Chiudere lo stallo quando i buoi sono scappati

MIGLIONICO. Per rispondere ai numerosi quesiti che ancora una volta mi rivolge l’amico Giacomo, prendo spunto dall’ammonimento del Capo dello Stato rivolto ai partiti al termine delle consultazioni per la formazione di un nuovo governo. “E’ necessario uscire dello stallo – egli ha detto – per dare subito un governo al Paese, anche per far valere il proprio peso in un contesto internazionale per nulla tranquillo”.
A distanza di un mese e mezzo dalle elezioni e dopo due giri di consultazioni, la situazione è ancora avvolta nel buio più profondo. Mattarella si appresterebbe a conferire un incarico esplorativo nella speranza che si formi un governo purchessia, pur di dare al Paese una guida capace di affrontare i problemi più urgenti, senza sottrarsi altresì alle responsabilità di carattere internazionale che riguardano la stessa convivenza pacifica del mondo intero.
“Perché non ci aiuti a capire quale strada andrebbe percorsa dalle forze politiche – mi chiede in sostanza Amati – allo scopo di raggiungere un accordo di governo, anche prendendo esempio da ciò che è accaduto in Germania? Dobbiamo rassegnarci a tornare al voto?” Magari, caro Giacomo, potessi avere la facoltà di indicare al Presidente della Repubblica la via più opportuna per far decantare la situazione che si è creata. Solo un mago dotato di poteri miracolosi saprebbe risolvere “l’enigma”.
Da umile osservatore, sarei un illuso se pretendessi di dare consigli al Capo dello Stato. Sicuramente Mattarella, per la sua esperienza e la saggezza che lo contraddistingue, farà l’impossibile per riuscire nell’impresa, ma il compito è oltremodo arduo. Grazie alla nuova legge elettorale, non poteva che generarsi un caos inestricabile, incapace di consentire l’indicazione di una via opportunamente percorribile per dare al Paese una stabilità di governo.
I partiti sono l’un contro l’altro armato, “ I vincitori si dichiarano trionfanti – scrive Marco Damilano – ma non si prendono la responsabilità di andare avanti, di costruire una soluzione credibile. Vorrebbero il potere, il comando, ma non il governo e le sue spine”. Il Presidente ha più volte fatto appello al senso di responsabilità di ognuno, ma è come pretendere che un bambino si di sollevi da terra tirandosi per i capelli. Tali sono i partiti, nessuno escluso. A parole si dicono tutti responsabili, ma nessuno vuole arretrare di un passo dai propri convincimenti.
Tuttavia non mi sottraggo dall’esprimere le mie modeste opinioni, anche per non lasciare in ansia l’amico Giacomo, voglioso di capire il corso degli avvenimenti. Molte e le più varie sono le ipotesi di soluzione. Tutte però dettate dalle convenienze dei singoli e delle parti in causa, lontane mille miglia dal perseguire il bene comune. I 5Stelle ancora ebbri per la vittoria (mutilata), sono disposti ad allearsi con chiunque, purché gli si riconosca la guida del Governo.
La Lega è disponibile, ma è tirata per la giacca da Berlusconi che teme di essere confinato nel dimenticatoio e perdere quel che rimane del suo potere mediatico. Il Pd, dopo la batosta elettorale, non sa più che pesci prendere e stenta a ritrovare la sua identità. Speriamo che l’assemblea del 21 p.v. lo faccia rinsavire. Insomma lo “stallo” è completo. Altre ipotesi non mancano: un governo di transizione (Calenda); una formula istituzionale (i Presidenti della Camera o del Senato); c’è chi propone nientemeno l’incarico a un terzo Uomo, tra Salvini e Di Maio. Chi potrebbe essere?
Mi viene in mente il famoso film di Carol Reed del 1949, “Il Terzo Uomo”; protagonisti, tra gli altri, l’esordiente Alida Valli, il compianto Andrea Checchi e, eccezionalmente nelle vesti di attore, Orson Welles. Secondo me un terzo uomo è insufficiente; ce ne vorrebbe almeno un settimo o un ottavo, meglio se donna. Andrebbe bene anche un ermafrodito. Chiedo scusa se per un momento mi sono fatto prendere la mano da un moto d’ironia, ma la situazione è davvero grave e merita un registro più serio.
Alla luce di tali premesse, in queste condizioni, qualunque governo si riuscisse a mettere in piedi non avrà vita facile ed è molto probabile che si torni subito a votare. Con quale sistema elettorale? Se con quello attuale, l’esito è scontato: si tornerebbe nel pantano odierno. Quale potrebbe essere, dunque, la strada più giusta da percorrere? E’ questa la mia proposta: Il Presidente, costatato il nulla di fatto del mandato “esplorativo” che certamente si appresta a dare fra qualche ora ( di certo non sortirà ad alcun risultato), non potrà che tentare di dar vita a un governo che definirei “Costituente”, in grado di dare un nuovo assetto alle Istituzioni dello Stato.
In altri termini, un tale governo avrebbe il compito, tra l’altro, di riorganizzare le strutture amministrative con nuove regole di gestione (Le famose riforme incompiute), ma soprattutto con nuovi contenuti che pongano un rimedio alla stagnazione economica, alle disuguaglianze crescenti e al declino della “Seconda Rivoluzione Industriale”, la quale falcidia posti di lavoro e genera la minaccia del cambiamento climatico.
