Uomini e fatti di Miglionico

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Don DONATO GALLUCCI (Arciprete)

Trascrizione dell'articolo pubblicato il 10-11 marzo 1965 sul quotidiano "IL SECOLO D'ITALIA" in ricordo del nostro bravo e indimenticato Don Donato Gallucci, nato a Pietragalla (Potenza) - Clicca qui

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Articolo di Donato Armento Lettera di Michele De Novellis A Donato Armento Lettera di Donato Armento a Michele De Novellis
Articolo de "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 5 Gennaio 2014
Vedi "La domenica" del 6 Gennaio 2014
Storie del Sud di Vito Statuto "Riflessioni" (Ottobre 2009) di Vito Statuto
Don Donato Gallucci pagina 1 di Miglionicoweb
Don Donato Gallucci pagina 2 di Miglionicoweb
Don Donato Gallucci - Ricerca dell'Istituto Comprensivo di Miglionico
Don Donato Gallucci - Blog di Paolo Tritto

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Trascrizione dell'articolo pubblicato il 29 marzo 1964 sul settimanale "EPOCA" in ricordo del nostro bravo e indimenticato Don Donato Gallucci, nato a Pietragalla (Potenza)
Il prete
che fa laureare i manovali
di Giuseppe Grazzini

STORIE DEL SUD. Don Donato Gallucci, filologo di fama internazionale, fa il parroco in un povero paese, vive con un piatto di riso e  possiede solo un mantello: ha strappato alla zappa,centinaia di ragazzi che ora sono magistrati, medici e ingegneri.
 

Miglionico (Matera), Marzo 1964. "Caro professore, finalmente posso darvi la grande notizia- ho avuto un bambino.E’ biondo, ha gli occhi azzurri, pesa  quasi cinque chili e anche la mamma di Peter ha detto che è il più bel bambino di New York. Siamo tanto felici, e vorremmo che tutti fossero felici: voi più di ogni altro, perché è a voi che dobbiamo ogni cosa. Io ho lasciato il lavoro, per questi mesi, ma non ho perduto il mio posto: anzi, ho saputo che mi daranno un aumento. Siamo in preparativi per il battesimo e pensiamo con nostalgia alla nostra chiesa di Miglionico e a voi. Peter, l'altra sera, diceva che avrebbe voluto mandarvi il biglietto e farvi venire qui: si ricordava di quando eravamo andati a Bari con la Calabro-Lucana e diceva che un aereo ci mette meno tempo, per attraversare l'Atlantico... Ma poi abbiamo pensato che non sarebbe possibile, e allora abbiamo deciso che almeno chiame remo il bambino Donato, come voi. Vi ricordiamo sempre e speriamo che anche voi vi ricordiate dei vostri affezionatissimi Giulia e Peter Collins".

Il vecchio arciprete legge la lettera, e sorride: il foglio sottile di carta aerea gli trema un poco fra le mani, come la luce delle candele nella sua chiesa deserta. " Sono tanto cari tutti e due ", dice mettendo con cura la busta nel libro delle preghiere, " mi vogliono bene. Lei è nata qui, i genitori erano poveri contadini: me la ricordo ancora quando andava a raccogliere le olive con i fratelli, faticavano tutto il giorno e alla sera venivano da me a studiare. Le ho insegnato un po' di inglese, e in nemmeno due anni ha imparato tanto da parlarlo abbastanza bene. Poi vennero qui degli americani, facevano degli studi sulle condizioni dell'Italia meridionale: la presentai perché li accompagnasse come interprete, e quelli se la portarono via. Ha avuto subito un posto in un istituto, e li ha conosciuto questo bravo ragazzo, si sono sposati, e adesso hanno avuto il bambino: che si può desiderare, di più? "
Mi prende sottobraccio, è come se ci conoscessimo da sempre. " Andiamo a bere qualche cosa alla salute di questo bambino ", dice, " pensa, gli hanno messo il mio nome, è bellissimo. "
Usciamo dalla chiesa, incontriamo uomini, donne, ragazzi, galline, muli, si muovono insieme, come figurine di un presepio animato: Miglionico è un piccolo paese del Sud, con le case cresciute cautamente sulla cima del monte, tutto intorno al castello che fu di Ettore Fieramosca, e dove si riunirono i baroni, congiurati contro Alfonso. d'Aragona.
"Buongiorno, professore ", lo saluta la gente. Non ce n'è uno che gli dica reverendo, come sì dovrebbe dire a un prete, per loro don Donato Gallucci è sempre stato il professore e lo chiameranno così fin che vive: c'è una ragione e c'è tutta una storia, in questo attributo.
Don Donato venne al mondo settantacinque anni fa a Pietragalla, vicino a Potenza. Erano in undici in casa: il padre, la madre, cinque fratelli e quattro sorelle, e c'era una buona terra che dava il grano, l'olio, il vino e il pascolo per il bestiame, così da guardare senza paura anche alle stagioni più ingrate.

