comportato, occorre non piegarsi ai ricatti e andare avanti senza esitazioni.
Chi si si opporrà dovrà prendersi la responsabilità davanti al popolo italiano. Che dire, inoltre, dell’atteggiamento di alcuni ”ribelli” della minoranza del PD? Fassina e Civati hanno minacciato di unirsi all’armata aventiniana. Si vede che i compari vendoliani gli sono più simpatici. Ebbene, se tale strappo sarà portato alle estreme conseguenze, non resta che l’espulsione immediata dal partito, secondo le modalità indicate da Papa Francesco in una recente intervista televisiva. Chiudo questo mio polemico intervento alle ore 19,00 del 13.febbraio, sperando che la notte riporti tutti alla ragione. Domenico Lascaro (
d.lascaro@libero.it)

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