MIGLIONICO
Una sconfitta salutare

MIGLIONICO. Prima che il prof. Amati mi provochi con i suoi abituali quesiti sugli avvenimenti politici attuali, mi pongo io stesso le domande sulle ultime elezioni regionali. Considerato che ogni volta che si svolgono le elezioni tutti si professano vincitori, chi in questa tornata elettorale può davvero ritenere di aver vinto? Ci saranno conseguenze sulla tenuta del governo? Quali prospettive si aprono nel panorama politico italiano?
Tra le sette Regioni interessate, com’è noto, cinque sono andate al centro sinistra, capeggiato dal Pd, due alla destra di Salvini e di Berlusconi. La sinistra ha perso la Liguria, ma ha riconquistato la Campania. Sembra un pareggio, ma non lo è, perché le dinamiche che hanno portato a questi risultati sono piuttosto complicate. In Liguria il Pd ha perso perché una parte di se stesso gli ha opposto un candidato alternativo. Non solo; anche per colpa della cattiva gestione della giunta Burlando che negli ultimi anni ha commesso non pochi errori. Il candidato di Berlusconi, Toti, ha vinto con l’apporto determinante della Lega di Salvini, che rivendica ormai la leadership di tutto il centrodestra.
In Campania Caldoro, sia pure di stretta misura, ha perso non per demeriti suoi, soprattutto per lo sfaldarsi di Fi a livello nazionale. De Luca ha vinto per la sua fama di bravo amministratore e per le vicissitudini personali che l’hanno reso vittima delle istituzioni dello Stato. In Puglia e in Toscana il Pd ha vinto con un buon margine di voti. Nelle Marche e in Umbria, nonostante le difficoltà a livello locale, la sinistra ha conseguito un discreto successo.
Il M5S ha consolidato le sue posizioni e, in certi casi, ha ottenuto successi straordinari; ma nessuna conquista di governo. Il NCD non ha fatto alcun passo avanti, ma nemmeno indietro. La Lega è “straripata”, soprattutto al Nord. Questa è, grosso modo, la situazione di fatto. Il dato politico è tutt’altro che scontato. Contraccolpi sulla tenuta del governo, penso, non ce ne saranno. A nessuno conviene in questo momento, critico per l’Italia e il mondo intero.
L’unica componente di governo – a parte la sinistra dem - che potrebbe innescare una crisi è Il Ncd che comincia a dare segni di insofferenza: reclama una revisione dell’Italicum finalizzata a prevedere il ballottaggio anche per le coalizioni. Non sarebbe del tutto sbagliato, dati i nuovi rapporti emersi tra le forze politiche. Un buon compromesso sarebbe quello che in altre occasioni ho modestamente definito “doppio turno all’italiana”: fermo restando il premio di maggioranza alla lista che superi il 40% dei voti, al doppio turno accedono tutti i partiti che raggiungano almeno il 10%.
Se il governo, per il momento, non corre rischi, la situazione politica, all’interno dei singoli partiti, è tutt’altro che serena. Il Pd più di tutti è alle prese con problemi durissimi da affrontare. Anche se il numero delle regioni conquistate è perlopiù soddisfacente, in termini di perdita di voti e, soprattutto, per la sconfitta in Liguria, la lezione è amara. Era comunque da aspettarsela. Le lotte interne che hanno caratterizzato l’ultimo anno di governo non potevano che sortire tali risultati. Le responsabilità, più volte evidenziate, sono di tutti: della minoranza che, pretestuosamente, cercava di mettere in difficoltà Renzi; dell’atteggiamento spavaldo di quest’ultimo per dimostrare di essere lui il più forte.
La sfida che oggi il Pd ha davanti a sé è cercare di ritrovare l’unità interna. O recupera le ragioni della propria coesione o è destinato a soccombere. Tutti facciano autocritica degli errori commessi. Se s’insiste ancora con la spirale delle accuse, come sembrano fare entrambe le componenti, allora la fine sarà vicina. La maggioranza dovrà cambiare atteggiamento e tener conto delle opinioni altrui. La minoranza da parte sua dovrà riconoscere al capo del governo il diritto di governare. Se queste sono le condizioni di base che ogni partito dovrà fare proprie, nel concreto le cose sono piuttosto complicate.
Innanzitutto occorre dare più forza al governo per completare le riforme messe in campo. Alcune possono essere senz’altro migliorate, come quella della scuola, della giustizia e del fisco. Bisogna però fare presto e con spirito costruttivo. La vera “rivoluzione” da fare è un’ altra: occorre prima di tutto rifare dalle fondamenta la struttura stessa del partito. Renderlo autenticamente democratico, rispettoso delle minoranze, aperto al contributo di tutta la società, che faciliti la partecipazione dei giovani alla lotta politica. Servono nuove regole, trasparenti e cristalline, rispettate da tutti e stabilite per legge.
Non basta. Con la stessa premura bisognerà effettuare una generale “chiamata alle armi” di tutti i convinti democratici che vogliano contribuire a sconfiggere il populismo dilagante e rigenerare la politica della sinistra. In che modo? Non anticipando il congresso del partito che provocherebbe ulteriori spaccature, ma con l’indire un “concorso di idee”, aperto a tutte le componenti sociali per decidere insieme finalità, obiettivi e strategie per affrontare le sfide che il mondo odierno ci pone .
Si aprano i circoli a iscritti e non iscritti, per dare inizio a una consultazione di massa da cui far emergere un nuovo disegno riformatore della società italiana. Solo alla fine di un tale straordinario sommovimento si potrà pensare di convocare un nuovo congresso che individui gli uomini capaci di guidare il partito e riaffermare il suo ruolo di guida del paese. Degli altri partiti non c’è molto da aggiungere. La Lega si appresta a monopolizzare tutta la destra estrema, compresa Fi. Salvini è convinto che, riunendo tutte le componenti moderate ( a parole ), potrà “asfaltare” la sinistra. Potrà senz’altro riuscirci, se questa continuerà con la sua vocazione scissionistica.
Grillo è determinato ad andare avanti da solo. Non intende assumere alcuna responsabilità di governo, anche parziale, con la sinistra. Troppo comodo criticare dall’esterno! L’auspicio che ho più volte invocato, allo scopo di stabilizzare definitivamente le dinamiche politiche italiane, è che si formi un’area, alternativa alla sinistra, che raccolga intorno a sé le forze di una destra democratica e liberale. A vocazione europea, che comprenda il Ncd, le forze facenti capo a Fitto, il dissidente leghista Tosi, l’Italia Unica di Passera, il Centro democratico e l’Udc di Casini. Avranno il coraggio di accettare la sfida o vorranno salire sul “Carroccio” di Salvini? Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it)

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