Nei giorni di precetto veniva lo zio Domenico, un monsignore che parlava il francese e studiava astronomia; almeno per questo, dicevano i contadini, avrebbero dovuto farlo arcivescovo. Lo zio Domenico celebrava la Messa nella cappella vicina a casa; poi si fermava a colazione e interrogava i ragazzi, per vedere se avevano fatto progressi negli studi, dall'ultima volta. Per Donato era un avvenimento, quell'esame. Quell'uomo che discorreva di lontanissime stelle, chiamandole per nome e raccontandone le avventure nello spazio, lo affascinava: studiava per lui, mentre i fratelli correvano a giocare nei campi, perché gli facesse una carezza sui capelli, con quella mano curata che usciva da un meraviglioso polsino bordato di rosso, e gli dicesse ancora che era bravo. Finite le elementari, lo zio Domenico disse a Donato che avrebbe potuto continuare a, studiare in un ginnasio, addirittura a Firenze, una città grandissima piena di carrozze, con un fiume fra i palazzi.
Quello fu il primo viaggio felice di Donato, la partenza con tutta la famiglia intorno, e la mamma che, gli faceva il segno della croce sulla fronte, la prima avventura in un mondo sconosciuto, dove si camminava sempre sulle pietre e l'erba si vedeva soltanto nei giardini. Tante altre volte sarebbe ancora partito, da quel giorno.

Finito il ginnasio va a Roma, in, casa di parenti. Frequenta il liceo " Ennio Quirino Visconti ", uno dei migliori d'Italia. E’ un ragazzo alto, vivace, intelligente, i professori lo coltivano come una promessa, e lo zio non lo perde d'occhio perché qualche cosa sta maturando, in quel ragazzo: è la vocazione per il sacerdozio, insieme con quella, della cultura. L'una e l'altra si fanno più precise negli anni dell'Università, da cui Donato esce laureato a pieni voti in filosofia. Subito dopo lascia Roma per Friburgo. E’, in questa università che la preparazione dei giovane lucano si apre su nuovi orizzonti: si specializza in storia e lingue orientali, consegue una seconda laurea in lettere, pubblica alcuni lavori di grande interesse sulla filologia ebraica. Durante le vacanze fa lunghi viaggi, in Europa e nel Vicino Oriente, riportandone una quantità, di esperienze e di materiale di studio. Quando viene ordinato sacerdote nella cattedrale di Friburgo, Donato Gallucci parla correntémente l'inglese, il tedesco, il francese lo spagnolo e l'arabo siriaco, oltre a conoscere come studioso Il latino, il greco antico e l'ebraico.
Nella vecchia casa di Pietragalla, quando lo zio Domenico parla di questo suo eccezionale nipote, non sono soltanto i contadini, umili e affezionati al loro signorino di un tempo, che sgranano gli occhi, è tutto il mondo della cultura che  si meraviglia, ed è un mondo particolarmente vivo, nella Lucania di questi anni. Lo scoppio del primo conflitto mondiale riporta don Donato in Italia: ma resta fermo pochi giorni, va subito al fronte, come cappellano militare. Tornerà,: tre anni dopo, col cuore ancora, pieno degli orrori della guerra, che lo hanno segnato più profon-damente di ogni altro, perché è un prete e perché è un uomo di cultura.

