MIGLIONICO
L'Italicum e la buona scuola? Che brutta fine

MIGLIONICO. Rispondo volentieri alla provocazione del prof. Amati su due questioni di rilevante attualità: qual è il destino della riforma elettorale? Che fine farà la Buona Scuola della Giannini? La prima è divenuta ormai l’esile filo su cui si regge l’intera legislatura. La maggioranza del Pd non intende cedere di un millimetro su quanto concordato in precedenza. I “ribelli” non esitano a minacciare il voto contrario anche in sede parlamentare. Mai come in questo momento il rischio della caduta del governo è così concreto.
Sulla questione sono già intervenuto più volte; non mi ripeto. L’Italicum non è la migliore riforma possibile, ma Renzi e la sua maggioranza la considerano elemento inscindibile dalla stessa tenuta del governo. Se viene meno l’uno, cade anche l’altro. La minoranza ne ha fatta una questione di principio: così com’è non va votata. Intanto i tempi per l’approvazione stanno per scadere. Ieri sera Renzi ha sostituito i membri della commissione Affari Costituzionali, allo scopo di assicurarsi il placet dell’assemblea intermedia. Cuperlo evocala caduta dell’esecutivo. Gli altri esponenti dell’opposizione minacciano l’Aventino, compresa Fi che in precedenza la riforma l’ha votata.
Quali considerazioni restano da fare all’ignaro cittadino e, soprattutto, a chi si pregia di avere la tessera del Pd in tasca? Oltre alla dose giornaliera di tensione emotiva che tali minacce, in un momento così drammatico, gravano sullo stato d’animo di quanti hanno a cuore le sorti del Paese, l’atteggiamento intransigente delle parti in causa non fa che generare instabilità e minare alla base le istituzioni democratiche.
Renzi ha commesso non pochi errori. Tuttavia la maggioranza è dalla sua parte. La minoranza, pur avendo ottenuto alcune significative modifiche al testo in discussione, non intende adeguarsi. Le ragioni del dissenso, così come sostenuto da autorevoli commentatori, sono altre: l’avversione personale nei confronti di chi ha conquistato la guida del partito e il desiderio di vendetta nei confronti del vincitore.
Se è questo il motivo, e penso proprio che sia questo, allora i ribelli abbiano il coraggio di dirlo apertamente. Una volta per tutte chiariscano i loro intenti e, se hanno un minimo di coerenza, si dimettano dal partito e cerchino riparo in altri lidi. Berlusconi sarebbe felice di accoglierli nel suo orticello. Ormai hanno gli stessi obiettivi. Un solo rimpianto mi rimane. La mia delusione nei confronti di Bersani e di Cuperlo ai quali ho dato il mio voto nelle rispettive primarie. Sembravano gli unici che avessero un minimo di ragionevolezza e di responsabilità. Ahimè, sembrano anch’essi fuori di testa. Gli altri non meritano neanche di essere menzionati.
La mia riconoscenza va comunque a Enrico Letta, il quale, dopo quello che ha subito, nell’intervista a Fabio Fazio di domenica sera, ha dimostrato di essere quel galantuomo che è sempre stato: ha difeso le sorti del Paese e del partito. Anche nei confronti di Renzi – e avrebbe avuto di che dire – è stato oltremodo corretto. Gli ha riconosciuto il diritto di governare e ha deplorato l’atteggiamento di chi minaccia l’integrità del Pd. E’ una futura risorsa del partito. Se son rose, fioriranno.
Seconda questione: la Buona Scuola. Non a caso ho citato il ministro Giannini. E’ lei l’artefice del progetto. Era partita col piede giusto. Durante il percorso ha deragliato clamorosamente. Renzi ci ha messo la faccia, ma ha ridotto le risorse. E’ scomparso il potenziamento del Tempo Pieno; dell’apertura pomeridiana delle scuole nessuno più ne parla; di conseguenzaè saltata la promessa di assumere gli idonei di tutti i concorsi; la scuola di alta formazione dei dirigenti scolastici si è persa per strada.
Che cosa resta ormai della tanto sponsorizzata “Buona Scuola”? Solo slogan ad effetto: Albo Nazionale dei docenti e poteri ai presidi per assumerli direttamente. E’ facile scimmiottare il sistema inglese. Le questioni essenziali non sono affrontate. Manca una strategia complessiva per riformare alla base il sistema scolastico italiano. Occorre rivedere il percorso della formazione professionale dei docenti. Non v’è traccia di un piano di aggiornamento in itinere per affrontare le nuove sfide che la scuola si troverà di fronte nel prossimo futuro: l’uso delle nuove tecnologie, l’integrazione degli innumerevoli stranieri che saremo vieppiù costretti ad accogliere nel nostro paese.
sI dovrà purtroppo rimediare ai tanti errori che ministri come la Moratti , la Gelmini, non ultimo Profumo, hanno commesso durante il loro mandato. La Giannini ha fatto sperare per un po’, ma si sta rivelando l’ennesima delusione. Parla di assunzioni solo per concorso, ma non si rende conto che, così facendo, rischia di creare nuovi precari a vita. Occorre rivedere da subito il sistema di accesso all’Università. Un provvidenziale numero chiuso potrebbe eliminare del tutto la necessità di indire concorsi a ripetizione.
Per il prossimo 5 maggio, i sindacati hanno indetto lo sciopero generale della scuola. E’ giusta la protesta, ma sono effimeri gli obiettivi. Anziché rivendicare il diritto al lavoro di tutti gli idonei, prima di bandire altri concorsi, si limitano a contestare isolati provvedimenti governativi. Un altro elemento destabilizzante è venuto fuori, qualche giorno fa, con la sentenza del Consiglio di Stato che ha sancito l’illegittimità dell’esclusione dall’ultimo aggiornamento delle liste provinciali ad esaurimento dei diplomati magistrali, con titolo conseguito prima del 2001/2002. Tale sentenza potrebbe riaprire le porte a 55mila insegnanti finora esclusi dalla lista dei precari da regolarizzare. Il Consiglio di Stato, però, fa finta di non sapere che tali docenti hanno avuto la possibilità di partecipare al concorso del 2012, e non è colpa di nessuno se non l’hanno superato.
Come si può notare il caos è totale. Non basteranno le misure previste dal governo per rimediare agli errori di tutti. Si blocchino i concorsi; si sistemino precari e idonei. Si ponga subito mano alla riforma universitaria per la formazione dei docenti; si riducano le classi “pollaio” e si attui un insegnamento personalizzato. Altro che 100mila posti; ne occorrerebbe almeno il doppio. E le risorse? Si abbia il coraggio di cercarle dove si nascondono. La minoranza avrebbe una buona occasione per far valere il suo potere. Domenico Lascaro (d.lacaro@libero.it)

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