Necessita in sostanza una guida politica in grado di costruire “Una nuova infrastruttura intelligente di Terza Rivoluzione Industriale”, basata sulle nuove tecnologie capaci di creare migliaia di nuovi posti di lavoro e difendere il territorio dalle erosioni idrogeologiche. Un governo, dunque, guidato da un Team di esperti del sapere umanistico e scientifico e sorretto dall’appoggio di tutti i partiti; che duri il tempo necessario per dare al Paese l’opportunità di innovarsi e darsi un assetto “normale” di democrazia compiuta. E’ il desiderio di un sognatore, o la speranza che possa davvero diventare realtà? Meglio non disperare. Mattarella saprà scegliere il meglio per la comunità.
Per terminare accenno all’ultimo quesito dettato dalla struggente curiosità di Amati riguardante il mio giudizio sull’atteggiamento assunto dal Partito Democratico in questa battaglia sospesa tra “stasera mi butto e domani mi trattengo”. E’ ormai noto a tutti che la disfatta elettorale ha causato nel Pd un Vero “choc anafilattico” da cui sarà faticoso riprendersi. Ha determinato in sostanza un’ulteriore diversità di opinioni sul comportamento da assumere nei riguardi delle profferte che giungono dal fronte dei 5Stelle.
E’ pur vero che l’atteggiamento ondivago ed equivoco di Di Maio costituisce un alibi per i più refrattari a sottoscrivere un ipotetico “contratto” di governo. Ma lo stato di paralisi decisoria è tale che può generare, ahimè!, un’altra devastante scissione. Le opinioni sono molteplici e contrastanti tra loro. C’è chi dal primo momento auspicava un netto ritorno all’opposizione, nella speranza di vedere fallire la politica dei presunti vincitori. Nel frattempo cresceva una fronda che non disdegnerebbe di appoggiare un governo a guida 5Stelle pur di restare ancora in partita.
Non mancano altresì le pressioni dei “Saggi” che pontificano: “Sottrarsi al dialogo è la negazione della democrazia” (Violante). Insomma la “torretta” di Babele è una vera inezia al confronto col “torrione” del Pd attuale. Qual è allora la mia opinione? Eccoti accontentato, caro Giacomo. Secondo me sbagliano sia gli un che gli altri. E’ stato un errore invocare da subito il ricorso all’opposizione. Si è data l’impressione di voler fare un dispetto a chi gli ha negato il voto. Altrettanto errato è l’atteggiamento di chi vuol dare appoggi (interni o esterni), pur di rimanere a galla.
Il mio giudizio è molto più complesso. Non sto ora a ripetere quello che ho cercato di chiarire il giorno stesso successivo alle elezioni. Chi fosse interessato può leggerlo su questo stesso sito dal titolo “Una sconfitta salutare”. In sintesi la mia proposta è la seguente. Se il Pd vuole conservare la sua dignità di partito responsabile; se si dovesse prendere atto del fallimento di un governo “costituente”, non rimane che una terza via: appoggiare dall’esterno un esecutivo dei 5Stelle a determinate condizioni.
Rinunciare a un’ipotetica spartizione di poltrone e porre alcune richieste irrinunciabili, che si possono riassumere nei punti seguenti:
1) – Dare seguito alla riforma costituzionale che elimini il cosiddetto cameralismo perfetto; modifichi il ruolo del Senato in funzione regionale con non più di 150/180 membri, eletti su base proporzionale; con compiti limitati al controllo della liceità costituzionale delle leggi emanate dalla sola Camera, nonché al controllo del valore etico delle stesse. Non da meno gli si affiderebbero le competenze sulle questioni di carattere internazionale. Ai Deputati spetterebbe la legislazione ordinaria, ridotti di numero (non più di 400 unità).
2) – Emanare una nuova legge elettorale finalizzata alla governabilità e stabilità di governo. Magari con un premio di maggioranza al partito che superi il 40% dei voti, o alla coalizione che vada oltre il 45% dei consensi. In mancanza di dette condizioni, dare il via al ballottaggio tra i primi due vincitori.
3) – Varare finalmente una legge che riconosca il diritto di cittadinanza agli stranieri residenti in Italia da oltre dieci anni e ai figli nati e formati nelle scuole italiane.
4) – Riqualificare una miriade di figure professionali necessarie a rilanciare la “Terza Rivoluzione Industriale” di cui si è detto; ma soprattutto porre mano a una vera riforma scolastica che rinnovi la didattica e i Programmi delle scuole superiori e dell’Università, in funzione delle nuove competenze lavorative.
5)– Realizzare le procedure e le misure più idonee per garantire una vera selezione meritocratica che incoraggi i giovani a contare solo sulle proprie forze.
6)– Non per ultima, restringere la forbice illegale della distribuzione della ricchezza che ponga un limite ai redditi stratosferici a danno delle classi più umili. Non sarebbe male, inoltre, dare un colpo all’evasione fiscale e alle associazioni malavitose.
Queste le condizioni più qualificanti per dare un appoggio proficuo a un monocolore a guida 5Stelle. Quali le convenienze? Sarebbero un vantaggio per il Paese perché finalmente potrebbe sperare nella continuità di un’azione di governo chiara e facilmente riconoscibile, sia se operi bene, sia se cerchi cavilli e alibi esterni. Una convenienza per il Pd che ne uscirebbe con la faccia pulita e col riconoscimento generale per aver responsabilmente permesso il varo di un governo senza perseguire interessi di bottega. Avrebbe in tal modo il tempo di rinnovarsi al proprio interno e porre le condizioni di un possibile ritorno alla guida del Paese. Di più non so dire. Grazie per l’attenzione e a risentirci.
Miglionico 16.04.2018
Domenico Lascaro (d.lacaro@libero.it)

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