I lunghi giorni silenziosi e meravigliosi dello studio e della meditazione sembrano finiti per sempre: la guerra è come una ferita, non fa soffrire quando è ancora calda di sangue, si sente dopo, nei pensieri e nella carne, quando sembra guarita. Anche per don Donato la crisi comincia dopo. E’ tornato nei seminari, adesso è un professore illuminato e ammirato, per quanto giovane ancora. Continua a leggere e a studiare, mentre insegna a centinaia di futuri sacerdoti, collabora ad alcune riviste internazionali, cattoliche e laiche, riprende un vasto lavoro sul libro dei Proverbi di Salomone.
Ma non è più come prima. Troppe cose sono cambiate, troppi uomini sono morti, e troppi sono restati vivi soltanto per patire la fame e l'ingiustizia, che è peggiore ancora della fame. E’ tempo di lasciare le biblioteche, di andare fra i poveri e fra i disperati, per capire la loro lingua, prima che sia troppo tardi, altrimenti i libri non serviranno più a nulla.

E con questo impegno Don Donato Gallucci diventa parroco di Miglionico, un paese arroccato in cima alla montagna.
"Arrivai in un giorno di dicembre, nevicava, e sulle mura del castello volavano i falchi. Speravo di vedere almeno un manifesto di benvenuto: di solito nei paesi si innalzano persino degli archi di trionfo, quando arriva il nuovo parroco. Invece, niente. Arrivai in chiesa e tutto mi sembrò abbandonato, senza speranza. Allora ebbi paura, una smisurata paura Per un attimo ", mi confessa parlando piano, " pensai di fuggire.
Non c'era da illudersi di avere la vita facile, in un paese come Miglionico, un paese chiuso, impastato di miseria e di superstizione. I maghi e le streghe passavano di casa in casa, vendevano paura dal primo all'ultimo giorno della vita. Ancora oggi, quando nasce un bambino c'è qualcuno che in pubblico gli sputa e dice che è un mostro, perché questo, dicono, allontana gli spiriti maligni e soprattutto, se il bambino è bello, allontana l'invidia degli altri genitori. Ancora oggi, in qualche casa, la madre che non ha latte per la sua creatura fa un complicato esorcismo per rubarlo a un'altra madre che ce l'ha: mette del sale nelle fasce.del piccolo e lo manda, in collo ad una complice, a visitare la vittima. Quando tornano, prende il sale e condisce una minestra che trangugia immediatamente, convinta che in quel momento l'altra resterà senza latte, e lei ne avrà in abbondanza. Se questo accade, e per caso può anche accadere, la derubata cercherà la ladra, e la troverà, perché i maghi ci sono apposta: allora può darsi che con un altro esorcismo le due madri facciano la pace, ma può anche darsi che cominci dì qui la catena, della vendetta.
E così infinite volte, in ogni occasione, fino all'agonia quando i familiari tolgono gli amuleti dal collo del moribondo, perché gli spiriti dei male arrivino più presto, abbreviando la sofferenza, e sì vada alla sepoltura, con tutte le bestie bendate di nero in processione, perché anche le bestie devono prendere il lutto.
In questo ambiente il prete comincia la sua battaglia, e comincia dalla parte giusta, quella della cultura. Miglionico, in questo tempo, è praticamente isolato dal resto dei mondo. Bisogna fare circa sette chilometri, discendere in fondo alla valle, per raggiungere lo scalo della ferrovia Calabro-Lucana. Sulla strada sconnessa si va a piedi o col mulo, non ci sono corriere. Non,arrivano libri, non arrivano giornali, niente. I ragazzi, e non tutti, fanno qualche mese di scuola elementare. I migliori, i più fortunati, arrivano alla terza, alla quarta. Non vanno più avanti, non è possibile.

