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DOMENICO LASCARO
14 Febbraio 2015

In ricordo di Michelangelo Laforgia
di Domenico Lascaro

MIGLIONICO. Nel manifestare il mio compiacimento per la lodevole iniziativa dell’amministrazione comunale di intitolare una via del centro storico a Michelangelo Laforgia, ringrazio il sindaco Angelo Buono per avermi dato l’opportunità di poter esprimere, ancora una volta, sentimenti di affetto e di stima per il compianto Michelangelo.

Nel breve tempo che mi è concesso vorreiaccennare alle sue qualità umane, agli aspetti più salienti della sua arte e alle motivazioni che l’hanno reso meritevole di un così importante riconoscimento.
Tutta la sua vita è un esempio di grande dignità umana e di civile valore.Nasce in un periodo di estrema indigenza economica e sociale. Anch’egli, come tanti nostri progenitori, ancora adolescente, non sfugge al doloroso destino di affrontare il duro lavoro dei campi. Tale “apprendistato” si protrae fino al momento di partire soldato.

Durante il secondo conflitto mondiale, all’entrata dell’Italia in guerra, è tra i primi a prendere parte alle operazioni belliche. Fatto prigioniero dagli Inglesi, in un isolotto sperduto del Pacifico, inizia per lui un lungo periodo di patimenti e di privazioni. La crudeltà della guerra e i suoi effetti di dolore e di mortene segnano lo spirito e l’animo.

Le sofferenze e le pene cui è sottoposto ne rafforzano,però, il carattere e la volontà. Se il corpo è costretto all’inattività, la mente è in continuo fermento. Con i più disparati stratagemmi, si procura pennelli e colori; desideroso di riempire il vuoto di un tempo interminabile, si inizia all’arte della pittura, cercando di raffigurarsi i luoghi più cari del suo paese.

Terminata la prigionia, torna in patria, “appende la zappa al fico”, come egli stesso ebbe a dire, fugge via dalla terra “maledetta” e intraprende il nuovo lavoro di decoratore; ma non dimenticherà mai l’insegnamentoe la saggezza dei “padri” contadini. Più niente si opporrà alla ferrea volontà di tentare nuove esperienze lavorative che gli consentiranno di realizzare le sue aspettative di vita.

E’ il periodo dell’obbedienza totale al potere politico; ma l’ indomito spirito di libertà, che sin da ragazzo caratterizza la sua indole ribelle, non gli fa mai chinare la testa, ma assumere una condotta di vita, autonoma e libera, che si rivelerà appieno nella futura esperienza di artista.

Con alto senso del dovere, affronta molteplici sacrifici; non impreca mai contro alcuno, ma supera qualsiasi ostacolo conforte determinazione, deciso ad affermare se stesso per realizzare appieno i suoi ideali.

La volontà di sperimentare nuove forme di espressione, lo spinge a perfezionare l’arte del decorare, che costituisce per lui la prima occasione di lavoro. Successivamente occupa un posto di cantoniere alle dipendenze della Provincia.

I primi tentativi di raffigurarsi il paese natio, operatinei remoti lidi del Pacifico, non saranno dimenticati. Una costante ricerca personale della tecnica pittorica, nel tempo libero, lontano dai trastulli inoperosi, gli spiana il cammino verso la prolifica produzione artistica.

Autodidatta, libero dalla dottrina dell’epoca, non si preoccupa di aderire alla moda ricorrente;ciò che lo ispira e lo sorregge è un sentimento di amore profondo per il paese e la terra che lo hanno visto nascere.

Quel sentimento si manifesta, altresì,nella struggente nostalgia del tempo ormai trascorso; segnato da torride estati e gelidiinverni, ma animati dall’affetto per la famiglia. Il suo itinerario artistico ha dunque inizio dalla ininterrotta ricerca di luoghi che rivelano i segni di un passato, pronto a rivivere nell’animo dell’artista.

Li ritrae per fermarli per sempre sulla tela econsegnarli alla memoria delle generazioni future; prima che un’opera scriteriata di modernizzazione ne cancelli per sempre ogni traccia. Concordano con questo mio giudizio altri eminenti critici che, doverosamente mi appresto a citare.

