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Giacomo Amati

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GIACOMO AMATI

12 Marzo 2015
Miglionicoweb
MIGLIONICO
Presentato il romanzo di Pippo Bellone "All'ombra di un ficus"
di Giacomo Amati

MIGLIONICO. L’emigrazione crea delicati e complessi problemi sociali e psicologici di adattamento alle nuove realtà civili e culturali in cui le persone, spesso, sono costrette ad inserirsi in modo traumatico. Questo fenomeno sociale, con tutti i suoi riflessi di ordine culturale, umano e psicologico, è il nucleo tematico al centro del romanzo, “All’ombra di un ficus”, di Pippo Bellone, ed. “Amico Libro” (2014), Montescaglioso. L’autore (59 anni), nato a Sambuca di Sicilia (Agrigento), ma che da alcuni anni vive a Montescaglioso, nel suo libro, a carattere autobiografico, strutturato in dieci capitoli, per complessive 93 pagine, racconta una storia vera. La sua storia, però, richiama alla mente del lettore tante altre storie di lavoratori meridionali che, spinti dal bisogno e dalla speranza di trovare un lavoro con la prospettiva, spesso illusoria, di vivere un futuro, si sono trovati bruscamente a contatto con un ambiente diverso, per molti aspetti diametralmente opposto a quello d’origine. Siamo alla fine degli anni Sessanta. Il protagonista del romanzo è ancora un bambino di dieci anni ed è costretto a lasciare, unitamente alla sua famiglia, il suo paese natio, alla volta della Svizzera. “Questa nuova esperienza – osserva la dottoressa Rosa Fioriniello – sarà contraddistinta da molteplici aspetti emotivi che innescheranno nella mente del bambino svariate dinamiche psicologiche, mettendone in luce la sofferenza interiore. L’autore vive un turbinio di emozioni”. Da una parte c’è l’incontro con un mondo estraneo e sconosciuto; dall’altra resta forte il rapporto con il passato, con il suo paese d’origine. “Ogni emigrazione – sottolinea Fioriniello – è segnata da passaggi dolorosi: il distacco, il viaggio, l’arrivo e l’inserimento in una realtà nuova ed estranea”. L’autore soffre per la nostalgia: evoca i luoghi a lui più cari, ricorda i suoi amici e decide di ritornare a casa, nella sua Sambuca, alla ricerca della propria identità. Ma la disillusione è in agguato: l’emigrante immagina che il tempo si sia fermato, ma non è così. “Davanti alla scoperta che il suo paese non l’ha aspettato e non ha sofferto come lui – spiega la professoressa Margherita Lopergolo – il protagonista resta deluso fino al punto da sentirsi nuovamente straniero: estraneo nel suo paese. Ma in suo soccorso, fortunatamente, arriva la nonna Peppina, la “Mamma Grande” vestita sempre di nero, con i capelli di un bianco candido, sempre raccolti”. Ed è a questo punto che per il protagonista comincia un nuovo “viaggio”: è quello che avviene nella sua vita interiore. E’ un libro coinvolgente sotto il profilo emotivo: si legge d’un fiato, dalla prima all’ultima pagina. Giacomo Amati

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