Non ha mai chiesto un soldo a nessuno

Don Donato va a cerca re questi ragazzi, se li porta in canonica, prova a istruirli; deve lottare coi genitori che vanno a riprenderli, perché c'è da lavorare nei campi, non si può perdere il tempo sui libri, e con i ragazzi stessi, abbrutiti da secoli e secoli di una fatica restata uguale dall'età della pietra. Ma qualcuno, qualche volta, risponde, e ne basta uno su cento per ritrovare il coraggio di continuare.
Un giorno, per le vie di Matera, passa un prete su un mulo. Porta con sé un ragazzo, un ombrello e una valigia di cartone: è don Donato che " va a dare gli esami ", di terza ginnasiale. Sì, è come se quell'esame lo affrontasse lui, il professore di Friburgo. Perché quel ragazzo è il suo primo allievo, lui si è battuto per anni perché quel piccolo rompa il cerchio della miseria e dell'ignoranza, e adesso è arrivato alla prova, vincere o perdere, questa volta o forse mai più. Lo lascia alla porta dei ginnasio, con un gran segno di croce, e gli sorride col cuore stretto. Poi prende il suo mulo per la cavezza, se ne vanno verso una chiesa: non c'è mai stato tanto bisogno di pregare, come oggi, la Madonna e tutti i Santi, che stiano accanto a quel bambino, che gli Impediscano di mettere il soggetto all'accusativo, sarebbe la fine di tutto.
Passano sette giorni, lunghi come sette anni, c'è un bambino un po' pallido che si batte sui banchi di una scuola, c'è un prete che prega sui banchi di una chiesa, c'è un mulo che aspetta in una stalla. Alla sera, nella Locanda del Forestiero, il bambino mangia la carne e le uova, e il prete dice che non ha appetito: si fa ripetere come è andata, le domande che hanno fatto, gli esercizi che hanno dato.
Ma quando ritorna a Miglionico, Don Donato cavalca il mulo come un imperatore romano nel giorno del trionfo. Il bambino è stato promosso con la media del sette, ha preso anche un Otto in matematica e un nove in geografia, la partita è vinta. Oggi quel bambino è ingegnere, lavora in una grande fabbrica inglese. Come lui, per più di vent'anni, centinaia di ragazzi di Miglionico sono stati strappati alla condanna della miseria, hanno potuto studiare, conquistarsi una posizione.
"Andavamo in canonica", mi racconta un avvocato che esercita la professione a Matera, "e lì facevamo il ginnasio, il liceo, l'avviamento professionale,la scuola di lingue. Don Donato non ha mai chiesto un soldo, provvedeva a ogni cosa e non so ancora come abbia fatto. Tempestava di lettere le case editrici per avere i libri nuovi, andava a comperare o a farsi regalare quelli vecchi che potevano ancora servire; e i libri passavano da uno all'altro, guai a chi li sciupava; e intanto, da ogni casa che visitava, fosse pure per benedire un morto, don Donato non veniva via se non gli avevano dato della carta, qualsiasi pezzo di carta su cui fosse possibile scrivere. Non c'era altra scuola, dopo le elementari, al nostro paese: non c'era la corriera, non c'era veramente niente, potevano studiare soltanto quelli che andavano via. Ma chi andava via andava a lavorare, non a studiare"
"Eppure, con quell'incredibile prete abbiamo studiato tutti, e quasi tutti siamo riusciti. Guardi gli albi dei professionisti, insegnanti, medici, avvocati, ingegneri, magistrati, c'è una quantità di miglionichesi: uomini che oggi hanno trenta o quarant'anni, e sono passati tutti di lì, da quella canonica, preparandosi di volta in volta agli esami. A giugno e a ottobre, don Donato noleggiava una vecchia Balilla e ci accompagnava a Matera, sempre alla Locanda del Forestiero: diceva che portava fortuna, da quella volta che c'era arrivato col mulo e col primo di noi.