Il compianto prof. Mariano Montemurro paragona il suo “pellegrinare alla ricerca proustiana del tempo perduto, mirante a preservare l’intero centro storico dai guasti prodotti dall’incuria degli uomini”.Sia detto per inciso, Mariano, anch’egli figlio prediletto di questa nostra terra, meriterebbe anch’esso un minimo di riconoscenza da parte di questa amministrazione.

Analogo giudizio è espresso dal prof. Amati, il quale ravvisa nell’esperienza artistica del Laforgia un “esplicito messaggio etico”, inteso a conservare il “ricordo più vivo delle nostre origini comuni”.

Don Mario Spinello – cui va tutto il nostro affetto e l’augurio che possa tornare al più presto nella sua dimora- da par suo intravede nell’itinerario artistico il superamento della “paesanità” della sua ispirazione, che si fa storia e s’innalza al livello dell’ intera umanità.

Il particolare sentire, dunque,del Laforgia, assume una valenza ancora più profonda: diventa analisi interiore, “scavo psicologico dei sentimenti più nobili dell’uomo”, che si rivelano nel voler far rivivere il patrimonio storico e culturale del suo amatissimo borgo.

Si disvelano così i caratteri fondamentali della sua arte: nostalgico ricordo del tempo andato; ricerca della comune identità, attraverso la riscoperta e la raffigurazione dei paesaggi, le chiese, le fontane, i vicoli, i ruderi dell’amato paesello; il castello diventa il vero emblema di tutta la sua produzione. Si colora di toni cromatici tra i più vivaci, quasi a voler “imprimere sulla tela la fiamma sempre viva dell’amore” che nutre per la sua terra.

“Una cospicua produzione di opere raffiguranti distese di campi di grano, messi inondate di sole, pendii costellati dal giallo odoroso delle ginestre…testimoniano l’attaccamento alla natura agreste e selvaggia dei luoghi che, infante, lo hanno nutrito.

Identità e memoria, dunque, intese come impronte indelebili dell’animo e della mente, contraddistinguono ancor più l’ispirazione della sua arte. La ricerca, però, non si esaurisce con la raffigurazione della sola forma esteriore, si estende ai volti scavati di donne e uomini,appartenenti a quella civiltà contadina, che tanto hanno ispirato i grandi pittori lucani.

In quei volti si rivela appieno la riconoscenza per quel mondo di valori autentici di verità e di sagacia intellettuale, da cui ha tratto la gran parte dei suoi principi morali. La ricerca incessante di nuovi mezzi espressivi lo porta a cimentarsi, altresì, con la scultura e l’intaglio, “quasi a voler imprimere nella materia la traccia più tangibile della sua personalità”.

Come si può facilmente notare, da queste brevi note, appare in tutta evidenza l’unicità del suo modo di essere. Certamente non esagero nel definire “esemplare” la sua vita per le qualità che l’hanno distinto: lavoratore instancabile, mite e rispettoso verso tutti, affettuoso custode dei valori della famiglia; morigerato nei costumi, padre affettuosissimo, amante della bellezza e della libertà.
A questo punto è lecito porsi una domanda: bastano queste prerogative per renderlo meritevole di ricevere un così importante riconoscimento dai suoi concittadini? Certo non bastano le qualità personali, sia pure di altissimo livello, per rendere una persona degna di una tale attribuzione.

Michelangelo, però, oltre ad essere stato un vero artista, all’aver condotto una vita integerrima,all’essere vissuto da cittadino esemplare, ha acquisito tali e tanti meriti che l’hanno reso più che degno di questo riconoscimento.

La multiforme produzione artistica, oltre ad esprimere se stesso e i suoi sentimenti, era principalmente finalizzata a conservare e tramandare ai posteri la storia e la cultura del paese; farle conoscere fuori e, attraverso la mediazione dell’arte, preservarne le radici da cui emerge la verace identità di un popolo.

