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EPISTOLARIO
Notizia sulla vita di Domenico Ridola, Domenico Asprella e Valentino De Novellis

D.co Asprella a D.co Ridola Set. '60 D.co Asprella a D.co Ridola 12.6.62 D.co Asprella a D.co Ridola 24.7.62
D.co Asprella a D.co Ridola 25.11.63 V. De Novellis a  D.co Ridola 8.7.62 V. De Novellis a  D.co Ridola 7.8.62
V. De Novellis a  D.co Ridola 7.1.63 V. De Novellis a  D.co Ridola 22.6.63  
Lettera di Valentino De Novellis a Domenico Ridola 

Seminario di Matera, 8 Luglio 1862
Mio amatissimo Menicuccio,
immagina tu stesso quale sorpresa abbia dovuto recare a me la tua lettera, a me che fin dal giorno in cui partisti, stava aspettando di posta in posta, sebbene indarno, una tua riga con quell'ansia, con cui i cattolici attendono dai Santi le supplicate grazie. Debbo però dirti che essa non mi è riuscita gratissima pel sistematico e rigoroso silenzio che tieni meco, su di te e sulle cose tue, che tanto mi stanno a cuore. Come mai, scrivermi la prima volta da Napoli, dopo sei lunghissimi mesi, e non dirmi una sillaba intorno a te, intorno a cotesta città che certamente avrà dovuto apportare delle grandi modificazioni alla tua vita fisica, intellettuale e morale? Dovrò io dunque ricevere non da te quelle notizie che non possono non, essere cagione di gioia ad un amico? Se altri non mi avesse detto che il tuo nome veniva elogiato sul giornale ufficiale, pochi mesi sono, e che ora hai subìto con molto onore gli esami di Fisica e di Chimica, ti giuro che sarei stato al buio di ogni cosa e non avrei provato l'ineffabile piacere che ho sentito.
Di Cristianino già seppi che era semplice soldato. Sfortunato amico! Paga egli così il fio che sta tuttora pagando la maggior parte degli uomini di azione! Vorrei però che la mancuranza e l'abbandono del governo non fosse a lui occasione di abbattimento morale, ma invece gli fosse stimolo a tener vieppiù alta la fronte e l'animo contro la malvagità degli uomini e de' tempi, e a proseguire la sua carriera soltanto per amore di quel principio che ha sposato. Oh! tu che gli scrivi, digli che di lui a me è rimasta una dolorosa e cara rimembranza.
Ora venendo a me, tu mi dimandi: che hai fatto? nulla, nulla, nulla io ti rispondo. A te che sei Materano e sei stato Seminarista, non è necessario che io dica che cosa è il Seminario, onde puoi ritenere che io, sebbene sia stato e stia qui, pure vivo con l'anima fuori di questi luoghi. Solo, senza reciprocanza di affetto, sembra che io meni una vita piuttosto vegetativa: sto apparentemente tranquillo, mentre dentro il cuore si sta combattendo una tremenda guerra che non so come e dove andrà a finire. È questo un secreto che confido a te e son certo che non uscirà per ora dal sacrario della tua amicizia. Per dirla presto presto io intendo spretizzarmi non certo per folle capriccio puerile, o per dispetto contro la Curia Romana, il Vescovo e i preti del mio paese, ma per calcolo di fredda ragione, per amore della libertà (...) La mia volontà tende ad emanciparsi da ogni autorità nemica della ragione e ad operare conforme a nuovi principii. Prevedo quanto e quello che mi toccherà soffrire, ma nondimeno io spero tradurre in atto i miei pensieri, come spero di soddisfare il desiderio di venire a Napoli. Il quando e il come è ancora per me un mistero...
Non ti aspettare niuna composizione da me, poichè nell'ultima Accademia, nonostante il fracasso che fecero per farmi scrivere, non volli fare nulla.
Conservati in salute, scrivimi subito ed abbiti un amplesso dal
tuo affezion.mo
Valentino

Fonte: Epistolario Ridola.Testimonianze di vita materana nei primi anni post-unitari - A cura di M. Padula Edizione BMG, Matera, 1988


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