I contadini si rivoltano contro di lui

Ma questa dell'insegnamento è stata soltanto una delle avventure di Don DOnato, professore e prete."La chiesa vedi" mi dice. "Era rovinata, ancora più di adesso. E tu pensa che c'è un'Annunciazione di Salvator Rosa c'è una Sacra Famiglia del Guercino, e c'è il polittico di Cima da Conegliano. Questo poi! Si mette a ridere "Tu non sai niente, ma qui c'è stata una rivolta due anni fa. E io mi ci sono trovato in mezzo, le ho prese da tutte le parti".
Due anni fa, a Treviso, fu allestita una mostra di Cima da Conegliano, ed era naturale che gli organizzatori chiedessero in prestito a Miglionico quel prezioso polittico, una delle opere più rappresentative del pittore. La Sovrintendenza di Bari, come accade in queste occasioni, trasmise la richiesta: don Donato, arciprete di Miglionico, rispose di sì. Era naturale, per lui. Ma per gli altri no. Arrivò un gruppo di contadini, minacciosi, chissà come avevano saputo che l'arciprete aveva detto di sì: lo accusavano di tradimento. Allora il vecchio prete disse che erano degli ignoranti e che lo lasciassero stare, sapeva lui quello che si doveva fare, era o non era il professore?
No, non era più il professore, era uno che stava per rubare una ricchezza del paese, perchè‚ il polittico non sarebbe tornato mai più, loro lo sapevano, lo avrebbe preso il governo e ogni governo è ladro, dal primo giorno del mondo. Lui aveva detto di sì, si era lasciato corrompere, ma loro dicevano di no, e si sarebbe visto, come andava a finire.
Intanto quelli della Sovrintendenza, senza nemmeno poter immaginare che cosa li stava aspettando, mandavano un camioncino e alcuni specializzati per ritirare l'opera d'arte. Davanti alla chiesa c'era un muro di gente, c'erano delle facce che non promettevano niente di buono: e i funzionari delle Sovrintendenze dipendono dal Ministero dell'Istruzione, non da quello della Difesa, non sono pagati per combattere.
Così se ne andarono via, per domandare rinforzi. Tornarono una seconda volta, con due agenti di polizia decisi a far rispettare la legge: fu peggio della prima, a momenti ci scappava il morto. Allora tornarono la terza volta, e il popolo li aspettava fin dal mattino, compatto, coi comunisti che davano del venduto al prete, perchè‚ permetteva che si portasse via un capolavoro della fede e dell'arte. Successero cose da pazzi, quel giorno, a Miglionico: ma un capitano dei Carabinieri, con sei camionette di soldati in assetto di guerra, non torna indietro a mani vuote. E fu così che il polittico prese la via di Treviso, e don Donato conobbe, fino in fondo, l'odio della sua gente.
E l'altro disastro, quello terribile, quello della guerra? Tutta la gente di Miglionico, anche quelli che più tardi volevano incendiare la chiesa per la storia del polittico, se ne ricorda. Quella sera che arrivarono i tedeschi, erano inferociti perché avevano sequestrato la famosa Balilla al noleggiatore, e il noleggiatore, strisciando sulla terra come un serpente, era tornato di notte a riprendersela, l'aveva messa in moto ed A era scappato, passando in una grandinata di proiettili. I tedeschi volevano l'automobile, volevano il, responsabile per fucilarlo davanti a tutti, perché tutti capissero che cosa era la Wehrmacht. Allora avevano visto e sentito don Donato, che urlava in tedesco più forte di quel tenente tedesco; e i soldati che a un certo punto portavano via le mitragliatrici e andavano ad accamparsi fuori del paese senza far male a nessuno; e la Balila che misteriosamente ricompariva, e chissà come mai, dopo un paio d'ore' non camminava assolutamente più, mentre il noleggiatore, ricercato persino coi cani poliziotti, come mai non si riusciva a trovare.