La sua è un’arte raffinata e liberatrice, lontana da ogni fine di guadagno, ispirata solo dall’amore per Miglionico, il suo castello, i vicoli, le chiese…che, riprodotti sulle sue pregevoli tele, potessero servire a ricordare le proprie origini ai tanti emigrati nei paesi più lontani.

A conferma del suo disinteresse per un qualsiasi profitto personale, è doveroso segnalare il grande atto di liberalità dimostrato nel donare al comune gran parte della sua produzione artistica. Un altro episodio è da citare, a testimonianza della sua generosità d’animo e dell’umana pietà nei confronti delle vittime della violenza.

All’indomani dell’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, non esitò a raffigurare l’immane tragedia e spedire, a sue spese, il dipinto al sindaco Rudolf Giuliani per esporlo in ricordo delle vittime. Merita inoltre attestare il suo disinteressato impegno al servizio della comunità nel periodo in cui ha svolto il ruolo di assessore comunale.

Era facile notarlo in giro per i luoghi più riposti del paese alla ricerca di disfunzioni e criticità per prospettare eventuali interventi risolutori. Non è retorico affermare che la sua vita, oltre alla cura della propria famiglia, è stata principalmente al servizio della cittadinanza.

E’ solo Miglionico il centro del suo interesse . Non si è mai rivolto altrove; il suo unico intento era quello di consegnare ai posteri l’immagine del suo paesello che, con animo perturbato e commosso, ha saputo magistralmente imprimere sulla tela.

Per concludere, mi accingo a tratteggiare un profilo, sia pure incompleto, dell’uomo e dell’artista. Tutta la sua esistenza è vissuta all’insegna di un costante intento educativo, che si manifesta attraverso la sua personale vicenda umana.L’esemplarità della testimonianza di vita è fonte di “contagio” salutare per quanti lo hanno conosciuto.

Sin da fanciullo ha provato la gravezza del lavoro dei campi; il servire padroni oppressivi e prepotenti, talvolta privi di un briciolo di umanità. La crudeltà della guerra, con i suoi orrori indicibili; la prigionia lontana dagli affetti famigliari, lo segneranno per tutta la vita. Nello stesso tempo, però, ne rafforzeranno l’indole e la voglia di reagire e costituire, altresì, la fonte delle sue convinzioni morali e religiose.

Principi ispirati all’amore per la famiglia, alla stima dei propri simili, alla salvaguardia dell’ambiente. Tenace difensore della propria libertà di pensiero, uniforma il proprio comportamento al rispetto delle regole democratiche.

La sua è stata un’esistenza che non può non definirsi “esemplare”; condotta con estrema audacia nell’affrontare fatiche e avversità, ma con la ferrea determinazione di non arrendersi di fronte ai tanti ostacoli da superare. Non ha mai smesso di ricercare la vera essenza del vivere e di adeguare il suo comportamento ai valori riconosciuti validi per sé e per gli altri.

Non va trascurata, inoltre, la sincera esperienza religiosa, intesa come diretto rapporto col Dio creatore, manifestatasi nell’umile testimonianza di credente e nella sua produzione artistica. Vale come esempio la devota raffigurazione di Padre Eufemio da Miglionico e donata generosamente alla Chiesa.

La sua arte rimarrà indelebile nel tempo, per la purezza espressiva, senza orpelli concettuali, e per la rappresentazione schietta della realtà; soprattutto espressione candida e pura di un mondo saturo di valori universali.

Essa è speranza di pace e di amore, fiducia nelle risorse dei giovani, richiamo all’impegno e alla responsabilità di tutti; sono questi i tratti più edificanti del suo messaggio. Arte autentica e liberatrice che, come ho già notato, è scevra da ogni fine immediato; ma, proprio per questo, vero insegnamento.

Per tutto questo, per aver contribuito a rendere più grande il nostro paese, per l’esempio di una vita integerrima da indicare ai più giovani, Michelangelo Laforgia merita di essere assunto nel panteon dei cittadini più illustri del nostro paese. Domenico Lascaro

Created by Antonio Labriola-Mail - 10 Luglio 1999 - Via Francesco Conte, 9  -  75100 Matera - Tel. 0835 310375