Per riuscire bisogna saper aspettare

Poi erano venuti gli americani. Quanti ne erano morti ed erano tutti ragazzi, come quei tedeschi che si erano battuti fino all'ultimo colpo. Ma perché gli uomini si fanno la guerra?
"Ho detto la Messa per tutti, quei giorno ", racconta don Donato. " Il capitano americano era nipote di italiani, un bravo giovane. Concesse gli onori militari ai tedeschi, ai morti e a quei pochi vivi. Poi arrivarono dei camion, c'era farina, c'era olio, cioccolata, di tutto, la gente si levò la fame. "
Arriva un uomo molto piccolo con un panierino coperto da un tovagliolo. " Professore ", dice, " è ora di pranzo. " Don Donato lo guarda meravigliato: " Come è passato presto il tempo ", commenta. E a me: " Aspettami qui, torno subito ".
Se ne va, accendo una sigaretta. Non l'ho neppure finita e mi sento una mano sulla spalla, è ancora lui, ha già mangiato. " Mangio poco, sai. Un po' di riso senza sale e un frutto. Sono vecchio, non ho più bisogno di niente. Eppure questi solidi, vedi, non bastano mai. "
Se il governo, dice, gli desse almeno qualche cosa per rimettere a posto la sua chiesa. " Ci lavoriamo da più di due anni e le spese aumentano ogni giorno. Quando piove non posso neppure dir Messa all'altare maggiore, piove proprio lì sopra. E tu pensa che il polittico è poi tornato dalla mostra di Treviso restaurato con tutte le cure, è lì a Bari che aspetta quando saranno finiti i lavori lo riporteremo qui e sarà una grande giornata. Allora capiranno, questi matti dei miei figlioli, che non mi ero venduto a nessuno. "
Mi fa vedere la cornice vuota dove ritroveranno il loro posto i diciotto preziosi dipinti di Cima da Conegliano. " Bisogna avere tanta pazienza, bisogna saper aspettare, allora si riesce. "

Sorride, aggiustandosi il mantello nero da contadino, rammendato da tutte le parti. Forse un giorno, si leverà anche questo mantello per darlo a qualcuno che ne ha bisogno: se ce l'ha ancora addosso è perché anche l'ultimo povero di Miglionico sta molto meglio di lui, eppure nessuno è più felice di lui, questa è la sua meravigliosa ricchezza: potrebbe insegnare da alte cattedre, lo chiamerebbe professore tutta l'Italia e l'Europa, e lui è invece contento di stare qui a Miglionico con la sua prodigiosa cultura e il suo mantello a pezzi.
Si ferma accanto a un candeliere, raccoglie la cera di una candela che sta per finire. " Devo fare economie ", dice " ho già -tanti debiti. Ma oggi è una bella giornata è sempre una bella giornata fino a quando conservi la speranza".
Si stringe nel mantello, che è grande e solenne come quello di un antico re, e questa chiesa è una reggia, anche se l'unico suddito è un bambino che è entrato adesso col cane, porta un fascio di rape e, ci guarda, anche il cane ci guarda mentre piove dal. tetto su questo povero altar maggiore.

Giuseppe Grazzini

Don Donato Antonio Gallucci fu Gaetano nacque a Pietragalla (Pz) nel 1882 e morì a Miglionico l'11 ottobre 1965 ed è sepolto nel locale Cimitero.

Ringrazio per la ricerca di questo articolo l'ins. Giuseppe De Bellis di Pietragalla. 


Created by Antonio Labriola-Mail - 10 Luglio 1999 - Via Francesco Conte, 9  -  75100 Matera - Tel. 0835 310375